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Nota a App. Bari, Sez. III, 12 maggio 2023, n. 765.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nel caso di specie, con il terzo motivo di appello, la Compagnia assicurativa riproponeva l’eccezione di inoperatività della garanzia, rigettata dal Tribunale, dal momento che la richiesta risarcitoria era pervenuta allorquando non era più in essere il contratto di assicurazione tra essa Compagnia e l’ASL, che limitava la copertura alle richieste di risarcimento pervenute alla assicurazione, per la prima volta, durante il periodo di efficacia contrattuale. Il Tribunale ha rigettato tale eccezione ritenendo vessatoria la clausola. Più specificamente, dopo aver richiamato il pronunciamento delle Sezioni Unite n. 9140/16[1], il giudice di prime cure ha, nel caso de quo, desunto il carattere vessatorio dal significativo squilibrio sinallagmatico a carico dell’assicurato, costituito dall’esposizione dell’azienda sanitaria alle richieste risarcitorie dei terzi anche per un lungo periodo di tempo successivo al verificarsi dell’evento lesivo. Per il giudice di prime cure, tale modalità della copertura è incompatibile con le caratteristiche della responsabilità medica, caratterizzata dal fatto che il decorso occulto di una malattia può produrre i suoi effetti molto avanti nel tempo e, in ogni caso, dopo la conclusione del rapporto contrattuale, lasciando il contraente assicurato privo di tutela, pur essendo stato corrisposto il premio relativo al periodo in cui si è verificato l’evento dannoso.

Il punto nodale della questione, secondo il Tribunale, risiede nella circostanza che l’operatività della polizza, se riconosciuta per la sola denuncia di un sinistro presentata durante il periodo di efficacia del contratto, dipenderebbe da un fatto esterno alla volontà dell’assicurato, ovvero dalla richiesta di risarcimento del terzo danneggiato, sottoposta ai soli termini di prescrizione del diritto, che sfugge al controllo del contraente assicurato. Il quale, in tal modo, perderebbe la tutela per la quale ha versato il premio, per un fatto a lui non imputabile. Tale conseguenza, secondo il Tribunale, è contraria alla buona fede contrattuale e viola i principi di solidarietà, parità e non prevaricazione.

La Compagnia contestava tale ricostruzione, sostenendo che, alla luce delle più recenti pronunce della giurisprudenza di legittimità, le clausole in esame non possono più essere ritenute atipiche e, quindi, interpretate ai sensi dell’art. 1322 c.c., anche a seguito della promulgazione delle leggi nn. 148/11, 24/17 e 124/17. Più specificamente, viene richiamato il recente arresto delle Sezioni Unite n. 22437/18[2].

La Corte territoriale premette che, con la pronuncia n. 22437/18, le Sezioni Unite hanno parzialmente modificato l’interpretazione della clausola “claims made data nella precedente n. 9140/16, escludendone il carattere atipico e riconducendola al generale principio di autonomia contrattuale ex art. 1322 c.c. Di conseguenza, alla valutazione secondo il principio di meritevolezza deve sostituirsi la valutazione ex art. 1322, comma 1, c.c., della legittimità della causa in concreto, riservata al giudice del merito. Valutazione espressamente chiesta dall’ASL, col quinto motivo di appello incidentale, relativo alla mancata declaratoria di illegittimità della clausola di cui al punto 1.8. del contratto, per illiceità della causa e, in particolare, per violazione della norma imperativa dell’art. 2965 c.c., avendo la previsione del termine per la denuncia del sinistro determinato uno squilibrio sinallagmatico non bilanciato dalla previsione in polizza di una retrodatazione della garanzia di soli quattro anni.

Nell’esaminare congiuntamente i contrapposti motivi delle parti interessate, la Corte osserva che l’opportuna conformazione ai principi di della sentenza n. 22437/18 non porta alle conseguenze invocate dalla Compagnia e, quindi, all’accoglimento della sua eccezione. Invero, nel caso di specie, la previsione contrattuale, rubricata “durata del contratto”, stabiliva che «Il contratto di assicurazione ha la durata indicata nell’Allegato (Prospetto di offerta)», riferendosi, in particolare, alla clausola successiva, rubricata “efficacia temporale della garanzia”, per la quale «la presente assicurazione vale per le richieste di risarcimento pervenute per la prima volta al Contraente durante il periodo di durata della polizza».

Ebbene, nella summenzionata sentenza n. 22437/18, le Sezioni Unite hanno, anzitutto, escluso la natura vessatoria della clausola, che non limita la responsabilità dell’assicuratore nei confronti del contraente, ma circoscrive temporalmente l’oggetto del contratto. Nel richiedere il controllo di legittimità della causa in concreto (anche alla luce delle norme costituzionali e sovranazionali), hanno, inoltre, evidenziato che il fulcro dell’indagine debba riguardare l’adeguatezza della clausola ai concreti interessi delle parti e l’idoneità a realizzare lo scopo pratico del negozio. È, dunque, rimesso al giudice rilevare (anche d’ufficio) la nullità della clausola, se il complessivo assetto negoziale non soddisfa l’interesse di entrambi i contraenti. Il giudice d’appello barese ritiene che tale clausola sia nulla, per il combinato disposto degli artt. 1322 co. 1° e 2965 c.c., in quanto rende eccessivamente gravoso, per il contraente assicurato, l’esercizio del diritto previsto dalla polizza, tenuto conto del complessivo sinallagma contrattuale e in particolar modo della rilevante entità del premio versato dall’ASL per la copertura.

