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Nota a Cass. Civ., Sez. II, 6 settembre 2023, n. 25977.

  1. I principi di diritto sanciti dalla Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione con la sentenza in commento ha sancito i seguenti principi di diritto:

-“L’art.125 del TUB, nella formulazione antecedente alle modifiche inserite con il D. Lgs n.141 del 2010 prevede che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto ad un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR. In caso di assenza della norma integrativa o di norma integrativa che rinvii all’autonomia contrattuale, il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento”.

-“E’ nulla la clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento perchè determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell’art.33 del D. Lgs 206/2005”.

 

  1. Le argomentazioni della Cassazione in relazione alla presa di posizione della Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor dell’11.3.2019 – C-383/18.

Come affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor dell’11.3.2019[1], nella causa C-383/18, le direttive relative al credito al consumo vanno interpretate non soltanto sulla base del loro tenore letterale, ma anche alla luce del suo contesto nonché degli obiettivi perseguiti dalla normativa di settore[2].

La Corte di Giustizia ha rilevato in motivazione che l’articolo 8 della direttiva 87/102, che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48, già stabiliva che il consumatore, «in conformità alle disposizioni degli Stati membri, (…) deve avere diritto a una equa riduzione del costo complessivo del credito».

Di conseguenza, afferma la Corte di Lussemburgo “l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di «equa riduzione» quella, più precisa, di «riduzione del costo totale del credito» e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare «gli interessi e i costi. Questo sistema di protezione è fondato sull’idea secondo cui il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di negoziazione che il livello di informazione[3].

Afferma la Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor che l’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca; inoltre, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito.

La soluzione offerta dal giudice di merito si pone in contrasto con l’art.125 del TUB, ratione temporis applicabile e con la consolidata elaborazione giurisprudenziale in tema di diritti del consumatore, privandolo di una tutela effettiva, in caso di adempimento anticipato, sulla base dell’inesistenza di una norma secondaria, la deliberazione del CICR, che ha carattere integrativo di una norma primaria.

 

  1. Sull’assenza della norma integrativa o di norma integrativa che rinvii all’autonomia contrattuale, non attuata dal CICR.

Osserva il collegio che, anche in assenza di una norma attuativa del CICR, il consumatore non può essere privato del suo diritto al rimborso dei costi sostenuti, come previsto dalla norma primaria e dalle direttive citate.

Se è vero, infatti, che le direttive hanno una efficacia diretta soltanto verticale e che le stesse non possono essere invocate nelle controversie fra privati, è pur vero, in senso opposto, che in ogni caso il Giudice di merito è tenuto ad interpretare la normativa interna di recepimento in modo conforme al diritto europeo. Sul punto si richiama quella giurisprudenza europea che ha condivisibilmente osservato che “nell’applicare il diritto nazionale, e in particolare la legge nazionale espressamente adottata per l’attuazione della direttiva …, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato[4]”.

Né rileva, come affermato dall’intermediario in controricorso, che il CICR fosse intervenuto nel determinare le modalità di rimborso, demandandolo all’autonomia contrattuale (art. 1 DELIBERA CICR 9.2.2000 pubblicata in GU), con la specificazione che, nel caso di specie, nessun rimborso era stato previsto in favore del ricorrente, in caso di estinzione anticipata del finanziamento.

Rileva il collegio che una clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento, è nulla perché determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell’art.33 del D. Lgs 206/2005.

L’art.33, comma 1 del Codice del Consumo pone un’enunciazione di ordine generale, definendo vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale, che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime nei contratti in cui è parte il consumatore[5].

Secondo la Corte di Giustizia, tale disposizione deve essere considerata come una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico[6].

Indice univoco del carattere abusivo di una clausola è rappresentato dallo squilibrio non già del valore delle reciproche prestazioni delle parti, bensì del complesso dei diritti e degli obblighi derivanti dal regolamento contrattuale predisposto, tenendo conto “della natura del bene o del servizio oggetto del contratto”.

L’intervento equilibratore del giudice, previsto anche d’ufficio, deve tener conto del sinallagma contrattuale, al fine di evitare che il contratto rimanga privo di causa o determini un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi da esso derivanti a danno del consumatore.

La clausola che esclude il diritto del consumatore al rimborso del costo totale del credito[7] in caso di estinzione anticipata del finanziamento determina certamente uno squilibrio nel sinallagma contrattuale in danno del consumatore in quanto consente all’ente finanziatore di trattenere somme parametrate all’intera durata del contratto nonostante la prestazione sia stata limitata ad un arco temporale inferiore[8].

Poiché la clausola che esclude il diritto del consumatore al rimborso del costo totale del credito, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, ha natura di clausola abusiva, il giudice ha il dovere di rilevare, anche d’ufficio, la nullità della clausola.

 

  1. Sul richiamo della Suprema su quanto sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 263/22.

Sull’effettività della tutela del consumatore nell’ambito del credito al consumo, merita di essere segnalata la sentenza della Corte Costituzionale, 22/12/2022, n.263[9], la quale, benchè riferita alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art.11 octies, comma 2 del D. L. 25 maggio 2021, n.73, conv., con modif., nella L. 23 luglio 2021, n.106, ha il pregio di ricostruire la normativa interna ed eurounitaria relativa al credito al consumo, ribadendo importanti principi in tema di norme integrative secondarie e di efficacia nell’ordinamento interno delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia.

In particolare, in relazione alle norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia, regolatrici dei rimborsi al consumatore in caso di estinzione anticipata del finanziamento, la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo l’art.11 octies, comma 2 del D. L. 25 maggio 2021, n.73, conv., con modif., nella L. 23 luglio 2021, n.106 nella parte in cui limita ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore per violazione degli art.11 e 117, comma 1 della Costituzione.

