Nota a Cass. Civ., Sez. I, 9 febbraio 2023, n. 4083.
Massima redazionale
Nel caso in esame, il carattere indebito della prestazione (id est: del prelievo dal libretto di deposito effettuato alla banca) è incontroverso, posto che la Corte d’Appello aveva già affermato la nullità delle clausole anatocistiche; trattasi, quindi, soltanto di individuare e di conteggiare gli addebiti anatocistici, sulla base dell’unica documentazione disponibile a tal fine, ovverosia sulla scorta degli estratti dei conti correnti. Ebbene, la rilevata parziale mancanza degli estratti conto – ove sussistente, come affermato dalla corte d’appello – comporta l’impossibilità per gli attori di provare tutti i fatti posti a fondamento dell’azione e, quindi, la necessità di respingere la domanda, ma soltanto in parte qua, senza che si giustifichi in alcun modo un rigetto integrale, esteso anche agli addebiti anatocistici provati e ai relativi effetti calcolabili sulla base della documentazione prodotta e acquisita. È questo un principio che vale indifferentemente, tanto nel caso in cui attore (gravato dell’onere della prova) sia il cliente della banca, quanto nel caso in cui sia la banca ad agire, con l’onere di provare il credito finale risultante dalle movimentazioni del conto. In entrambi i casi, l’attore subisce l’azzeramento dei crediti che potrebbero risultare dagli estratti conto mancanti, il che però non esclude la possibilità di vedere riconosciuto il proprio credito al netto di quell’azzeramento.
Tale assunto si pone senza soluzione di continuità con alcuni recenti pronunciamenti di legittimità: «Nei rapporti bancari di conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, la proposizione di contrapposte domande da parte della banca e del correntista implica che ciascuna delle parti sia onerata della prova della propria pretesa. Ne deriva che, in assenza di elementi di prova che consentano di accertare il saldo nel periodo non documentato, ed in mancanza di allegazioni delle parti che permettano di ritenere pacifica l’esistenza, in quell’arco di tempo, di un credito o di un debito di un certo importo, deve procedersi alla determinazione del rapporto di dare e avere, con riguardo al periodo successivo, documentato dagli estratti conto, procedendosi all’azzeramento del saldo iniziale del primo di essi»[1].
Da ultimo, in termini esattamente pertinenti al caso di specie, si è statuito che: «Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di danaro, che afferma essere stato indebitamente corrisposto all’istituto di credito nel corso dell’intera durata del rapporto – sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente o per addebiti non previsti in contratto – è onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida “causa debendi” mediante deposito degli estratti periodici di tale conto corrente, riferiti all’intera durata del rapporto, con la conseguenza che, qualora egli depositi solo Corte di Cassazione – copia non ufficiale 6 di 7 alcuni di essi, da un lato non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall’altro, tale omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell’avere fra le parti, a partire dal primo saldo dal cliente documentalmente riscontrato»[2].
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[1] Cfr. Cass. n. 23852/2020; Cass. n. 22387/2021; Cass. n. 27362/2022.
[2] Cfr. Cass. n. 35979/2022.
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