Nota a App. L'Aquila, 13 febbraio 2024.
In disparte la mancata produzione in giudizio da parte dei mutuatari di documentazione utile a dimostrare l’esistenza e l’illiceità dell’intesa anticoncorrenziale finalizzata alla manipolazione del tasso EURIBOR, nonché di qualsiasi elemento probatorio idoneo a collegare il mutuo impugnato al non provato accordo di cartello “a monte”, l’assunto del giudice di prime cure, che fa discendere automaticamente la nullità della clausola di richiamo all’indice Euribor per il solo fatto che la medesima ha trovato applicazione nel periodo storico oggetto di manipolazione del richiamato parametro, non può essere condiviso, alla luce delle considerazioni già espresse in precedenti decisioni rese in materia, cui si intende dare continuità.
In particolare, è stato già statuito[1] che:
«a) l’intesa quand’anche illecita, secondo quanto stabilito dall’art. 101 trattato UE, comporta unicamente una responsabilità di tipo risarcitorio;
b) l’orientamento interpretativo, secondo cui andrebbe comunque dichiarata la nullità, dovendosi individuare la prova (atipica) della manipolazione dell’Euribor nella decisione della Commissione Europea del 4.12.2013 ed a nulla rilevando la mancata partecipazione della Banca mutuataria “al cartello”, non è condivisibile in quanto:
[…] – né la legislazione comunitaria né quella interna prevedono la nullità dei contratti a valle tra intermediari e clienti finali;
– la decisione della Commissione Europea del dicembre 2013 è chiaramente rivolta ad una cerchia di soggetti;
– i divieti che si rinvengono nella normativa antitrust non sono destinati ad incidere sul contenuto degli atti negoziali, ma riguardano unicamente il comportamento posto in essere dai soggetti che hanno operato a monte;
– è da escludersi l’esistenza di una forma di collegamento funzionale tra l’intesa anticoncorrenziale e il singolo negozio a valle; – va privilegiato in ogni caso il principio dell’autonomia negoziale di ciascun singolo rapporto […]».
Ancor più recentemente[2] è stato affermato: «Su tale questione questo Collegio si è già più volte pronunciato (Sent.n. 1048/2020; Sent. n. 109/2021) esprimendo un orientamento al quale in questa sede si intende dare continuità. In particolare si è già sottolineato (sent. 1048/2020) che la decisione della Commissione Europea del 2013 non comporta in maniera automatica la nullità della clausola Euribor per le seguenti ragioni: a) il tasso finito applicato al mutuatario non è costituito soltanto da Euribor, ma anche da un indice spread, sicché non è possibile sostenere che Euribor sia frutto di un accordo di cartello per “fissare direttamente o indirettamente i prezzi”, vietato dall’art. 2 della L. n. 287/1990; b) ai fini dell’accoglimento della doglianza occorre in ogni caso fornire la prova (da parte del mutuatario) dell’esistenza dell’intesa restrittiva, dell’illiceità della stessa mediante allegazione dell’accertamento, in sede amministrativa, dell’intesa anticoncorrenziale e della connessione tra questa ed il contratto a valle, della partecipazione della banca convenuta all’intesa anticoncorrenziale.».
Nel detto ordine di concetti e non sottacendosi che, nella specie, i mutuatari non hanno provato e, anzi, neppure dedotto in giudizio la partecipazione della Banca all’accordo di cartello in questione, né l’esistenza di un legame tra la asserita manipolazione ed il contratto di mutuo “a valle”, deve escludersi, in accoglimento dell’appello principale, la nullità parziale del contratto di mutuo come dichiarata dal primo giudice.
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[1] Il riferimento è a App. L’Aquila n. 109/2021, confermativa di quanto già ritenuto con la precedente sentenza n. 1048/2020.
[2] Il riferimento è a App. L’Aquila n. 648/2021.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento. Contatti: 0832305597 - a.zurlo@studiolegalegrecogigante.it