La Corte Costituzionale ha espressamente affermato che il concetto di «riduzione del costo totale del credito», contenuto nella direttiva N. 2008/49 CE ha sostituito il precedente richiamo alla «nozione generica di “equa riduzione”» presente nell’art. 8 della direttiva 87/102/CEE (sentenza Lexitor, punto 28).

La Corte Costituzionale richiama il canone dell’interpretazione teleologica, ispirata all’esigenza di garantire «un’elevata protezione del consumatore» (sentenza Lexitor, punto 29), per rilevare che «limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» (sentenza Lexitor, punto 32).

In definitiva, l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, partendo da un dato sicuramente testuale, ossia il riferimento alla riduzione del costo totale del credito, addiviene a un’interpretazione orientata a una elevata tutela del consumatore – che previene il rischio di abusi, a beneficio anche della concorrenza -, in presenza di contrappesi ritenuti adeguati a favore dei creditori.

Secondo il giudice delle leggi, “l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di «equa riduzione» quella, più precisa, di «riduzione del costo totale del credito» e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare «gli interessi e i costi”.

Afferma la Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor che l’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca; inoltre, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito.

Detta interpretazione è certamente estensibile alla direttiva 87/102/CEE, che richiama il concetto più ampio di “equa riduzione del costo complessivo del credito”, ma soprattutto alla direttiva 90/88/CE, che introduce il concetto del costo totale del credito, comprendendovi “ tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento”.

Il Tribunale di Napoli non si è uniformato ai principi di diritto, costantemente affermati dalla giurisprudenza interna ed eurounitaria, negando al ricorrente, che aveva estinto anticipatamente il finanziamento, il diritto alla riduzione del costo complessivo del credito per l’assenza della norma attuativa del CICR che specificasse le modalità di esercizio del diritto.

La sentenza impugnata è stata pertanto cassata, con rinvio al Tribunale di Napoli in persona di altro magistrato che applicherà i principi di diritto come sopra esposti.

La questione può quindi ritenersi chiusa.

Dopo l’intervento della Corte di Giustizia con la sentenza Lexitor, dopo l’intervento della Corte Costituzionale con sentenza n. 263/22, anche la Cassazione con la sentenza in commento prende una posizione netta in materia.

A ben vedere la  Suprema Corte pronunciandosi nel caso di specie sui contratti antecedenti al 2010, indirettamente ha voluto chiarire che lo stesso principio deve applicarsi anche ai contratti successivi al 2010, visto e considerato che dopo il 2010 c’è stata sia la nuova formulazione dell’art 125 TUB, sia l’intervento della Corte di Giustizia con la sentenza Lexitor e come pietra miliare in ultima istanza, la sentenza della Corte Costituzionale n. 263/22 che ha sancito il diritto dei consumatori al rimborso di tutti i costi, utilizzando come metodo di calcolo dello stesso, quello del pro rata temporis.

 

 

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[1] G. LIACE, Il diritto dei consumatori alla riduzione del costo totale del credito nel caso di estinzione anticipata del finanziamento: il caso Lexitor (adesiva) in Giur. comm. 2020.

[2] (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2019, Bundesverband der Verbraucherzentralen und Verbraucherverbände, C-649/17, EU:C:2019:576, punto 37.

[3] v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C-377/14, EU:C:2016:283, punto 63.

[4] così ex multis CGUE 10.4.1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann.

[5] v., in particolare, sentenze del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C-169/14, EU:C:2014:2099, punto 23, nonché del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C-154/15, C-307/15 e C-308/15, EU:C:2016:980, punti 53 e 55).

[6] (v. sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones, C-40/08, EU:C:2009:615, punti 51 e 52, nonché del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C-154/15, C-307/15 e C-308/15, EU:C:2016:980, punto 54; Corte di Giustizia UE sez. I, 26/01/2017, n.421).

[7] : A.A. DOLMETTA, Anticipata estinzione e «riduzione del costo totale del credito». Il caso della cessione del quinto, in Banca, borsa, tit. cred. 2019, II, 639 ss.

[8] Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, n.19565 in cui questa Corte ha chiarito, in tema di mediazione che, qualora sia previsto in contratto un compenso in misura identica (o vicina) a quella stabilita per l’ipotesi di conclusione dell’affare, il giudice deve stabilire se tale clausola determini uno squilibrio fra i diritti e gli obblighi delle parti e sia, quindi, vessatoria, ai sensi dell’art. 33, comma 1, Codice del Consumo, salvo che in tale pattuizione non sia chiarito che, in caso di mancata conclusione dell’affare per ingiustificato rifiuto, il compenso sia dovuto per l’attività sino a quel momento esplicata.

[9] Adesiva nel merito di N. DE LUCA, «Dura Lexitor, sed lex». I costi upfront non esistono (oggi, domani, come ieri); critica di R. PARDOLESI, «Lexitor»: falsi positivi e altri incidenti di percorso; adesiva di S. PAGLIANTINI, In difesa di un’interpretazione adeguatrice senza se e senza ma; critica di A. PALMIERI, La limitazione del tempo delle pronunce della Corte di giustizia che, in materia contrattuale, innovano rispetto alla prassi degli stati membri: spunti di riflessione a partire dalla saga sul rimborso anticipato nel credito al consumo; critica, ma più che altro quanto al diverso criterio prescelto dalle direttive di indicazione del costo del credito tramite la formula dell’interesse composto, di G. COLANGELO, «Lexitor» e Corte costituzionale: esplode il contrasto tra il principio di proporzionalità e la formula esponenziale nel Taeg.

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