Si allegano le conclusioni del Procuratore Generale, nell’ambito del procedimento sulla natura del leasing con doppia indicizzazione (franco svizzero e tasso Libor), nelle quali si esclude la riconducibilità al novero degli strumenti derivati.
Invero, in primo luogo deve chiarirsi la distinzione tra la qualificazione giuridica dei derivati e quella finanziaria. Sotto quest’ultimo profilo, si osserva che il termine “derivati” riferito agli strumenti finanziari in esame indica che il relativo valore deriva dall’andamento di un diverso parametro. In particolare, l’interest rate swap prevede l’impegno reciproco delle parti di pagare l’una all’altra, a date prestabilite, gli interessi prodotti da una somma di denaro denominata nozionale e presa quale astratto riferimento.
In tale quadro il legislatore si è limitato a riconoscerne l’esistenza, all’art. 2, comma 1, TUF, senza regolare il loro contenuto e il loro funzionamento. In maniera del tutto speculare, la Banca d’Italia sottolinea nelle proprie circolari che i derivati “insistono su elementi di altri schemi negoziali, quali titoli, valute, tassi d’interesse, tassi di cambi, indici di borsa ecc” il cui valore deriva da quello degli elementi sottostanti.
Sotto diverso profilo giuridico la giurisprudenza di legittimità qualifica lo swap quale un contratto aleatorio, con il quale le parti si obbligano reciprocamente ad eseguire, l’una nei confronti dell’altra, alla scadenza di un termine prestabilito una prestazione pecuniaria il cui ammontare è determinato da un evento incerto, ovvero come il contrato con il quale le parti convengono di scambiarsi, in una o più date prefissate, somme di denaro calcolate applicando diversi parametri, in termini di tassi di interesse o di cambio, ad un identico ammontare di riferimento, con il pagamento, alla scadenza, di un importo di base netto in forza compensazione.
Ciò posto, assumendo la qualificazione giuridica indicata, non pare possa ritenersi che la clausola inserita nel contratto in esame relativa al tasso Libor sia un derivato. Il suo funzionamento, collegato a quella di “rischio cambio”, è ben descritto nella sentenza n. 16907/2019, richiamata nell’ordinanza di rimissione[1], secondo la quale “Il tasso Libor è un tasso di interesse indicativo medio al quale alcune banche (facenti parte di una selezione) si concedono reciprocamente prestiti nel mercato londinese. Tuttavia, questo tasso di interesse non è relativo a transazioni effettive. Succede solo che intorno alle 11,00 di ogni giorno lavorativo, le banche interessate dichiarano a quale tasso prevedono di poter ottenere in un determinato periodo un prestito nel mercato monetario interbancario. Sulla base di tali dichiarazioni, si fa una sorta di media che indica quindi il tasso Libor. Con la precisazione però che questo tasso può essere nominato in diverse (5 in tutto) valute correnti, e può essere rilevato a periodicità diverse (ad esempio, ogni giorno, o settimanalmente ecc.). Nel contratto in questione si è previsto che il tasso Libor di riferimento fosse quello nominato in franchi svizzeri e rilevato a tre mesi. La particolarità di questa pattuizione, rispetto alle normali clausole di indicizzazione, sta nel fatto che le variazioni, sia in aumento che in diminuzione, del tasso Libor, non vengono conteggiate sul canone direttamente, nel senso che il canone aumenta se aumenta il tasso di interesse, ma vengono conteggiate a parte, con cadenza a discrezione del concedente, e, nel caso di variazione favorevole all’utilizzatore, con l’accordo che la somma a suo favore viene rimessa direttamente sul conto, e viceversa, in caso aumento del tasso a sfavore dell’utilizzatore … Un’altra clausola di indicizzazione è poi prevista ad adeguamento del canone. Il canone, una volta indicizzato con riferimento al tasso Libor, viene aggiornato anche secondo un altro criterio, ossia seguendo il rapporto di cambio tra euro e franco svizzero. … Il mutamento di questo rapporto di cambio incide dunque sull’ammontare del canone, facendolo aumentare o diminuire a seconda che il valore del franco svizzero aumenti o diminuisca rispetto all’euro … Le parti si danno atto però che tale clausola ha natura aleatoria, in quanto il guadagno dell’una o dell’altra dipende da elementi di incertezza che stanno alla base dei rapporti di cambio tra le due monete e che quei rapporti fanno variare imprevedibilmente”…Inoltre le variazioni del tasso di cambio incidono sul canone come già indicizzato in base al LIBOR”. Come di vede, le clausole in esame non generano uno scambio di flussi di cassa tra due operatori, come avviene nello swap, ma prevedono l’indicizzazione del tasso di interesse su base trimestrale, e possono di conseguenza qualificarsi come clausole parametriche. In secondo luogo, la loro natura aleatoria e concordata tra le parti, non pone particolari problemi circa la validità e la meritevolezza della pattuizione secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, che ha precisato che rientra “nella autonomia privata convenire la unilaterale o reciproca assunzione di un prefigurato rischio futuro, estraneo al tipo contrattuale prescelto, a tal stregua modificandolo e rendendolo per tale aspetto aleatorio”[2].
