Nota a Corte Cost., 4 luglio 2024, n. 121.
Massima redazionale
Sono costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, gli artt. 144 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, (nella parte in cui non prevede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato della procedura di liquidazione controllata, quando il giudice delegato abbia autorizzato la costituzione in un giudizio e abbia attestato la mancanza di attivo per le spese) e 146 del medesimo d.P.R., nella parte in cui non prevede la prenotazione a debito delle spese della procedura di liquidazione controllata. Le due procedure di liquidazione controllata e di liquidazione giudiziale hanno la medesima funzione di comporre i rapporti tra creditori e debitore, liquidando il patrimonio di quest’ultimo in attuazione della par condicio creditorum, sicché l’effettività della difesa deve essere riconosciuta anche alla procedura di liquidazione controllata che sia sprovvista di attivo per le spese.
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Erano state sollevate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 144 del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato della procedura di liquidazione controllata quando il giudice delegato abbia autorizzato la costituzione in giudizio e abbia attestato la mancanza di attivo per le spese, e dell’art. 146 del medesimo d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non prevede la prenotazione a debito delle eventuali spese della procedura di liquidazione controllata; le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 24 e 3 Cost.
Il remittente giudice delegato del Tribunale ordinario di Verona aveva prospettato la lesione del diritto di difesa, nonché l’irragionevolezza delle disposizioni, che non consentono alla procedura di liquidazione controllata il raggiungimento del fine del miglior soddisfacimento dei creditori, comportando un trattamento ingiustificatamente differenziato rispetto alla disciplina prevista per il procedimento di liquidazione giudiziale, che è analogo, per struttura e funzioni, al procedimento di liquidazione controllata.
La sentenza in esame ricorda anzitutto come, allorché la liquidazione giudiziale, sia parte del processo, l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato avvenga automaticamente, a seguito dell’attestazione, contenuta nel decreto di autorizzazione ad agire o a resistere in giudizio, con cui il giudice delegato dichiara che non è disponibile il denaro necessario per le spese. Ma tale automatismo è previsto solo per la liquidazione giudiziale e non anche per la procedura di liquidazione controllata, sebbene quest’ultima rientri nel novero delle procedure concorsuali. In altri termini: nella liquidazione giudiziale è il giudice delegato che, accertato che la liquidazione non ha capienza, si limita a dichiararlo, essendo la procedura automaticamente ammessa al patrocinio a spese dello Stato. Nella procedura di liquidazione controllata, invece, è il giudice della causa, secondo le regole generali, a dover accertare e, conseguentemente, ammettere il patrocinio a spese dello Stato.
Peraltro, osserva la Corte, “entrambe le procedure garantiscono l’accesso a misure di carattere esdebitatorio, che rendono inesigibili i debiti rimasti insoddisfatti nell’ambito della procedura, così da consentire al debitore l’utile ricollocamento «all’interno del sistema economico e sociale, senza il peso delle pregresse esposizioni, pur a fronte di un adempimento solo parziale rispetto al passivo maturato»”….quindi, “per l’ omogeneità degli interessi perseguiti, l’effettività della difesa in attuazione dell’art. 24 Cost. deve essere riconosciuta anche alla procedura di liquidazione controllata che sia sprovvista di attivo per le spese, dovendo essa, comunque, assicurare il miglior soddisfacimento dei creditori.” E ciò perché l’accesso al patrocinio a spese dello Stato serve a rimuovere “le difficoltà di ordine economico che possono opporsi al concreto esercizio del diritto di difesa”.
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