9 min read

Nota a ABF, Collegio di Torino, 22 gennaio 2020, n. 945.

di Antonio Zurlo

 

 

 

 

Le circostanze di fatto.

Il ricorrente rappresentava di essere titolare di un conto corrente, presso l’Intermediario resistente, di aver ricevuto una proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche a proprio sfavore e di aver presentato un reclamo per contestarla, ritenendola motivata esclusivamente da sopravvenuti oneri di sistema, normativamente a carico dell’Istituto.

Il resistente, nelle proprie controdeduzioni, deduceva che: a) parte ricorrente avesse aperto il rapporto di conto corrente oggetto del ricorso presso altro istituto; b) tale rapporto fosse stato acquisito nell’ambito di un’operazione di cessione di ramo d’azienda;  c) avesse inviato, al ricorrente, una comunicazione di modifica unilaterale, ai sensi dell’art. 118 TUB, con la quale proponeva l’aumento del canone annuo applicato al conto corrente de quo, di un euro 1 al mese, fermo restando il diritto di recedere dal contratto (entro la data comunicata) senza costi.

Il ricorso verte, quindi, sulla domanda di annullamento della summenzionata proposta di modifica unilaterale, in quanto, come anticipato, motivata “esclusivamente da sopravvenuti oneri di sistema, normativamente a carico dell’intermediario”. Nello specifico, trattasi della variazione dei criteri di contribuzione al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (c.d. FITD), sì come prevista dalla Direttiva 2014/49/UE sui sistemi di garanzia dei depositi, recepita nell’ordinamento italiano dal D. Lgs. 15 febbraio 2016, n. 30.

Il FITD garantisce una copertura sui depositi nominativi, tra cui i conti correnti, di un importo massimo di € 100.000,00 per depositante e per banca; per effetto della suddetta variazione, ai contributi c.d. “a chiamata” (ovverosia quelli versati dalle banche ex post a seguito di eventi di natura straordinaria) sono stati aggiunti ulteriori contributi “ordinari” che gli Istituti sono obbligati a versare su base annua e proporzionalmente all’importo complessivo delle somme in deposito presso le stesse e tutelate dallo stesso Fondo. Tali maggiori oneri connessi alle operazioni di raccolta hanno implicato uno sbilanciamento non più sostenibile nell’equilibrio economico dei contratti già in essere (come emerso dall’analisi dei dati raccolti, entro un periodo di monitoraggio di oltre due anni, che ha evidenziato un costante sensibile incremento dei costi annui di contribuzione al FITD); per ripristinare l’originario equilibrio economico, si è reso necessario modificare le condizioni economiche dei rapporti correnti. In tal guisa, la variazione del canone annuo di conto corrente è stato determinata rapportando la contribuzione al FITD del 2018 al numero di rapporti di conti corrente beneficiari in egual misura della garanzia del fondo; la modifica delle condizioni contrattuali non è stata, chiaramente, applicata sia ai rapporti aperti successivamente alla data in cui è stata introdotta a livello normativo la nuova modalità di contribuzione al FITD, sia a quelli non rientranti nel perimetro di tutela previsto dal FITD.

Il contratto sottoscritto da parte ricorrente prevedeva la possibilità di proporre modifiche unilaterali delle condizioni; alla base della modifica, sussiste, quindi, un giustificato motivo per la modifica proposta, ovvero l’introduzione di un provvedimento normativo destinato a incidere sui costi sostenuti dagli intermediari per l’offerta del servizio (e, dunque, tale da manifestare un oggettivo e comprovabile effetto sul rapporto bancario in essere). A tal riguardo, l’Intermediario affermava di non aver introdotto condizioni economiche nuove, di aver rispettato il termine di preavviso, di cui all’art. 118 TUB, nell’invio della “Proposta di modifica unilaterale del contratto” e sosteneva che la modifica de qua fosse conseguita a un evento imprevedibile nel 2010 (anno di apertura del rapporto) e all’introduzione di oneri sopravvenuti. In senso avvalorativo, parte resistente rimandava alla pronuncia del Collegio di Coordinamento in tema di ius variandi[1].

 

La decisione del Collegio.

Il Collegio rileva come l’art. 118 TUB, in relazione ai contratti a tempo indeterminato, stabilisca alcuni presupposti di legittimità della proposta di modifica unilaterale; segnatamente:

  • la facoltà di modifica unilaterale deve essere espressamente prevista da una clausola approvata specificamente dal cliente;
  • la modifica deve contenere la formula “Proposta di modifica unilaterale del contratto” e deve essere comunicata con un preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o su altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente;
  • deve sussistere un giustificato motivo.

In caso di inosservanza delle suddette prescrizioni, è, altresì, prevista l’inefficacia delle variazioni contrattuali, se sfavorevoli per il cliente.

Nel caso di specie, i presupposti di legittimità formale della proposta risultano pienamente osservati. In relazione al giustificato motivo, la Circolare emanata dal Ministero dello Sviluppo economico in relazione al contenuto minimo della nozione di giustificato motivo è nel senso che deve trattarsi di “eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario”; in particolare:

  • deve trattarsi di eventi afferenti “la sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito)”;
  • deve trattarsi di eventi che “consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.)”.

Le motivazioni segnatamente addotte dall’Intermediario, a sostegno della modifica unilaterale (introduzione della contribuzione annuale al FITD), paiono essere ragionevolmente inquadrabili negli eventi indicati nella seconda categoria.

