Nota a ABF, Collegio di Napoli, 10 maggio 2023, n. 4431.
Massima redazionale
La questione ha a oggetto l’accertamento dell’illegittimità della condotta tenuta dall’intermediario per la mancata sollecitudine nel dar riscontro a una richiesta di modifica delle condizioni applicate al rapporto di apertura di credito per anticipo fatture, nonché per la genericità delle motivazioni addotte a sostegno della delibera di diniego. Non è formulata alcuna domanda risarcitoria.
Più nello specifico, tra le parti era intercorrente un rapporto di apertura di credito su anticipo fatture, con un fido concesso nella misura del 20% delle fatture presentate e, in deroga (solo con riferimento a uno specifico cliente), nella misura del 100%. La ricorrente chiedeva di poter estendere tale deroga anche ad altro cliente di nuova acquisizione e in risposta la resistente dichiarava di non poter procedere alla revisione del fido, facendo riferimento alla presenza di «anomalie andamentali […] ben conosciute» al cliente, invitandolo, contestualmente, a concordare un appuntamento presso la filiale di riferimento, per ulteriori chiarimenti.
Ciò posto, il Collegio napoletano, nella decisione in commento, richiama il costante orientamento per cui, da un lato, non può dirsi esistente nei confronti dell’intermediario un obbligo di erogazione del credito, in quanto la valutazione del merito creditizio rimane prerogativa dell’istituto erogante[1]; del pari, dall’altro, resta fermo, in ogni caso, che, anche nell’esercizio dell’attività creditizia, l’intermediario è tenuto al rispetto degli obblighi di buona fede e correttezza.
Ebbene, sotto il primo profilo, è certo che l’Arbitro non possa «sostituirsi all’intermediario nella valutazione della convenienza di un’operazione creditizia, in quanto demandata alla discrezionalità di quest’ultimo»[2]. Ciò implica che è da escludere che possa essere ordinato alla Banca di procedere all’accoglimento della richiesta (trattandosi, per di più, di misura di tipo costitutivo), o che, alternativamente, possa essere accertato il diritto nei confronti dell’intermediario.
Sotto il profilo dell’accertamento dell’illegittimità della condotta tenuta dall’intermediario per violazione dei doveri di correttezza e degli obblighi informativi, «indubitabile è che anche nell’esercizio dell’attività creditizia “la discrezionalità tecnica di cui indiscutibilmente gli intermediari dispongono […] non può che svolgersi all’interno del perimetro segnato dai limiti di correttezza, buona fede e specifico grado di professionalità che l’ordinamento loro richiede, il che rende certamente sindacabile, limitatamente a tali profili, la condotta degli stessi nello svolgimento di tale attività»[3]. Invero, come rilevato dal Collegio di Coordinamento, non può non considerarsi altamente significativo che proprio il richiamo alla «correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti» sia stato attualmente assunto a sottotitolo delle disposizioni della Banca d’Italia sulla «trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari», «così, evidentemente, instaurandosi […] una stretta correlazione tra il perseguimento dell’obiettivo della “trasparenza” e la necessaria “correttezza” nello svolgimento del rapporto creditizio. Prospettiva, questa, del resto, chiaramente insita in quella stessa nuova intitolazione (“Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”) del titolo VI del TUB, a seguito della novellazione operata col d.lgs. n. 141/2010, sulla cui base si è senz’altro ritenuto di potere riassumere la conseguente promozione di uno spirito di collaborazione attiva dell’intermediario nei confronti del cliente – quale risultante sancita proprio in tema di “obblighi precontrattuali” dell’intermediario alla luce dell’art. 124 e, in particolare, del relativo comma 5, con la sua allusione al dovere di fornire sempre al consumatore “chiarimenti adeguati” – nel concetto di una sua doverosa “assistenza al consumatore” (par. 4.2.2.2 delle dianzi richiamate disposizioni della Banca d’Italia)»[4].
Il quadro è completato dal meccanismo di controllo sulle determinazioni degli intermediari in ordine alla erogazione del credito, almeno sotto il profilo della necessità, su richiesta dell’interessato, di «fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito». Lo stesso Collegio di Coordinamento risolve il contrasto d’interpretazioni sulle prescrizioni impartite dall’Autorità di Vigilanza con la Comunicazione del 22 ottobre 2007, secondo le quali, qualora, nell’ambito della propria autonomia gestionale, «decida di non accettare una richiesta di finanziamento, è necessario che l’intermediario fornisca riscontro con sollecitudine al cliente; nell’occasione, anche al fine di salvaguardare la relazione col cliente, andrà verificata la possibilità di fornire indicazioni generali sulle valutazioni che hanno indotto a non accogliere la richiesta di credito». Inoltre, «La specificità dell’indicazione delle motivazioni di esclusione del cliente dal credito si presenta, allora, come profilo imprescindibile della doverosa funzione che le risposte dell’intermediario sono destinate ad assumere ai fini dell’orientamento del cliente stesso nei suoi rapporti di credito presenti e futuri. Conseguentemente, è da ritenere indiscutibile l’attuale sussistenza di un diritto del cliente a ricevere indicazioni, anche se di carattere generale (in quanto applicazione di criteri elaborati per la generalità della clientela), ma pur sempre adeguatamente rapportate alle concrete circostanze individuali, circa le ragioni dell’eventuale diniego di credito».
In definitiva, l’intermediario deve comunicare al cliente le ragioni della mancata concessione del finanziamento, stante il diritto dello stesso «a ricevere indicazioni, anche se di carattere generale (in quanto applicazione di criteri elaborati per la generalità della clientela), ma pur sempre adeguatamente rapportate alle concrete circostanze individuali, circa le ragioni dell’eventuale diniego di credito», anche se tali chiarimenti non mettono in forse la insindacabilità degli orientamenti dell’intermediario in ordine alla concessione del credito, la sua facoltà, cioè, di valutare ogni richiesta di credito sulla base di criteri propri o delle caratteristiche personali del richiedente (anche con riguardo alla sua storia creditizia).
Ciò nondimeno, l’assolvimento di tali obblighi deve essere valutato in relazione ai singoli casi, secondo il grado di complessità dei processi decisionali di volta in volta implicati nell’erogazione del credito, ovvero la tipologia del finanziamento concretamente in discussione. Nel caso di specie, la determinazione della Banca (che non interferisce in maniera significativa sul rapporto esistente) è comunicata al cliente e, sia pure in maniera generica, risulta motivata, con rinvio alla sussistenza di «anomalie andamentali». Peraltro, la ricorrente non dava seguito alla contestuale manifestazione di disponibilità da parte della convenuta a rendere ulteriori chiarimenti, in un successivo incontro in presenza, presso la filiale. Per questo non può accertarsi la illegittimità della condotta della banca sotto i profili considerati.
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[1] Cfr. ABF, Collegio di Coordinamento, decisione n. 6182/2013; ABF, Collegio di Milano, n. 1934/2009; ABF, Collegio di Milano, n. 2683/2011.
[2] Cfr. ABF, Collegio di Coordinamento, n. 6182/2013.
[3] Cfr. ABF, Collegio di Roma, decisione n. 2625/2012.
[4] Cfr. ABF, Collegio di Coordinamento, n. 6182/2013.
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