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Nota a Cass. Civ., Sez. I, 21 settembre 2023, n. 27006.

Massima redazionale

Con la recentissima ordinanza in oggetto, la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione riafferma il principio per cui: «In sede di accertamento dello stato passivo, la mancanza di data certa del contratto prodotto quale prova del credito comporta l’inopponibilità al fallimento delle clausole riportate sulla relativa documentazione, ma ciò non esclude che possa risultare provata la corresponsione di una o più somme da parte del creditore e, quindi, sia la sussistenza di un suo corrispondente credito di restituzione in linea capitale, sia la stessa natura contrattuale del credito; ne deriva che detta inopponibilità esclude soltanto che le clausole riportate nella documentazione priva di data certa possano essere considerate ai fini della effettiva regolamentazione del rapporto. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha escluso che l’ammissione al passivo di un credito vantato da una banca in linea capitale e fondato su due linee di credito derivanti da scoperto di conto corrente e mutuo chirografario – entrambe documentate da contratti privi di data certa – implicasse l’implicito riconoscimento della piena opponibilità dei contratti stessi, ed ha quindi respinto il ricorso della banca opponente, che lamentava l’erroneità del decreto con cui il giudice delegato aveva escluso gli interessi ultralegali, ammettendoli invece al tasso legale)»[1].

 

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[1] Cfr. Cass. 12.04.2018, n. 9074; Cass. 23.10.2019, n. 27203.

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