La medesima circolare afferma anche che “il cliente deve essere informato circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale, in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base”. Anche in relazione a tale requisito, la comunicazione della Banca appare legittima, in quanto il suo contenuto è sufficientemente preciso. In tal senso, il Collegio di Coordinamento[2], in merito all’idoneità del legittimo esercizio dello ius variandi in ragione della motivazione che ne è alla base, ha già avuto modo di stabilire che “in linea con le previsioni, sopra richiamate, della Circolare n. 5574/2007, è costante l’orientamento dei tre Collegi dell’Arbitro secondo cui – in ragione anche delle finalità dell’istituto del c.d. ius variandi diretto “a conservare l’equilibrio (sinallagmatico) tra le singole prestazioni contrattuali, passando attraverso il mantenimento dell’equilibrio sinallagmatico dell’intero complesso delle prestazioni contrattuali, tipologicamente simili, effettuate dall’imprenditore nei confronti di un numero indefinito di controparti” (cfr. ad es., Collegio di Roma, decisione n. 2202 del 23.04.2013) – è determinante “l’esatta e puntuale esplicazione del ‘giustificato motivo’ ai fini della verifica della sussistenza della (unica) condizione dettata dal legislatore affinché possa essere modificato unilateralmente un negozio giuridico in regolare svolgimento. II giustificato motivo non può, dunque, essere generico, ma deve riguardare eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario poi riferibili alla categoria di contratti oggetto delle modifiche. La comunicazione della modifica unilaterale deve avere contenuto tale da consentire al cliente di poter valutare la congruità della modifica rispetto alla ragione posta a giustificazione della stessa” (Collegio di Roma, dec. n. 3981/2012)”.

La Delibera di Banca d’Italia n. 197/2017 ha posto, tra le ipotesi di non coerente applicazione dei principi stabiliti dall’art. 118 TUB, quelle modifiche che:

  • fanno riferimento a una pluralità di motivazioni senza illustrare il legame tra i singoli presupposti delle modifiche e gli interventi su prezzi e condizioni”;
  • non sono giustificate da costi sopravvenuti alla stipula dei contratti interessati e non riguardano la sola parte incrementale”;
  • sono prive di specifica correlazione tra le tipologie di contratti e le tariffe interessati dalle variazioni, da un lato, e l’incremento dei costi posto a base della modifica, dall’altro lato”.

In tal guisa, il Collegio di Roma[3] ha rilevato come gli intermediari non possano addurre a sostegno del giustificato motivo scelte di politica gestionale/commerciale, “le quali non pongono l’esigenza di mantenere l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni contrattuali delle parti contraenti, quanto di salvaguardare il margine di profitto della stessa banca”.

Di recente, il Collegio di Coordinamento[4], con la prefata decisione in tema di ius variandi, ha espresso il principio di diritto per cui «la sopravvenienza normativa non è di per sé un giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 TUB, ma, in alcuni casi, può assumere rilevanza a tal fine; ad esempio, quando la stessa normativa preveda la possibilità di modifiche unilaterali (ai sensi dell’art. 118 TUB) ovvero qualora incida sul costo delle attività o dei servizi interessati dalla modifica unilaterale».

Sulla base dei principi espressi, il Collegio ritiene che la motivazione addotta, nel caso di specie, dall’Intermediario, a giustificazione della modifica unilaterale, riguarda l’obbligo di contribuzione annua al FITD, introdotto con il D. Lgs. n. 30/2016 di attuazione della Direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi. Il decreto, entrato in vigore successivamente all’apertura del rapporto di conto corrente oggetto di controversia, ha previsto che le Banche aderenti contribuiscano al FITD, eventualmente anche sotto forma di impegni pagamento, almeno annualmente, in misura proporzionale all’ammontare dei loro depositi protetti (garantiti entro il limite di € 100.000,00 per deposito) e al profilo di rischio. Nella proposta di modifica unilaterale inviata alla parte ricorrente, l’Istituto ha dichiarato di aver versato al FITD, nell’anno 2018, contributi per più di € 10 milioni e che tale aggravio di costi avesse comportato l’alterazione dell’originario equilibrio economico, caratterizzante i rapporti di conto corrente, con un incremento medio dei costi annui per singolo rapporto (pari a € 12,00). Per giunta, in sede di controdeduzioni, l’Intermediario ha fornito il dettaglio dei calcoli effettuati per definire l’aggravio di costi derivante dalla contribuzione al FITD incidente sui rapporti di conto corrente interessati dalla garanzia (pari a 300.000). L’incremento del canone annuo sui conti correnti è stato, pertanto, determinato tenuto conto dell’importo versato al FITD nell’anno 2018 (sebbene tale contribuzione abbia carattere variabile in quanto rapportata al valore dei depositi protetti e al profilo di rischio dell’intermediario). Parte resistente ha, inoltre, precisato la riferibilità della modifica unilaterale ai soli rapporti rientranti nel perimetro di tutela del FITD, accesi prima dell’introduzione del D. Lgs. n. 30/2016, in quanto solo per questi casi si configurerebbe un “costo sopravvenuto”.

Ciò premesso, risulta accertata la necessaria correlazione tra la causa all’origine della modifica unilaterale (vale a dire la contribuzione al FITD) e la voce di costo interessata dalla modifica stessa (il canone annuo di tenuta del conto corrente), tale da integrare il giustificato motivo richiesto dall’art. 118 TUB per l’efficacia della proposta di variazione delle condizioni del conto corrente che fu a suo tempo comunicata all’odierno ricorrente.

 

 

 

Qui la decisione.


[1] Il riferimento è a ABF, Collegio di Coordinamento, 12 dicembre 2018, n. 26498.

[2] Il riferimento è a ABF, Collegio di Coordinamento, 26 febbraio 2016, n. 1889.

[3] Il riferimento è a ABF, Collegio di Roma, 6 marzo 2015, n. 1722. In senso conforme, Nello stesso senso, ABF, Collegio di Torino, 5 maggio 2017, n. 4845.

[4] Cfr. ABF, Collegio di Coordinamento, 12 dicembre 2018, n. 26498.