Più in generale, la stessa giurisprudenza afferma che “i contratti aleatori sono previsti dall’ordinamento e non vanno certo incontro in se stessi ad un giudizio di immeritevolezza”[3]. In particolare, in questa pronuncia si osserva che “il contratto di swap non è certo in sé immeritevole — e ritenere il contrario costituirebbe del resto una grottesca compressione dell’autonomia negoziale —, nel quadro di applicazione del secondo comma dell’articolo 1322 c.c. (v. p. es. Cass. 31 luglio 2017, n. 19013, la quale sostiene che, in caso di swap con funzione di «copertura» occorre che vi sia una correlazione tra l’operazione ed il rischio da coprire; v. pure Cass. 18 luglio 2017, n. 18781”.
Nel caso in esame, nella sentenza citata la non meritevolezza era desunta “dagli esiti economici prodottisi ex post, peraltro sulla base di valutazioni di parte come tali prive di qualunque efficacia probatoria. Ora, è facile ritenere «pressoché impossibile» l’aumento dei tassi di interesse, quando, alla scadenza del periodo di riferimento, un incremento non vi sia stato: ben più difficile è preconizzare in anticipo ciò che accadrà, per il che viene stipulato il contratto IRS con funzione di copertura delle possibili oscillazioni dei tassi di interesse, oscillazioni che, nella comune esperienza, non sono affatto né impossibili, né necessariamente lievi. Sicché, in definitiva, il sostenere in una fattispecie come quella considerata la tesi della nullità del contratto per mancanza di causa, in conseguenza della mancanza di alea, possiede in sé — e cioè se l’assenza di causa non emerga alla stregua del testo contrattuale valutato ex ante — la stessa fondatezza che avrebbe la tesi della nullità del contratto di assicurazione per il rischio di incendio o di terremoto, che costituiscono normalmente eventualità remote alquanto, una volta che l’incendio o il terremoto non abbiano avuto luogo. Insomma, i contratti aleatori sono previsti dall’ordinamento e non vanno certo incontro in se stessi ad un giudizio di immeritevolezza. È fortemente opinabile, poi, se il giudizio di meritevolezza possa essere impiegato a fini di riequilibrio equitativo del contratto, ma certo (ammesso che ciò sia possibile) l’operazione va almeno compiuta secondo una valutazione operata ex ante, non ex post, sì da giudicare meritevoli i contratti di swap in cui l’investitore ha guadagnato e immeritevoli quelli in cui ha perso”.
Per concludere sul punto, la clausola in esame costituisce un meccanismo, liberamente e consapevolmente scelto dalle parti, per adeguare la prestazione pecuniaria del negozio di leasing al quale accede. Un’ulteriore caratteristica della clausola in questione è la sua inidoneità a circolare liberamente e autonomamente sul mercato, come più volte sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata alla quale si rinvia. Trova così conferma, anche sotto questo profilo, l’opinione che esclude che la clausola possa essere qualificata come un derivato. Infine, si concorda con la tesi che conduce alla medesima conclusione che si fonda sul concreto assetto dei rapporti tra le parti, secondo la quale la clausola non ha le caratteristiche di un’operazione di investimento di risorse, dal momento che il cliente non acquista uno strumento finanziario, ma viene finanziato dalla banca o dall’intermediario.
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[1] Il riferimento è a Cass. Civ., Sez. III, 16 marzo 2022, n. 8603, https://www.dirittodelrisparmio.it/2022/03/19/aperte-le-scommesse-sulla-natura-del-leasing-con-doppia-clausola-di-indicizzazione-tasso-libor-e-cambio-euro-franco-svizzero-questione-rimessa-alle-sezioni-unite-civili/.
[2] V. Cass. n. 15370/2015; nella specie, la Corte ha confermato la valutazione del giudice di merito che non aveva ravvisato l’esistenza “ex ante” di uno squilibrio tra le prestazioni delle parti di un contratto di finanziamento in lire con clausola parametrica in yen, avendo entrambe assunto il rischio delle oscillazioni del cambio, a quel tempo notoriamente più favorevole alla valuta straniera.
[3] Cfr. Cass. n. 18724/2018.
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