Nota a ABF, Collegio di Bari, 5 maggio 2022, n. 7084.
di Donato Giovenzana
La questione sottoposta alla cognizione dell’Arbitro, sulla base di quanto affermato e prodotto dalle parti, riguarda il preteso diritto della ricorrente di disporre, in qualità di erede testamentaria, delle somme giacenti sul conto corrente intestato al defunto marito. La parte istante lamenta inoltre la mancata estinzione del rapporto da parte dell’intermediario, con conseguente addebito di spese e commissioni “inutili”. Con reclami dei mesi di settembre e ottobre 2021, la ricorrente lamentava l’omessa informativa da parte dell’intermediario relativamente alle modalità di svincolo del conto corrente successivamente al decesso del correntista, avvenuto in data 26/09/2020, malgrado fosse l’unica ad avere diritto di acquisire le somme giacenti sul conto, come da testamento consegnato alla resistente. Inoltre, dal momento che il conto risultava indisponibile per la ricorrente, questa ha avuto notizia dell’addebito di spese dovute al mantenimento del rapporto solamente con la comunicazione dell’estratto conto ricevuto in data 23/07/2021.
Dal suo canto, l’intermediario difende il proprio operato affermando di non aver potuto accogliere la richiesta dell’odierna ricorrente in quanto la stessa avrebbe omesso di produrre: (i) atto di notorietà o dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà; (ii) copia conforme del verbale di pubblicazione o di attivazione del testamento; iii) dichiarazione di successione o certificato di eseguita dichiarazione e di pagamento dell’imposta, rilasciata dall’Agenzia delle Entrate territorialmente competente, all’interno della quale si possa evincere in modo chiaro il dettaglio dei beni e dei valori dichiarati.
Eccepisce altresì la mancanza di atto di acquiescenza alla successione da parte degli aventi diritto, la cui produzione ritiene “indispensabile”, per escludere la sussistenza di eventuali impugnazioni e contenziosi in relazione al testamento. A supporto della sussistenza di azioni giudiziarie relative al conto corrente del de cuius, produce evidenza di una comunicazione trasmessa dalla figlia del correntista deceduto. Il Collegio rileva che l’art. 48, commi 3 e 4, del D. Lgs. 346/1990, invocato anche dall’intermediario, prevede che:
“3. I debitori del defunto ed i detentori di beni che gli appartenevano non possono pagare le somme dovute o consegnare i beni detenuti agli eredi, ai legatari e ai loro aventi causa, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o integrativa con l’indicazione dei crediti e dei beni suddetti, o dell’intervenuto accertamento in rettifica o d’ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione. I debitori del defunto devono comunicare per lettera raccomandata all’ufficio del registro competente, entro dieci giorni, l’avvenuto pagamento dei crediti di cui all’art. 12, lettere d) ed e). 4. Le aziende e gli istituti di credito, le società e gli enti che emettono azioni, obbligazioni, cartelle, certificati ed altri titoli di qualsiasi specie, anche provvisori, non possono, provvedere ad alcuna annotazione nelle loro scritture né ad alcuna operazione concernente i titoli trasferiti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, comma 4, della dichiarazione della successione o integrativa con l’indicazione dei suddetti titoli, o dell’intervenuto accertamento in rettifica o d’ufficio, e non è stato dichiarato per iscritto dall’interessato che non vi era obbligo di presentare la dichiarazione.”
A riguardo, il Collegio di Coordinamento, con la decisione n. 5305/2013, ha statuito che la disposizione di cui all’art. 48 del t.u. sull’imposta di successione e donazione “impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di una impossibilità giuridica sopravvenuta, come descritta dall’ordinanza di rimessione), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la condizione rappresentata dalla presentazione della denuncia di successione”. Secondo l’orientamento arbitrale, la presentazione della denuncia di successione da parte degli eredi ex art. 48 del d.lgs. n. 346/90 (“Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni”), ovvero della c.d. “dichiarazione negativa” di cui all’art. 28 del medesimo T.U., costituisce una condizione senza la quale l’intermediario può legittimamente rifiutare il pagamento della quota caduta in successione nei confronti del cointestatario superstite (cfr. Collegio di Bari, decisione n. 17337/2019). Inoltre, l’orientamento dell’Arbitro sul tema è nel senso che l’erede è legittimato ad agire per lo svincolo dei beni ereditari, sia per l’intero che limitatamente alla propria quota, nel caso della presenza di più eredi, ma l’intermediario è tenuto a richiedere, a chi richieda lo svincolo dei beni ereditari, oltre alla consegna della denuncia di successione, anche di provare la propria qualità di erede (Collegio di Coordinamento, decisione n. 27252/2018). Nel caso di specie, a riprova della propria qualità di erede, parte ricorrente ha depositato in atti: estratto dell’atto di morte del marito, testamento pubblico del 24/12/2013 con relativo verbale di registrazione del 05/10/2020 e dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà. Come si evince dalla dichiarazione sostitutiva di atto notorio, eredi del de cuius sarebbero la ricorrente, moglie del correntista e i 3 figli.
Quanto all’atto di acquiescenza degli altri eredi, la ricorrente allega alle repliche dichiarazione rilasciata dalla ricorrente e da una singola coerede. La ricorrente non ha tuttavia prodotto la dichiarazione di successione, né la dichiarazione di esonero dal relativo obbligo di presentazione che, come rilevato, costituisce condizione essenziale per riconoscere l’obbligo in capo all’intermediario di liquidare all’erede la quota caduta in successione. La domanda pertanto non merita accoglimento. Quanto al problema della legittimità degli addebiti successivi al decesso del correntista, il Collegio di Coordinamento (n. 24360/19), chiamato a pronunciarsi in merito all’estinzione o prosecuzione del rapporto di conto corrente in seguito alla morte dell’unico correntista, ha espresso il seguente principio di diritto: “il contratto di conto corrente bancario non si estingue automaticamente per effetto della morte del correntista, ma in conseguenza di una espressa manifestazione di volontà da parte degli eredi. Resta fermo che il comportamento della banca debba essere improntato a correttezza e buona fede anche nei confronti degli eredi”. Il decesso del correntista è avvenuto il 26/09/2020. La ricorrente sostiene nel reclamo di aver “regolarmente” comunicato tale notizia alla resistente, consegnando altresì il testamento. Contesta addebiti per l’importo di € 107,52 dal momento del decesso, fino al 01/07/2021, effettuati a titolo di imposta di bollo, competenze e canone del conto corrente da novembre 2020 a giugno 2021. Tanto premesso, la ricorrente chiede la restituzione di tali oneri sulla base dell’assunto che la banca avrebbe dovuto estinguere il rapporto, dopo aver appreso il decesso del titolare. Tale asserzione parrebbe superabile alla luce della richiamata pronuncia del Collegio di Coordinamento, che ha aderito all’orientamento arbitrale secondo cui “in caso di morte del soggetto intestatario del conto corrente, le posizioni debitorie dello stesso si traferiscano ipso iure agli eredi dell’originario titolare, con la conseguenza che le operazioni effettuate sul conto corrente, a seguito dell’evento morte, debbano ritenersi legittime”.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
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