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Nota a CGUE, 21 dicembre 2023, C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21.

Massima redazionale

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1) L’articolo 2, punto 6, della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2011/83,

dev’essere interpretato nel senso che:

un contratto di leasing relativo a un autoveicolo, caratterizzato dal fatto che né tale contratto né un contratto separato prevedono che il consumatore sia tenuto ad acquistare il veicolo alla scadenza del contratto, rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/83 in quanto «contratto di servizi», ai sensi dell’articolo 2, punto 6, della stessa. Un siffatto contratto non rientra invece nell’ambito di applicazione né della direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE, né della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio.

2) L’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83

dev’essere interpretato nel senso che:

un contratto di servizi, nell’accezione dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, concluso tra un consumatore e un professionista mediante un mezzo di comunicazione a distanza, non può essere qualificato come «contratto a distanza», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora la conclusione del contratto sia stata preceduta da una fase di negoziazione svoltasi alla presenza fisica e simultanea del consumatore e di un intermediario che agisce in nome o per conto del professionista, e nel corso della quale tale consumatore ha ricevuto da parte di detto intermediario, ai fini di tale negoziazione, tutte le informazioni di cui all’articolo 6 della citata direttiva e ha potuto porre domande a detto intermediario sul contratto previsto o sull’offerta proposta, al fine di dissipare qualsiasi incertezza circa la portata del suo eventuale impegno contrattuale con il professionista.

3) L’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83

dev’essere interpretato nel senso che:

un contratto di servizi, ai sensi dell’articolo 2, punto 6, di tale direttiva, concluso tra un consumatore e un professionista non può essere qualificato come «contratto negoziato fuori dei locali commerciali», ai sensi della prima di tali disposizioni, qualora, nel corso della fase propedeutica alla conclusione del contratto mediante l’uso di un mezzo di comunicazione a distanza, il consumatore si sia recato nei locali commerciali di un intermediario il quale agisce in nome o per conto del professionista ai fini della negoziazione di tale contratto, ma opera in un settore di attività diverso da tale professionista, a condizione che detto consumatore, in quanto consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, potesse aspettarsi, recandosi nei locali commerciali dell’intermediario, di essere oggetto di una sollecitazione commerciale da parte di quest’ultimo ai fini della negoziazione e della conclusione di un contratto di servizi con il professionista e che egli abbia inoltre potuto facilmente comprendere che tale intermediario agiva in nome o per conto di detto professionista.

4) L’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83

dev’essere interpretato nel senso che:

rientra nell’eccezione al diritto di recesso prevista da tale disposizione per i contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali compresi nell’ambito di applicazione di tale direttiva e vertenti su servizi di noleggio di autovetture corredati di una data o di un periodo di esecuzione specifici un contratto di leasing relativo a un autoveicolo concluso tra un professionista e un consumatore e qualificato come contratto di servizi a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali ai sensi di detta direttiva, qualora l’oggetto principale di tale contratto consista nel consentire al consumatore di utilizzare un veicolo per la durata specifica prevista da detto contratto, dietro pagamento regolare di somme di denaro.

5) L’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48

dev’essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale che stabilisce una presunzione di legge secondo cui il professionista rispetta il suo obbligo di informare il consumatore del suo diritto di recesso qualora tale professionista, in un contratto, rinvii a disposizioni nazionali che a loro volta rinviano a un modello informativo previsto dalla normativa al riguardo, utilizzando al contempo di clausole contenute in tale modello che non sono conformi alle prescrizioni di detta disposizione della direttiva. Se un giudice nazionale investito di una controversia intercorrente esclusivamente tra privati non può interpretare la normativa nazionale di cui trattasi in modo conforme alla direttiva 2008/48, esso non è tenuto, sulla sola base del diritto dell’Unione, a disapplicare una normativa siffatta, ferma restando tuttavia la possibilità, per tale giudice, di disapplicarla sulla base del suo diritto interno e, in mancanza, ferma restando la possibilità, per la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione, di chiedere il risarcimento del danno che ne è risultato a suo carico.

6) L’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva,

dev’essere interpretato nel senso che:

l’importo giornaliero degli interessi che deve figurare in un contratto di credito in forza di tale disposizione, applicabile in caso di esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore, non può in nessun caso essere superiore all’importo che risulta aritmeticamente dal tasso debitore pattuito contrattualmente. Le informazioni fornite nel contratto in merito all’importo giornaliero degli interessi devono figurare in modo chiaro e conciso, in maniera che, in particolare, lette in combinato con altre informazioni, esse risultino scevre da qualsiasi contraddizione oggettivamente idonea ad indurre in errore un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto quanto all’importo giornaliero degli interessi che egli dovrà in definitiva corrispondere. In mancanza di informazioni che presentino tali caratteristiche, non è dovuto alcun importo giornaliero degli interessi.

