Nota a Cass. Civ., Sez. I, 20 ottobre 2025, n. 27915.
Segnalazione a cura dell'Avv. Federico Meloni e dell'Avv. Roberta Ballero.
Con ordinanza n. 27915, pubblicata il 20/10/2025, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da una società NPL avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Cagliari aveva revocato una sentenza dichiarativa di fallimento, rilevando la carenza di legittimazione attiva della società istante, sedicente cessionaria del credito, poiché non era stata data la prova della titolarità del credito azionato[1].
Nello specifico, a mezzo di un unico motivo di ricorso, la sedicente cessionaria aveva censurato la pronuncia della Corte territoriale nella parte in cui il Collegio non avrebbe considerato che tale legittimazione era desumibile dai riscontri documentali in atti. In particolare, secondo la ricorrente, la Corte isolana avrebbe errato nel non attribuire alcuna valenza probatoria alla specifica dichiarazione resa dalla cedente che confermava l’inclusione del credito nel perimetro della cessione.
Ebbene, la Suprema Corte rileva, innanzitutto, che “contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, spetta alla parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la disciplina di cui all’art. 58 d.lvo 385/1993, l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta”[2].
Gli Ermellini ribadiscono, inoltre, che «in tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d. lgs n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato d.lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente»[3].
Pertanto, la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, è “sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario solo allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione[4], restando comunque devoluta al giudice di merito la valutazione dell’idoneità asseverativa, nei termini sopra indicati, del suddetto avviso, alla stregua di un accertamento di fatto spettante al giudice del merito e non censurabile in sede di legittimità in mancanza dei presupposti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.[5]”.
Orbene, nel caso di specie, la Corte d’Appello di Cagliari aveva:
1) “escluso la produzione in giudizio del contratto di cessione dei credito”;
2) “verificato come non sia stata fornita adeguata prova dell’inclusione dello specifico credito nel “blocco” dei rapporti ceduti sulla scorta di plurimi elementi (non esaustività del riferimento ai crediti aventi determinate caratteristiche, mancata individuazione dell’esatto momento di insorgenza dei crediti e di passaggio a sofferenza con conseguente incertezza sulla inclusione di tale credito nell’insieme dei crediti così criticamente titolati, irrilevanza delle dichiarazioni del cedente)”.
Più nello specifico, il Collegio isolano aveva evidenziato che “l’avviso di cessione di crediti pro soluto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale conteneva soltanto il riferimento alla data del contratto di cessione intervenuto tra” la Banca cedente e la società cessionaria “e l’indicazione che l’oggetto della cessione riguardava «un insieme di crediti che derivano da rapporti giuridici in relazione ai quali si forniscono le seguenti informazioni orientative …», di seguito elencate in base a eventi temporali (sorti anteriormente al 31/12/2016) e/o giuridici (rapporti risolti o con intervenuta dichiarazione da beneficio del termine, privi di determinate garanzie) e/o classificati in base a criteri attinenti a qualità del credito (passati a sofferenza)”. A giudizio della Corte sarda tale “descrizione (..) non era esaustiva rispetto alla determinazione dei crediti effettivamente ceduti, visto che menzionava «un insieme di crediti» e non tutti i crediti aventi quelle caratteristiche ed, inoltre, non consentiva di trarre elementi inequivoci atti a riconoscere la legittimazione attiva del soggetto istante per l’apertura della procedura di liquidazione, non essendo stata documentata la data di insorgenza del credito” della Banca cedente, “né la sua derivazione da rapporti in sofferenza o risolti e comunque la sua inclusione in quell’insieme di crediti esposti nell’avviso”.
Infine, la Corte territoriale aveva evidenziato “che, in mancanza di produzione del contratto di cessione, l’insieme dei crediti ceduti non poteva neppure essere ricostruito con sufficiente certezza attraverso una dichiarazione scritta resa a posteriori da un soggetto «che non sappiamo sia legittimato alla disposizione del credito in contesa e che comunque non può “testimoniare” il contenuto del contratto di cessione, di cui non fornisce nemmeno gli elementi necessari a catalogare la tipologia dei crediti ceduti»”.
È di tutta evidenza che quelli sopra riportati costituiscono “accertamenti di fatto, devoluti tipicamente al prudente apprezzamento degli elementi istruttori ad opera del giudice di merito: valutazione, dunque, incensurabile in sede di legittimità attraverso vizi di legittimità”. Come parimenti incensurabile in sede di legittimità è “la critica alla valutazione degli elementi probatori compiuta dalla corte territoriale sulla scorta dell’erroneo apprezzamento di elementi presuntivi posti al suo vaglio o del travisamento della prova in quanto tale censura si traduce nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio facti”.
Ne consegue che il ricorso, avendo ad oggetto la sola censura dei suddetti accertamenti di fatto e delle suddette valutazioni degli elementi probatori, operati dal giudice di merito, non poteva che essere dichiarato inammissibile.
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[1] Cfr.: Cass. n. 24798/2020 e 4116/2016.
[2] Cfr: Corte d’App. Cagliari, Sez. II Civ., sent. n. 9 del 16 luglio 2024, pubb. il 23/07/2024.
[3] Cfr. Cass. 17944/2023, 5478/2024 28790/2024, oltre alle più recenti Cass. n. 841, n. 9073 e n. 15088 del 2025.
[4] Cfr. Cass.13289/2024.
[5] Cfr. Cass. sent. n. 4277/2023.
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Info sull'autore
Laureata presso Università degli studi di Cagliari, avvocata, iscritta presso l’ordine degli avvocati di Oristano, con pluriennale esperienza nell’ambito del diritto bancario e finanziario (sia nella difesa attiva e passiva degli Istituti di Credito sia, attualmente, nella difesa stragiudiziale e giudiziale degli utenti bancari). Si occupa di contenzioso civile, con un focus particolare nelle cause di diritto bancario e finanziario, diritto dei consumatori, crisi d'impresa e sovraindebitamento, procedure esecutive, diritto del lavoro, diritto di famiglia, responsabilità professionale, usucapioni, locazioni e diritto successorio ed ereditario e recupero crediti. Advisor e legale nelle procedure di sovraindebitamento e di gestione della crisi d’impresa e abilitata come Gestore della Crisi da sovraindebitamento.