Nota a Trib. Milano, Sez. XIV, 20 giugno 2024, n. 6297.
Con la pronuncia in commento il Tribunale di Milano, toccando anche la dibattuta questione della prova delle titolarità del credito in ipotesi di cessione in blocco dei crediti cartolarizzati, si occupa in particolare della valenza probatoria del Provvedimento BDI n.55/05 nonché di prova nei giudizi stand alone.
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IL CASO
Il Tribunale milanese Sezione Specializzata Imprese si è pronunciato sulla richiesta nullità totale ed in subordine parziale della garanzia prestata nell’anno 2015 da una persona fisica a favore di una Banca per violazione dell’art.2 lett. a) L.287/90.
Il fideiussore attore adduceva, come si evince dalla ricostruzione della vicenda contenuta nella pronuncia, a sostegno della propria domanda:
- che la fideiussione da lui sottoscritta fosse nulla in quanto integralmente riproduttiva delle clausole nn.2,6,8 dello schema ABI, sanzionato da Banca D’Italia con Provvedimento n.55/05;
- che le clausole nn.2,6,8 dello schema ABI, contenute nella propria fideiussione, fossero altresì nulle per contrarietà agli artt.33 e 36 del Codice del Consumo, stante la propria qualifica di Consumatore.
La Banca si costituiva affermando:
- che la garanzia sottoscritta dal garante attore avesse natura di garanzia autonoma specifica;
- che il Provvedimento BDI n.55/05 fosse applicabile esclusivamente alle garanzie antecedenti alla sua emanazione;
- che il garante, all’epoca della sottoscrizione della fideiussione de qua, fosse socio della debitrice principale e dunque non potesse essere qualificato Consumatore.
Interveniva in giudizio altresì la cessionaria del credito, nei confronti della quale parte attrice formulava eccezione di carenza di legittimazione in sede di precisazione delle conclusioni.
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LA DECISIONE
Sulla legittimazione della cessionaria in fattispecie di credito cartolarizzato
Il Tribunale meneghino ha affrontato l’eccezione di carenza di legittimazione della cessionaria ad intervenire in giudizio, ritenendo di doverla rigettare per avere la cessionaria fornito adeguata prova della propria legittimazione attraverso la produzione della copia della Gazzetta Ufficiale, in cui veniva dato atto della conclusione del relativo contratto di cessione, che faceva riferimento a tutti i crediti della cedente, senza esclusione alcuna.
Il Tribunale in commento non chiarisce, né si evince dalla ricostruzione in fatto contenuta nella pronuncia all’esame, se l’attore garante avesse contestato esclusivamente l’esistenza della cessione oppure anche l’inclusione del credito asseritamente vantato dalla cessionaria nei confronti del garante nella cessione stessa ed ancora come il credito, ritenuto dal Tribunale pacificamente ricompreso nella cessione, fosse stato in realtà individuato nell’avviso prodotto.
Con tutti i limiti quindi di una ricostruzione che manchi di detti accertamenti fondamentali, in tema di prova della cessione del credito cartolarizzato vale la pena di ricordare che la Suprema Corte ha affermato che, ai fini della prova della legittimazione in giudizio della cessionaria, sia sempre necessario produrre il contratto di cessione (cfr. Cass. n. 17994/2023 e Cass. n. 3405/2023), in particolare quando oggetto di contestazione sia non solo l’esistenza del contratto di cessione, ma pure l’inclusione del credito controverso in quelli ceduti in blocco (cfr. Cass. n.12818 del 10 maggio 2024 nonché Cass. n.15010/2024).
L’avviso di cessione ha difatti indiscutibilmente la limitata funzione di sostituire la notificazione ex art.1264 c.c., ai fini dell’opponibilità al debitore ceduto, ma non fornisce prova dell’avvenuta stipula del contratto di cessione e dunque non prova nemmeno il perfezionamento della fattispecie traslativa del credito (cfr. Cass. n.5478/2024).
Sulla qualificazione del contratto in termini di contratto autonomo
Con specifico riferimento al contratto di garanzia oggetto di causa, il Tribunale milanese lo ha qualificato in termini di contratto autonomo, stante la presenza della clausola a semplice richiesta scritta e di quella senza eccezioni.
La qualificazione effettuata, in ossequio all’orientamento della Corte di Cassazione, si fonda quindi sulla contemporanea presenza della clausola a prima richiesta e della clausola senza eccezioni (cfr. Cass. n. 5478 del 29 febbraio 2024).
La particolarità della specifica fattispecie consiste nel fatto che il Tribunale di Milano ravvisa nella garanzia la presenza non della clausola a prima richiesta, ma della (diversa) clausola a semplice richiesta scritta, clausola quest’ultima che secondo l’interpretazione di Banca D’Italia, nel Provvedimento n. 55/05, ha natura appunto diversa rispetto a clausola a prima richiesta: “28. l’ABI ha precisato che la disposizione relativa all’obbligo di pagamento del fideiussore a semplice richiesta scritta … non configura … una garanzia “a prima richiesta”.
La clausola dunque a semplice richiesta scritta, se non fosse stata accompagnata dall’ulteriore precisazione senza eccezioni avrebbe inciso solo sulle tempistiche e sulle modalità del pagamento, ossia avrebbe dovuto essere interpretata come una mera clausola solve et repete, perfettamente compatibile con la natura accessoria della fideiussione.
Il Collegio ha poi ulteriormente motivato in tema di qualificazione del contratto sostenendo che sia sì sufficiente di per sé la presenza di una clausola a prima richiesta e senza eccezioni a qualificare la garanzia in termini di contratto autonomo, salvo valutarsi un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale e che, nel caso opposto, in presenza di elementi nel contratto idonei a qualificarlo come contratto autonomo “l’assenza di formule come quella anzidetta” (i.e. la clausola a prima richiesta e senza eccezioni) “non è elemento decisivo in senso contrario”.
Questa affermazione contenuta nella pronuncia in commento è utile in quanto impone una riflessione sull’analisi ed interpretazione del contratto di garanzia.
La clausola a prima richiesta infatti deve essere sempre valutata dal Giudice alla luce della lettura dell’intero contratto (cfr. Cass. 19 febbraio 2019 n.4717) e ciò anche in quanto le SSUU n.33719/2022 (cfr. pagg.35 ss.) hanno chiarito che la qualificazione giuridica del contratto passa, oltre che per la sussunzione della fattispecie nel paradigma contrattuale più adeguato, per la fedele ricerca della comune volontà dei contraenti, senza che il Giudice abbia il potere d’ufficio di qualificare il contratto in senso diverso dalla volontà comune delle parti e così di neutralizzare gli effetti legali propri del tipo o sottotipo negoziale validamente e dichiaratamente prescelto dai contraenti.
Sulla tutela antitrust in caso di contratto autonomo di garanzia
Qualificato il contratto oggetto di causa come autonomo di garanzia, il Collegio milanese afferma che il Provvedimento BDI n.55/05 costituisca prova privilegiata esclusivamente in relazione alle fideiussioni cd. omnibus e non a garanzie di natura diversa, tra cui il contratto autonomo, con ciò respingendo la domanda dell’attore.
L’affermazione del Tribunale è aderente ai recenti arresti della Suprema Corte (cfr. Cass.19401/24; Cass. n.10689/24; Cass. n.18079/24) secondo cui non è possibile, solo in relazione al Provvedimento BDI n.55/05, addivenire alla conclusione per cui anche le condizioni delle fideiussioni specifiche siano colpite da nullità (cfr. Cass. n.10689/2024). Lo stesso dicasi con riferimento al contratto autonomo, cui, stante proprio la natura diversa dalla fideiussione cd. omnibus, “non possono estendersi le considerazioni rinvenibili nel provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005” (cfr. Cass. 18079/2024).
