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Nota a Cass. Civ., Sez. I, 29 novembre 2023, n. 33199.

Massima redazionale

Nella specie, è pacifico tra le parti che il contratto di conto corrente fosse stato stipulato nel 1990; ebbene, in tale epoca non era in vigore né la legge sulla c.d. “trasparenza bancaria” (ovverosia, la legge n. 154/1992), né, tantomeno il D.lgs. n. 385/1993 (c.d. TUB) che, rispettivamente agli artt. 3 e 117, hanno introdotto nell’ordinamento la forma scritta ad substantiam per i contratti relativi alle operazioni e ai servizi bancari.

Tanto determina che la Corte territoriale ha errato nell’affermare, sic et simpliciter, la nullità dell’apertura di credito che era stata stipulata in epoca coeva al conto corrente. Invero, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata per cui la nullità dell’apertura di credito derivava nella specie dalla sanzione prevista dall’art. 117 TUB omette di considerare l’irretroattività della citata disposizione e, conseguentemente, di accertare previamente se e in che periodo la predetta apertura di credito sia stata stipulata tra le parti, tenendo ulteriormente conto che, prima dell’entrata in vigore delle citate disposizioni speciali, non sussistevano requisiti formali per la conclusione del predetto contratto che, quindi, poteva essere concluso anche per fatti concludenti e provato con prove costituende o per presunzioni.

Del pari fondata è l’ulteriore doglianza nella parte in cui lamenta che, anche una volta accertata l’eventuale nullità del contratto per difetto di forma, la natura speciale della detta nullità, qualificata di protezione[1], avrebbe dovuto indurre la Corte territoriale a porsi il problema del relativo rilievo solo su istanza della parte protetta.

 

 

 

 

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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 06.09.2019, n. 22385.

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