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Nota a ACF, 19 settembre 2023, n. 6814.

di Antonio Zurlo

Studio Legale Greco Gigante & Partners

Nel caso di specie, è assorbente l’accertata fondatezza della doglianza in ordine al non corretto assolvimento degli obblighi di informazione sulle caratteristiche dello strumento finanziario e sul grado di rischio sotteso. Invero, l’Intermediario non ha fornito elementi atti a comprovare di aver assolto i propri obblighi informativi, se non in modo meramente formalistico. In casi analoghi, la giurisprudenza arbitrale ha già avuto modo di evidenziare che la formale sottoscrizione di dichiarazioni attestanti la presa visione di documentazione informativa è insufficiente a far ritenere adeguatamente assolti gli obblighi informativi gravanti sull’intermediario ai sensi della normativa in tema di prestazione dei servizi d’investimento. Del pari, non risulta che l’Intermediario resistente abbia osservato gli obblighi di informazione attiva, assicurandosi che parte ricorrente fosse effettivamente consapevole dei rischi connessi agli investimenti in azioni, oltretutto di propria diretta emissione.

Con riferimento alla valutazione di appropriatezza, anche a non voler ritenere l’investimento attenzionato suggerito dal resistente, anch’essa presenta profili di criticità, per il fatto che non è stata resa al ricorrente alcuna informativa circa i motivi di non appropriatezza, come più volte indicato e censurato dalla giurisprudenza arbitrale, per cui “La doglianza riguardante la mancata comunicazione delle ragioni di non appropriatezza è fondata […] giacché la mancata indicazione dei motivi posti a fondamento di tale valutazione impedisce al cliente di orientarsi con autentica consapevolezza nel momento in cui è chiamato a decidere se confermare l’ordine ovvero revocarlo”. Siffatta informativa è tanto più rilevante nel caso in esame considerato il profilo oggettivo dell’investitore e, in particolare, l’età decisamente avanzata dello stesso, che di per sé avrebbe dovuto portare ad effettuare investimenti oltremodo conservativi, anche tenuto conto della pregressa operatività, non certo attestativa della dichiarata conoscenza delle azioni quale tipologia di strumenti finanziari. Infine, non ci si può esimere dall’evidenziare che il modus procedendi dell’Intermediario resistente si sia connotato per riproporre il “cliché”, in cui clientela retail, ancorchè priva di una skill adeguata per effettuare autonome e consapevoli scelte d’investimento, abbia operato autonomamente su titoli emessi e collocati dall’odierno resistente, a fronte di un laconico giudizio di inappropriatezza reso dal resistente medesimo.

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