Tale affermazione tuttavia deve essere sempre letta in relazione alla specifica domanda avanzata dal garante e delle specifiche argomentazioni dallo stesso poste a fondamento dell’azione.
Nel caso di specie, in particolare, si deve prendere in considerazione quanto emerge dalla ricostruzione dello svolgimento del giudizio riportata in sentenza.
La nullità antitrust per la Suprema Corte non può essere infatti richiesta esclusivamente sulla base del Provvedimento BDI n.55/2005 quando la garanzia all’esame sia una fideiussione specifica o un contratto autonomo di garanzia, poiché in detti casi l’azione va qualificata come cd. stand alone (come anche riferisce il Tribunale di Milano) e quindi gli oneri probatori rimangano a carico del soggetto che invoca la tutela.
In tal senso si è espressa di recente la Suprema Corte n.19401/24 secondo cui “in caso di stipula di contratti non riconducibili alle fideiussioni omnibus l’odierno ricorrente era piuttosto tenuto a dimostrare l’illecito antitrust senza potersi avvalere di alcuna prova privilegiata, inerendo questa a un accordo anticoncorrenziale che riguardava, per l’appunto, le sole fideiussioni omnibus, e non negozi di differente contenuto”.
Detti oneri allegatori e probatori non sono stati assolti nel caso specifico e lo si desume sia dalle ragioni a fondamento della domanda -riportate nella ricostruzione dello svolgimento del fatto e del processo della pronuncia in commento- ove si legge che l’attore sosteneva la nullità della garanzia stante la riproduzione “pedissequa al suo interno di clausole….che sono state dichiarate illecite in quanto predisposte in violazione delle norme antitrust con provvedimento n.55 del 2.5.2005 della Banca d’Italia” nonché dal tipo di ordine di esibizione che era stato richiesto dall’attore, afferente, secondo la ricostruzione contenuta nella sentenza, alle sole fideiussioni omnibus.
Il garante dunque “pretendeva” di far derivare la nullità dall’illiceità delle clausole di cui allo schema ABI dal solo Provvedimento n.55/05 e da un richiesto ordine di esibizione afferente tuttavia le sole fideiussioni omnibus, il che non ha consentito di supportare adeguatamente la sua domanda e di far avvenire il Tribunale alla pronuncia di nullità della garanzia.
Ci si potrebbe interrogare se la declinazione voluta dalla Corte di Cassazione su questo tema sia o meno aderente alla normativa di derivazione unionale che tutela la concorrenza e, dunque, al relativo principio di effettività della tutela, ma per certo questa è l’impostazione attuale della Suprema Corte.
In questo contesto va inoltre rammentato che le Sezioni Unite n.41994/2021 (paragrafo 2.21) hanno sancito la nullità parziale delle garanzie schema ABI, ossia riproduttive delle clausole nn.2,6,8 ritenendo ininfluente ai fini antitrust la qualificazione del contratto di fideiussione schema ABI, con ciò però introducendo un ragionamento diverso rispetto a quello preteso dal garante.
Quando infatti la Cassazione afferma che “restan(d)o assorbite le questioni – contenute nei motivi terzo e quarto – concernenti la natura delle fideiussioni a valle” intende evidentemente sottolineare che la perfetta conformità allo schema ABI conduce alla nullità antitrust e non che anche il contratto autonomo, che si caratterizza per la presenza di clausole ulteriori, possa giovarsi del plano della nullità discendente dal Provvedimento BDI n.55/2005.
Proseguendo nel ragionamento, il Tribunale in commento ha affermato altresì la necessità, a carico della parte che lo ritenga sussistente, di fornire la prova dell’illecito anticoncorrenziale, trattandosi di causa cd. stand alone relativa ad una garanzia del 2015.
Su questa affermazione il Tribunale intende riferirsi anche alle fideiussioni omnibus (quindi “coperte” senza dubbio alcuno dal Provvedimento BDI n.55/2005) e, in questa parte, si pone in contrasto sia con la Corte di Appello di Milano, sia con la stessa Corte di Cassazione.