La clausola, che facendo decadere la garanzia dell’assicurato alla scadenza del contratto ne esclude la tutela per le richieste di risarcimento che gli pervengano oltre quel termine, lascia tale contraente in balia di un comportamento di terzi che è estraneo alla sua sfera di controllo e di previsione (tanto più, come si è detto, nella peculiare materia della responsabilità medica), senza bilanciare in modo adeguato tale gravoso trasferimento dell’alea tipica del contratto con altri benefici, e in tal modo pone l’assicurato in una condizione di ingiustificato svantaggio nei confronti dell’assicuratore.

A tale proposito, in sede legislativo si è tentato un bilanciamento con l’art. 11 della legge n. 24/17, rubricato “Estensione della garanzia assicurativa”, che, trasformando nella materia della responsabilità medica la preesistente tipicità sociale in tipicità normativa, ha stabilito che «La garanzia assicurativa deve prevedere una operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza temporale della polizza. In caso di cessazione definitiva dell’attività professionale per qualsiasi causa deve essere previsto un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività della copertura. L’ultrattività è estesa agli eredi e non è assoggettabile alla clausola di disdetta». Il legislatore ha, quindi, preso atto dell’esigenza delle Compagnie assicurative di gestire e programmare l’esplosione del contenzioso in materia sanitaria, per il tramite di moduli contrattuali che riducano non tanto l’aleatorietà dei singoli contratti (connaturata al tipo negoziale), ma l’aleatorietà dell’attività assicurativa di impresa come tale. È addivenuto, quindi, a legittimare la clausola claims made, ove prevista, però neutralizzandola per dieci anni in caso di cessazione dell’attività professionale dell’assicurato e, comunque, obbligando la Compagnia a indennizzare anche gli eventi accaduti nei dieci anni anteriori alla conclusione del contratto.

In tal modo, ha costretto le Compagnie a fronteggiare eventi che sono sì anteriori alla conclusione dei contratti, ma sono ormai conosciuti o conoscibili e, quindi, da loro ragionevolmente gestibili, al tempo stesso conferendo un indubbio vantaggio all’assicurato; il quale, a sua volta, se soddisfatto delle prestazioni della Compagnia, può bilanciare gli effetti negativi della clausola rinnovando periodicamente il contratto, con un meccanismo di fidelizzazione che, se si realizza, costituisce per entrambe le parti la migliore contromisura alla complessiva aleatorietà del rapporto. La portata garantistica della norma de qua è rafforzata dalla inderogabilità in peius per l’assicurato.

Nel caso di specie, la clausola claims made relativa al periodo di efficacia del contratto 20.06.2004-30.06.2007 era accompagnata alla previsione dell’indennizzabilità di tutti i fatti colposi avvenuti a partire dall’01.01.2000, e cioè per un periodo, di circa 4 anni e mezzo, ben inferiore alla “retroattività” di 10 anni stabilita dal surrichiamato art. 11. Orbene, se è vero che tale ultima disposizione non ha carattere retroattivo e non si applica di per sé ai contratti stipulati prima della sua introduzione, è altrettanto vero che tale norma ha posto fine a un lungo periodo di incertezza giurisprudenziale e della pratica degli affari, periodo nel quale era la stessa legittimità della clausola claims made come tale a risultare dubbia. La norma, quindi, costituisce comunque un utile termine di paragone al fine di valutare l’idoneità delle forme di bilanciamento, eventualmente previste nei contratti anteriori, a realizzare l’adeguato contemperamento di interessi ed evitare il mero preponderante trasferimento dell’alea sul singolo assicurato, trasferimento di per sé foriero di uno snaturamento della causa, intesa come funzione economico-sociale del contratto.

Se, dunque, una “retroattività” di 10 anni non si può esigere in modo automatico per i contratti anteriori alla legge n. 24/17, neppure appare accettabile una “retroattività” inferiore del 55% come quella che emerge nella fattispecie. A giudizio della Corte territoriale, sarebbe arduo poter ritenere che un contratto sì strutturato realizzi un equo contemperamento degli interessi delle parti ed escluda il preponderante trasferimento dell’alea contrattuale sull’assicurato.

 

 

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[1] Per la quale «La clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto, o comunque entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura), non è vessatoria, ma, in presenza di determinate condizioni, può essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero – ove applicabile la disciplina del d.lgs. n. 206 del 2005 – per il fatto di determinare a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e obblighi contrattuali».

[2] Per il quale «Il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all’art. 1917 comma 1 c.c. consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti -, ma non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle “claims made”) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale “on claims made basis” vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati.».

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