Nota a Cass. Civ., Sez. III, 15 gennaio 2020, n. 533.
di Antonio Zurlo
Con la recentissima ordinanza in oggetto, la Terza Sezione Civile ha statuito la nullità del pegno c.d. omnibus (e di ogni garanzia atipica a questo assimilabile quoad effectum), nel caso in cui non sia identificabile l’oggetto e/o il credito garantito.
*************************
Il ricorrente aveva proposto, in via riconvenzionale, domanda di restituzione dell’ammontare corrispondente al un pegno, concesso sul proprio conto corrente personale, che la Banca resistente aveva illegittimamente escusso. Più nello specifico, aveva rilevato che detto pegno avrebbe costituito garanzia “in attesa che venissero svincolate le già rilasciate fideiussioni” e che nonostante l’intervenuto scarico di queste ultime l’Istituto avrebbe traslato il pegno (anziché procedere alla sua estinzione) su un nuovo finanziamento.
Il Collegio evidenza l’incontrovertibilità della circostanza fattuale per cui la Banca resistente avesse voluto applicare una sorta di garanzia atipica, assimilabile quoad effectum, al pegno c.d. omnibus, forma di tutela del credito la cui validità è sempre stata oggetto di perplessità da parte della giurisprudenza. Tale negozio, difatti, deve essere considerato affetto da nullità, nel caso in cui non sia identificabile l’oggetto della garanzia e il credito garantito. Sì come rinvenibile nel caso oggetto di controversia.
In relazione a tale ultimo aspetto, ovverosia alla fattiva identificabilità del credito, pare opportuno richiamare quanto recentemente affermato dal Tribunale di Milano[1], per cui il presupposto normativo della sufficiente indicazione del credito garantito, secondo quanto previsto dal terzo comma dell’art. 2787 c.c., non possa ritenersi soddisfatto da riferimenti generici e indeterminati, senza l’adduzione di alcuno specifico collegamento funzionale tra i crediti e la garanzia; in altri termini, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, affinché il credito garantito possa ritenersi sufficientemente indicato, occorre che esso sia specificato, nella scrittura costitutiva del pegno, in tutti i suoi elementi oggettivi, bastando che la scrittura medesima contenga elementi idonei a consentirne la identificazione; al contempo, è stato, inoltre, precisato che l’eventuale ricorso a dati esterni all’atto di costituzione del pegno richiede che l’atto contenga un indice di collegamento da cui possa desumersi l’individuazione dei menzionati dati, sicché non vi è luogo alla prelazione se, per effetto della estrema genericità delle espressioni usate, il credito garantito possa essere individuato soltanto mediante l’ausilio di ulteriori elementi esteriori, come nel caso in cui si sia fatto riferimento alle ‘linee di credito accordate’ dalla banca, anche se risulti poi che contestualmente alla costituzione del pegno quest’ultima abbia concesso un’apertura di credito in conto corrente[2].
Qui il testo integrale dell’ordinanza.
[1] Il riferimento è a Trib. Milano, 30 luglio 2019, n. 7694, in ilcaso.it.
[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, 19 marzo 2004, n. 5561, in dejure.it; Cass. Civ., Sez. I, 28 ottobre 2005, n. 21084, con nota di E. Gabrielli, “Indici di collegamento” e determinazione dell’oggetto della garanzia nel pegno, in Banca borsa tit. cred., fasc. 3, 2007, 314; Cass. Civ., Sez. I, 26 gennaio 2006, n. 1532, in dejure.it.
Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento.