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Nota a App. Napoli, Sez. III, 13.09.2023, n. 4030.

di Virginia Troianelli

Tirocinante ACF

Con la sentenza in oggetto la Corte di Appello di Napoli ha accolto il gravame proposto nei confronti di una ordinanza con la quale il Tribunale aveva dichiarato la nullità, per usurarietà, del tasso concordato al momento della stipula di un mutuo fondiario del 2002.

Le ragioni che avevano condotto il Tribunale ad una simile decisione risiedevano nell’incidenza dell’onere assicurativo sul tasso convenuto e che, sommato a quest’ultimo, avrebbe fatto lievitare l’originario tasso all’8,78%, superiore dello 0,52% rispetto al tasso soglia del periodo di riferimento (pari all’8,26%).

Al contrario, i giudici di secondo grado hanno ritenuto di riformare l’ordinanza impugnata sulla base del terzo motivo di gravame avanzato dall’appellante.

In particolare, si ritiene che ci sia stato un erroneo cumulo tra tasso pattuito e tasso di cui all’onere assicurativo. La Corte richiama, al riguardo, il principio di omogeneità o simmetria, già più volte enucleato dalla Cassazione a Sezioni Unite (ex multis, di particolare importanza, sent. n. 16303/2018 e 19597/2020), ai sensi del quale “non può di certo ritenersi rispettosa del principio di “omogeneità e simmetria” la comparazione tra il tasso effettivo, comprensivo dell’onere assicurativo, con il tasso soglia che quell’onere non prevedeva”.

Difatti, il Collegio ritiene viziata da radicale contraddittorietà l’argomentazione del Tribunale che, dapprima dichiaratamente disapplicava le Istruzioni della Banca d’Italia vigenti al momento della stipula del mutuo, ma poi assumeva a termine di paragone i tassi soglia, frutto delle stesse Istruzioni ritenute illegittime: “Il confronto effettuato, infatti, non pare corretto, poiché la soglia di usura considerata (vigente in epoca precedente all’emanazione delle Istruzioni di Banca d’Italia del 2009) non tiene conto degli effetti finanziari connessi all’inclusione dell’assicurazione nella formula di calcolo del tasso effettivo. In tale circostanza, quindi, non risulta rispettato il principio di omogeneità/simmetria, ma solo quello di onnicomprensività”.

Si sarebbe, d’altra parte, potuto ovviare a detta criticità se si fosse considerato lo scostamento del TEGM per effetto dell’imputazione dei costi assicurativi, per poi assumere detto dato a termine di paragone con quello pattuito tra le parti in causa. In questo modo si sarebbe azzerata la differenza dello 0,52%.

Differentemente, sono stati rigettati i primi due motivi di appello, con cui l’appellante lamentava, in primis, l’erronea disapplicazione delle Istruzioni della Banca d’Italia, vigenti alla data di accensione del mutuo e che escludevano dal calcolo del tasso soglia gli oneri assicurativi, nonché l’erronea inclusione del costo assicurativo nel concetto di spesa di cui all’art. 644 c.p.

Nel rigettare tali doglianze, il Collegio, in linea con giurisprudenza di legittimità, ha posto fondamentale rilievo al fatto che la normativa di divieto dei rapporti usurari considera rilevanti tutte le voci del carico economico che si trovino applicate nel contesto dei rapporti di credito (cd. “onnicomprensività”). Pertanto, in presenza di un costo connesso – quale quello della polizza assicurativa, stipulata in vista del finanziamento – “non ha nessun rilievo che la Banca d’Italia, ai fini del calcolo del T.E.G. del singolo rapporto di credito, non avesse inserito nelle Istruzioni per la rilevazione del T.E.G.M. del 2006 i costi assicurativi” (Cass. n. 3025/2022), posto che la soglia usuraria viene calcolata sulla base di criteri oggettivi e statistici, contenuti nei decreti ministeriali di rilevazione del TEGM[1].

 

 

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[1] Per completezza, la Corte non manca di richiamare l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, nell’ipotesi che i decreti ministeriali non includano nel calcolo del tasso di interesse una particolare voce, che ex art. 644 comma 5 c. p. dovrebbe essere inserita, ciò rileverebbe “ai soli fini della verifica di conformità dei decreti stessi, quali provvedimenti amministrativi, alla legge di cui costituiscono applicazione” (Cass. SS. UU. n. 16303/2018).

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