Ebbene, come noto, la nullità è la sanzione prevista dall’art.2 L.287/90, e con esso l’art.101 TFUE, che colpisce tutta la catena comportamentale che realizzi l’ostacolo al gioco della concorrenza, il che accade quando una combinazione di atti collegati sul piano funzionale (e non negoziale) produca un effetto anticoncorrenziale. Tale funzionalità, secondo le SSUU n.41994/2021, è evidente “quando il contratto a valle (nella specie una fideiussione) è interamente o parzialmente riproduttivo dell’intesa a monte”.
Pur anche non volendosi riconoscere valore di prova privilegiata al Provvedimento n. 55/05, lo stesso consente comunque di “ravvisare la persistenza di un meccanismo di violazione della normativa nazionale ed eurounitaria antitrust” (cfr. Cass.1439/2024) anche per le garanzie successive al periodo di accertamento di BDI (2003-2005) che riportino, anche in parte, le clausole lesive della concorrenza di cui allo schema ABI nn.2,6,8, senza che si possa configurare un ulteriore onere probatorio in capo al garante con riferimento all’esistenza dell’intesa anti concorrenziale alla data dei fatti di causa, successivi al Provvedimento BDI n.55/05.
Ciò significa che ai fini della declaratoria di nullità della fideiussione non rileva che la stessa sia stata conclusa a distanza (anche notevole) dall’intesa anticoncorrenziale, in quanto deve solo verificarsi che la stessa ricalchi pedissequamente il contenuto delle clausole sanzionate nn.2,6,8 schema ABI (e difatti Cass. n. 1439/2024 ha ritenuto che “gli appellanti hanno assolto al proprio onere probatorio producendo il contratto di fideiussione…e allegando la corrispondenza delle clausole contrattuali a quelle sanzionate”).
In particolare sul punto prima la Suprema Corte n.29810/2017 ha sostenuto che fossero coperte dall’accertamento di cui al Provvedimento BDI n.55/05 anche le condotte antecedenti al maggio 2005.
In seguito, la Corte di Cassazione n. 21978/2019 ha ritenuto che la presunzione circa la sussistenza del persistere dell’intesa anticoncorrenziale, dovesse operare anche per condotte successive all’adozione del Provvedimento dell’Autorità di Vigilanza, così come ribadito dalle SSUU n.41994/2021.
Ed infatti la Corte di Appello di Milano con la pronuncia n.1441/2024 (ed in senso analogo con la n.1315/2024) ha affermato che: “il rilevo dato dalla pronuncia al collegamento funzionale tra l’intesa anticoncorrenziale a monte e i contratti a valle e le regole dell’onere della prova nei giudizi per violazione della disciplina antitrust portano questa Corte a ritenere che nei giudizi relativi alle fideiussioni concesse dopo il maggio 2005, laddove si accerti la riproduzione di clausole vietate” il Provvedimento BDI n.55/2005 possa fornire una presunzione iuris tantum dell’attualità dell’intesa restrittiva che può essere vinta dalla banca convenuta “mediante la produzione di analoghe garanzie emesse nel medesimo arco temporale, ma prive delle clausole accertate come nulle”).
In conformità, sempre la Corte D’Appello di Milano n.1315/2024 (relativa a fideiussioni del 2011), con riferimento alla fideiussione cd. omnibus, ha affermato che “anche nei giudizi relativi alle fideiussioni concesse dopo il maggio 2005, laddove si accerti la riproduzione di clausole vietate…” il Provvedimento n.55/05 BDI “possa fornire una presunzione iuris tantum dell’attualità dell’intesa restrittiva”, presunzione che può essere vinta solo ove l’istituto di credito fornisca prova contraria, in forza del principio di cd. vicinanza alla prova (cfr. nello stesso senso anche Corte D’Appello di Milano n. 1441/2024 relativa a fideiussioni del 2008 nonché n. 1439/2024 nonché Tribunale di Brescia n. 3218 del 24 luglio 2024).
