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Nota a App. Venezia, Sez. I, 26 ottobre 2023, n. 2127.

di Giulia Turato

Avvocato

La pronuncia oggetto del presente commento trae origine da un giudizio incardinato in primo grado presso il Tribunale di Venezia. Il titolare di un conto corrente acceso negli anni novanta e ancora in essere chiedeva l’accertamento delle invalidità riguardanti l’applicazione di interessi debitori ultra-legali, usurari e anatocistici, nonché delle cms, spese, competenze e remunerazioni a qualsiasi titolo pretese al fine di ottenere la rideterminazione del saldo finale.

Il Giudice di prime cure, disposta la Ctu contabile, rideterminava il saldo a favore del correntista. Il Tribunale di Venezia accogliendo la domanda attorea rigettava l’eccezione di decadenza in relazione alla mancata tempestiva contestazione dell’e/c, l’eccezione di prescrizione ritenendola infondata e inammissibile a causa della mancata indicazione delle rimesse aventi natura solutoria e respinto l’eccezione di irripetibilità degli addebiti in quanto versati in adempimento di obbligazioni naturali per carenza dei requisiti ex art. 2034 c.c.

La banca ha proposto appello per i seguenti motivi: rigetto dell’eccezione di prescrizione; errata ripartizione dell’onere probatorio nel giudizio di accertamento negativo; non corretta valutazione delle risultanze peritali.

La Corte d’Appello investita della questione riteneva fondato l’appello proposto dalla banca. In relazione al primo motivo la Corte facendo riferimento alle Sezioni unite 15985/19 e alla recentissima Cass. 9806/23 esponeva il principio secondo cui l’onere previsto in capo all’istituto di credito è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto unitamente alla dichiarazione di volerne profittare senza che sia necessaria ulteriore specifica e, quindi, l’indicazione delle specifiche rimesse solutori prescritte. Pertanto, l’onere probatorio risulta così ripartito: la banca può limitarsi all’allegazione del fatto costitutivo mentre grava sul correntista che agisce in ripetizione la prova del fatto impedito ovvero l’apertura di credito che gli è stata concessa (al fine dell’esclusione della natura solutoria estintiva della rimessa). Il correntista, quindi, dovrà necessariamente allegare oltre tutti gli estratti conto necessari all’esatta ricostruzione del saldo tutti gli eventuali contratti di affidamento[1]1 per vedere accolta la propria domanda.

La Corte d’Appello, inoltre, ha fatto proprio il principio espresso dalla Suprema Corte secondo cui il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione di indebiti deducendo nullità di clausole del contratto di conto corrente o per addebiti illegittimi è onerato di provare gli avvenuti pagamenti e, per ogni pagamento, che sia avvenuto senza causa mediante il necessario deposito degli estratti periodici di tale conto corrente, riferiti all’intera durata del rapporto[2]2.

La pronuncia in commento, pertanto, rassegnando in maniera precisa la giurisprudenza della Cassazione relativa all’onere della prova nei casi analoghi a quello di specie, fornisce un quadro chiaro delle allegazioni necessarie per il corretto esperimento dell’azione. In conclusione se dobbiamo agire per il correntista melius abundare quam deficere e allegare tutto quanto sopra riportato se in nostra disponibilità o procedere ai sensi del 119 TUB o con l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. in mancanza.

 

 

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[1] V. Cass. n. 31927/2019, n. 2660/2019, n. 21225/22, n. 4372/18, n. 18581/17.

[2] V. Cass. n. 35979/2022.

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