Con tre recenti ordinanze (sul punto) gemelle[1], la Corte di Cassazione, ritenendo di non condividere il precedente orientamento espresso dalla medesima sezione in punto di adeguamento delle clausole anatocistiche contemplate nei contratti di conto corrente in corso alla data di entrata in vigore (22.04.2000) della delibera CICR del 09.02.2000[2], ha ritenuto infondata la tesi secondo la quale l’applicazione del regime di capitalizzazione infrannuale reciproca degli interessi richiedesse, necessariamente, un nuovo patto scritto tra banca e correntista per il periodo successivo al 22.04.2000.
Il riferimento è, ovviamente, alla portata interpretativa dell’art.7, comma 2, della ridetta delibera CICR del febbraio 2000, secondo cui: “Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, possono provvedere all’adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile e, comunque, entro il 31 dicembre 2000”.
Secondo la Corte, non è corretto ritenere che occorra sempre e comunque una nuova pattuizione scritta tra le parti, bensì “occorre verificare se sia necessario procedere a una nuova pattuizione in tema di capitalizzazione o se, all’opposto, sia sufficiente attendere la pubblicizzazione delle nuove condizioni contrattuali nella Gazzetta Ufficiale e la comunicazione di queste al cliente alla prima occasione utile”.
Gli ermellini hanno poi precisato che “la condizione prevista dalla delibera Cicr quale limite della possibilità della banca di operare un valido adeguamento delle condizioni contrattuali alle disposizioni della delibera attuativa del T.u.b. è incentrata sul fatto che «le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate». Ciò implica una valutazione relazionale tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto, non anche invece – come capziosamente pretende la ricorrente – tra le nuove condizioni e quelle anteriori epurate da ogni forma di capitalizzazione. A seguire la tesi, la stessa previsione di una possibilità di adeguamento sarebbe priva di senso logico, visto che, rispetto a un effetto di nullità del tipo di quello sopra considerato (incentrato sul correttivo del calcolo degli interessi a debito senza alcuna capitalizzazione), mai si potrebbe discorrere di prassi anatocistica non peggiorativa”.
In sintesi, la Corte ha escluso la fondatezza della tesi da sempre propugnata dai correntisti, secondo cui il passaggio da un regime legale di assenza di anatocismo – essendo nullo quello trimestrale non reciproco convenuto in tutti i contratti di conto corrente anteriori alla novella normativa dell’art.120 TUB (che venne riscritto dall’art.25 del d.lgs. n.342/1999, cui fece seguito la delibera CICR del 9 febbraio 2000) – ad un regime con capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori determinasse sempre, necessariamente, un peggioramento delle condizioni applicate al correntista, con conseguente obbligo di ridefinire la clausola di capitalizzazione con nuovo patto scritto.
Va chiarito, però, che la Cassazione, pur discorrendo di “valutazione relazionale tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto”, non chiarisce come tale valutazione debba compiersi. E’ evidente, difatti, che proprio in ragione di quel “senso logico” richiamato dalla Corte, neppure può aderirsi alla tesi da sempre sostenuta dagli istituti di credito, secondo cui il passaggio dal previgente regime – in cui era prevista la capitalizzazione annuale degli interessi creditori e trimestrale di quelli debitori – a quello di pari reciprocità sia sempre favorevole ai correntisti, dacché si sarebbero trovati a beneficiare del riconoscimento della capitalizzazione trimestrale (e non più annuale) degli interessi creditori in assenza di modifica della periodicità di capitalizzazione degli interessi debitori, già in precedenza praticata su base trimestrale.
Occorre dunque una “valutazione relazionale tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto” da operarsi caso per caso, ma adottando quali criteri valutativi?
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[1] Il riferimento è a Cass. nn. 5054, 5064 e 8639 del 2024.
[2] Cfr. Cass. nn.26769/2019, 26779/2019, 9140/2020, 29420/2020, 31702/2021.
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