Da ultimo, sempre la medesima Corte d’Appello Sez. Imprese n.2227 del 26 luglio 2024, ha ritenuto che “anche a non voler riconoscere efficacia probatoria strictu sensu ‘privilegiata’ al provvedimento dell’Autorità con riguardo alle fideiussioni contenenti le clausole sanzionate, ma sottoscritte in un periodo successivo all’arco temporale oggetto dell’istruttoria condotta dall’Autorità (novembre 2003 – maggio 2005), il provvedimento de quo, alla luce dell’autorevole e condivisibile interpretazione offertane dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza n.41994/2021, consente comunque di ravvisare la persistenza di un “meccanismo di violazione della normativa nazionale ed euro unitaria antitrust” abitualmente utilizzato dagli istituti di credito, meccanismo che rinviene la sua fonte in atti diversi (id est: il contratto a valle e l’intesa a monte, dichiarata nulla dall’Autorità di vigilanza), ma tra loro funzionalmente collegati ai fini dell’attuazione dell’illecito. (…) la riproduzione in un contratto di fideiussione successivo al 2005 delle clausole dichiarate nulle dal provvedimento n. 55/2005 comporta una valida presunzione della persistenza, tra l’atto a monte e il contratto a valle, di un nesso funzionale alla produzione dell’effetto anticoncorrenziale”.
Sulla tutela consumeristica – Insussistenza
Infine, per quanto qui di interesse, il Collegio giunge all’analisi dell’aspetto consumeristico del caso sottoposto al suo esame affermando che il garante attore non potesse essere qualificato Consumatore detenendo la quota non irrisoria del 30% del capitale sociale della società garantita ed essendo egli titolare di partecipazioni e cariche in ulteriori società tutte recanti il medesimo oggetto di attività della debitrice principale.
Il ragionamento è in linea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale demanda al giudice dello Stato membro la valutazione in merito alla riferibilità o meno della garanzia prestata all’attività professionale svolta dalla persona fisica.
Nel caso specifico il Tribunale meneghino ha desunto dagli elementi richiamati la suddetta riferibilità, ritendo insussistente la qualifica di Consumatore.
Vale la pena di segnalare che, se il garante fosse stato Consumatore, avrebbe certamente ricevuto l’invocata tutela, poiché la Suprema Corte con la pronuncia n.5432/2022 ha chiarito che non sussiste alcun impedimento ad applicare la disciplina sulle clausole abusive ai contratti atipici (quale il contratto autonomo di garanzia), e ciò anche alla luce dei “considerando” nn. 10 e 13 della Direttiva n.93/13/CEE.
In caso di fideiussore Consumatore pertanto la disciplina in punto clausole abusive si applica anche qualora il contratto di garanzia sia qualificato come autonomo.
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In conclusione, qualora si sia in presenza di una fideiussione cd. specifica o di un contratto autonomo, ai fini della tutela antitrust, il garante dovrà richiedere, trattandosi di causa stand alone, l’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale non essendo sufficiente, ai sensi della giurisprudenza che si sta sviluppando sul punto, il mero richiamo al Provvedimento n.55/05 BDI nonché rafforzare la propria posizione probatoria con la produzione di raccolte di modelli di fideiussione conformi allo schema ABI, coevi all’epoca della garanzia oggetto di giudizio. La medesima prudenza pare, allo stato, opportuna anche con riferimento alle fideiussioni cd. omnibus ante 2003, in particolar modo ove sensibilmente antecedenti a tale periodo.
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Info sull'autore
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Bergamo, con tesi in Diritto Processuale Civile. Svolge la professione di Avvocato in Bergamo, con particolare riferimento al diritto bancario, alle fideiussioni bancarie e statali (MCC) e alla tutela del consumatore.