7) L’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva 2008/48

dev’essere interpretato nel senso che:

in un contratto di credito devono figurare le informazioni essenziali relative a tutti i meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore e, se del caso, il costo di ciascuno di essi, il fatto che il reclamo o il ricorso debba essere presentato per posta o per via elettronica, l’indirizzo fisico o di posta elettronica al quale tale reclamo o tale ricorso deve essere inviato e gli altri requisiti di forma ai quali tale reclamo o tale ricorso è soggetto, fermo restando che un mero rinvio, operato nel contratto di credito, a un regolamento di procedura disponibile su domanda o consultabile su Internet o a un altro atto o documento vertente sulle modalità d’accesso a meccanismi extragiudiziali di reclamo e di ricorso non è sufficiente.

8) L’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva 2008/48

dev’essere interpretato nel senso che:

un contratto di credito deve, in linea di principio, per il calcolo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato del prestito, indicare la modalità di calcolo di tale indennizzo in modo concreto e facilmente comprensibile per un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in maniera tale che quest’ultimo possa determinare l’importo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato sulla base delle informazioni fornite nel contratto stesso. Ciò premesso, anche in assenza di un’indicazione concreta e facilmente comprensibile delle modalità di calcolo, un contratto siffatto può soddisfare l’obbligo enunciato in tale disposizione purché contenga altri elementi che consentono al consumatore di determinare agevolmente l’importo dell’indennizzo di cui trattasi, in particolare l’importo massimo di quest’ultimo, che egli dovrà versare in caso di rimborso anticipato del prestito.

9) L’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48

dev’essere interpretato nel senso che:

qualora le informazioni fornite dal creditore al consumatore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva si rivelino incomplete o errate, il periodo di recesso inizia a decorrere solo se il carattere incompleto o errato di tali informazioni non sia idoneo ad influire sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi di tale direttiva, né sulla sua decisione di stipulare il contratto, e a privarlo, se del caso, della possibilità di esercitare i suoi diritti, in sostanza, alle stesse condizioni che sarebbero esistite se tali informazioni fossero state fornite in modo completo ed esatto.

10) L’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva 2008/48

dev’essere interpretato nel senso che:

in un contratto di credito deve figurare, sotto forma di percentuale concreta, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto e deve essere descritto in modo concreto il meccanismo di modifica di tale tasso. Qualora questo tasso sia determinato in funzione di un tasso d’interesse di riferimento variabile nel tempo, il contratto di credito deve menzionare il tasso d’interesse di riferimento applicabile alla data di conclusione del contratto, con la precisazione che il metodo di calcolo del tasso d’interesse di mora in funzione del tasso d’interesse di riferimento deve essere illustrato nel contratto in modo facilmente comprensibile per un consumatore medio che non disponga di conoscenze specialistiche nel settore finanziario, cosicché quest’ultimo possa calcolare il tasso d’interesse di mora sulla base delle informazioni fornite nello stesso contratto. Peraltro, il contratto di credito deve indicare la frequenza della modifica di detto tasso d’interesse di riferimento, e ciò anche se essa è determinata dalle disposizioni nazionali.

11) L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48

dev’essere interpretato nel senso che:

l’esecuzione integrale del contratto di credito estingue il diritto di recesso. Inoltre, il creditore non può validamente eccepire che il consumatore, a causa del comportamento di quest’ultimo tra la stipula del contratto e l’esercizio del diritto di recesso, o addirittura successivamente a tale esercizio, abbia esercitato questo diritto in modo abusivo qualora, a causa di un’informazione incompleta o errata nel contratto di credito, in violazione dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, il periodo di recesso non sia iniziato per il fatto che è dimostrato che tale carattere incompleto o errato ha influito sulla capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e obblighi ai sensi della direttiva 2008/48 e sulla sua decisione di stipulare il contratto.

12) La direttiva 2008/48

deve essere interpretata nel senso che:

essa osta a che il creditore, qualora il consumatore eserciti il suo diritto di recesso conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, possa eccepire la decadenza da tale diritto in forza delle norme giuridiche nazionali, quando almeno una delle indicazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva non figurava nel contratto di credito o vi figurava in modo incompleto o errato e non è stata debitamente comunicata successivamente e, per tale motivo, il periodo di recesso previsto dal medesimo articolo 14, paragrafo 1, non è iniziato.

13) L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, in combinato disposto con il principio di effettività,

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora il consumatore receda da un contratto di credito collegato, ai sensi dell’articolo 3, lettera n), di tale direttiva, egli deve restituire al creditore il bene finanziato dal credito o aver intimato a quest’ultimo di recuperare tale bene senza che il creditore sia tenuto, nello stesso momento, a rimborsare le rate mensili del credito già versate dal consumatore.

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