Con la recentissima sentenza in oggetto, il Tribunale di Fermo in accoglimento di una opposizione all’esecuzione ha sancito i seguenti principi di diritto:
1) «la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta” (Cass. Sez. 6-1, ordinanza n. 24798 del 05.11.2020); rilevato che la cessionaria non ha assolto all’onere probatorio su di essa incombente (mancata produzione contratto di mutuo, della cessione di credito, elenco crediti ceduti ecc…) e che l’opponente non ha riconosciuto neppure implicitamente la legittimazione della dichiaratasi cessionaria, va dichiarata la carenza di legittimazione della cessionaria per mancanza di titolarità del credito.
2) le pattuizioni contrattuali sottoscritte dalle parti, nel contratto di mutuo, fanno emergere un atteggiarsi dei rapporti che rappresenta una deviazione rispetto al modello giuridico. Nel caso di specie la formula adottata dalle parti ha precluso al mutuatario di avere la disponibilità materiale delle somme, tale disponibilità è mancata in quanto la somma veniva trattenuta in deposito cauzionale infruttifero e svincolata a favore della mutuataria solo nel momento in cui si fossero verificate le condizioni previste in contratto, dunque a garanzia della restituzione ove, in difetto, la banca decidesse di avvalersi della facoltà di risolvere il contratto. Il mutuatario dunque non ha avuto l’immediata disponibilità delle somme da utilizzare come meglio avrebbe voluto. Non si è verificato dunque l’indefettibile passaggio della somma dal patrimonio del mutuante a quello del mutuatario e la possibilità di quest’ultimo di valersi della effettiva disponibilità, in quanto il mutuante ha espressamente rimandato il passaggio delle somme e dunque l’effettiva disponibilità ad un momento successivo alla stipula del contratto, vincolando le somme all’avveramento di una condizione. Trattasi dunque di un contratto condizionato di mutuo, inidoneo a provare l’esistenza attuale di una obbligazione di denaro, nonostante la stipula per atto pubblico ed inidoneo a costituire titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c per la restituzione di somme asseritamente erogate; Sul punto autorevole giurisprudenza di legittimità e di merito è più volte intervenuta stabilendo che “Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso la sua interpretazione integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma (scrittura autenticata) imposto dalla legge (tra le altre, Cass, 17195/2015 e Cass. 1116/1992).” Non sussistendo nel caso di specie la prova della effettiva erogazione della somma di danaro e del passaggio dal patrimonio del mutuante a quello del mutuatario, ma esistendo di contro la certezza che la somma solo dichiaratamente erogata e quietanzata è stata effettivamente trattenuta nella disponibilità del mutuante, il quale ha procrastinato la concreta consegna della somma ad un momento successivo ed al solo fine di costituire una garanzia all’avverarsi delle condizioni stabilite in contratto, si esclude il valore di titolo esecutivo del contratto ex art. 474 c.p.c.
3) vi è assenza di chiarezza e determinabilità sul tasso fissato dall’Istituto di Credito nel contratto di mutuo in esame a causa: della forbice prevista nell’articolo 5 dello stesso contratto a maggiorazione del tasso di riferimento (media Euribor 6 mesi); del piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo con indicazioni che non garantiscono, ex ante, la necessaria determinatezza e determinabilità del tasso di interesse applicato al mutuo de quo. Tale indeterminatezza ha condotto il sottoscritto CTU a rideterminare il piano di ammortamento al tasso legale ex art.1284 c.c. in applicazione dell’art.1346 c.c., come previsto del quesito; l’incertezza delle clausole di determinazione degli interessi, delle spese di istruttoria addebitate, le voci di spesa imputabili al cliente e quelle che concorrono alla determinazione del costo complessivo dell’operazione in un contratto di mutuo, determina la nullità delle clausole medesime con conseguente rideterminazione dell’importo a debito del mutuatario da €164.417,29 in €94.999,58».