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Nota a Cass. Civ., Sez. III, 18 ottobre 2023, n. 28983.

di Sara Rescigno

Tirocinante ACF

La controversia in oggetto verte principalmente sull’asserita nullità di un contratto di locazione finanziaria dovuta alla pattuizione di interessi convenzionali usurari.

Più nel dettaglio, Parte ricorrente, dopo aver stipulato nel 2006 un contratto di locazione finanziaria condizionato alla venuta ad esistenza di un immobile da costruire, ha lamentato la sopravvenuta pattuizione di interessi usuari successiva alla presa di possesso dell’immobile.

In relazione al profilo sopra descritto, la Ricorrente, attraverso il ricorso in Cassazione, ha denunciato la nullità della sentenza di Appello per i seguenti motivi.

Innanzitutto, la Ricorrente ha contestato al giudice di Appello il non aver considerato l’usurarietà degli interessi compensativi allorchè, nel 2011, in fase di rinegoziazione degli accordi conclusi nel 2006, il tasso leasing avrebbe superato il tasso soglia, tenuto conto del pagamento rateale del maxi-canone, delle spese di assicurazione e delle spese istruttorie.

Secondo la Suprema Corte, il motivo è infondato dal momento che l’accordo del 2011 non aveva modificato le pattuizioni in relazione agli interessi, ma aveva adeguato solamente il piano finanziario alla luce della riduzione del capitale finanziato, lasciando inalterato il criterio di determinazione degli interessi moratori e degli interessi corrispettivi. A detta della Suprema Corte, attesa l’irrilevanza dell’usura sopravvenuta, l’eventuale momentaneo superamento della soglia della usurarietà in coincidenza cronologica di quel momento era irrilevante, ai fini di una complessiva valutazione di usurarietà delle pattuizioni sugli interessi, non modificate[1].

I successivi motivi di ricorso riprendono in parte la doglianza contenuta nel precedente motivo, affrontando profili specifici.

La Ricorrente, infatti, ha criticato la sentenza della Corte di Appello nella parte in cui quest’ultima non ha incluso le spese di assicurazione ai fini del calcolo del tasso soglia, non considerando queste ultime ai fini della determinazione del tasso di interesse effettivamente praticato.

In ordine alla censura sopra citata, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondati i motivi di ricorso per le considerazioni che seguono.

In primo luogo, la Suprema Corte ha evidenziato che, sebbene la nullità delle clausole contrattuali contenenti la pattuizione di interessi usurari sia rilevabile d’ufficio dal giudice ovvero denunciabile dalle parti nel corso del giudizio, anche in relazione a profili di nullità non originariamente denunciati, le nuove censure di nullità devono essere prese in considerazione solo se si fondano su tempestive allegazioni.

Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, il giudice di Appello ha correttamente ritenuto tardiva la denuncia di mancata considerazione, ai fini del calcolo dell’interesse effettivamente praticato, delle spese di assicurazione. In particolare, seppure il dato dell’esistenza delle spese di assicurazione sia stato menzionato in corso di causa, solo negli ultimi atti di causa la Ricorrente ha affermato che essere erano obbligatorie al fine di ottenere il finanziamento e, dunque, rilevanti sotto il profilo dell’usurarietà dei tassi.

La Ricorrente ha poi contestato la decisione del giudice di Appello nella parte in cui non ha preso in considerazione, al fine del calcolo del tasso soglia, della sommatoria degli interessi corrispettivi e degli interessi moratori.

Nel ritenere infondato il motivo in oggetto, la Corte di Cassazione ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale «In tema di interessi convenzionali, la disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi (e ai costi posti a carico del debitore per il caso di regolare adempimento del contratto) sia agli interessi moratori (e ai costi posti a carico del medesimo debitore per il caso, e come conseguenza dell’inadempimento), ma non consente di utilizzare il c.d. criterio della sommatoria tra tasso corrispettivo e tasso di mora, poiché gli interessi corrispettivi e quelli moratori si fondano su presupposti diversi e antitetici, essendo i primi previsti per il caso di (e fino al) regolare adempimento del contratto e i secondi per il caso di (e in conseguenza dell’) inadempimento del contratto[2]».

La Ricorrente ha, infine, ha dedotto la violazione dell’articolo 117 TUB nella misura in cui la Corte di Appello non ha effettivamente accertato l’esistenza del tasso effettivamente praticato nel contratto, che risultava diverso da quello convenuto.

Sul punto, la Suprema Corte ha richiamato un recente orientamento secondo il quale va escluso che la mera difformità tra il cd. tasso leasing indicato nel contratto e quello effettivamente applicato si traduca in una violazione dell’art. 117 TUB, allorché esso sia comunque determinabile. Secondo la Suprema Corte, anche nel caso di specie, il giudice ha correttamente ritenuto che il tasso in concreto applicato fosse comunque determinabile sulla base di una serie di elementi riportati nel contratto, e che fosse stata al più fornita una informazione errata, ma non tale da precludere la individuazione del tasso effettivamente praticato.

La Corte ha infatti rilevato che, essendo gli elementi essenziali dell’accordo già contenuti nel contratto del 2006 ed essendo il piano finanziario compiutamente contenuto nelle scritture degli anni successivi, l’oggetto del contratto era pienamente determinato.  

In conclusione, la Suprema Corte non ha ritenuto meritevole di accoglimento il ricorso per i profili sopra richiamati.

 

 

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[1] Cfr., Cass. SS.UU. n. 24675 del 2017.

[2] Cass. civ., sez. III, 21/3/2023, n. 8103; Cass. civ., sez. III, 12/7/2022, n. 21973, Cass. civ., SS.UU., 18/9/2020, n. 19597.

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