Nota a Trib. Oristano, 7 aprile 2023.
Segnalazione a cura dell'Avv. Veronica Valeria Loi
La meritevolezza sottesa al sovraindebitamento.
In premessa, il Tribunale oristanese evidenzia come il sovraindebitamento non sia (perlomeno nella generalità dei casi) un fenomeno istantaneo, ma, per converso, il frutto di un percorso graduale di indebitamento; del pari, l’errata valutazione delle proprie capacità finanziarie (elemento presupposto di ogni situazione di sovraindebitamento) non è sempre equipollente a una condizione di colpa grave, nell’assunzione delle obbligazioni, preclusiva dell’ammissibilità per carenza di meritevolezza.
Peraltro, nella disciplina riformata, la finalità perseguita dal legislatore è quella di addivenire al bilanciamento tra il diritto dei creditori e la risoluzione dello stato di sovraindebitamento del debitore, per il tramite del criterio del minor sacrificio tra i beni contrapposti; al debitore è consentito l’accesso al beneficio (nel limite di due volte in tutta la vita, impregiudicata l’ipotesi di revoca dell’omologazione, ex art. 71 CCII), salvo il caso in cui sia stato in malafede al momento della stipula del contratto di finanziamento, ovvero in una fase precedente o nel corso della procedura abbia compiuto atti in frode ai creditori[1].
L’eziologia del sovraindebitamento: l’inferenza dei cc.dd. fattori esterni.
Ciò posto, il consumatore non può ritenersi immeritevole laddove, confidando sull’entità disponibile di reddito e patrimonio, abbia ritenuto di poter ragionevolmente pagare ogni debito contratto alla scadenza, finendo, contrariamento, per trovarsi in una condizione di sproporzione tra risorse e passività, non causata da una condotta gravemente imprudente. In tale ottica, a titolo esemplificativo, fattori esterni (ovverosia, non imputabili al debitore) sono stati ritenuti: la perdita del posto di lavoro; il calo inatteso dei redditi; la malattia di un familiare; una ludopatia certificata; la subita usura; un aggravio dei costi di sostentamento da crisi coniugale; il mancato incasso di crediti attesi.
Del pari, è suscettibile di positiva valutazione la circostanza che i finanziamenti contratti, anche se implicanti uno sforzo economico astrattamente superiore alle proprie disponibilità, siano stati in gran parte onorati, attraverso il pagamento rateale o la cessione del quinto dello stipendio, oppure, ancora, il fatto che, in alcuni casi, l’accesso al credito sia stato determinato dalla necessità stessa di dover estinguere debiti pregressi.
Tutto ciò premesso, nella vicenda de qua, le considerazioni dell’OCC, che ha escluso profili di colpa relativamente alle cause dell’indebitamento, hanno trovato riscontro anche in esito all’analisi della complessiva situazione debitoria di parte ricorrente, tenuto conto del carattere oggettivamente grave della patologia ludopatica accertata. Il giudice, senza soluzione di continuità con quanto statuito in circostanze non dissimili, ritiene che «Affinché i soggetti ludopatici possano accedere alla procedura di sovraindebitamento, è necessario che la ludopatia non integri una natura colposa, ma sia frutto di una effettiva patologia, preferibilmente oggetto di riscontro anche da parte dell’unità sanitaria locale. È necessario, quindi, documentare che una simile condizione di disturbo renda il sovraindebitato inconsapevole dei rischi finanziari derivanti dalla frequentazione delle sale giochi a fronte della necessità di sottoporsi ad un apposito programma terapeutico»[2]. Invero, occorre porre in essere una distinzione tra l’eventualità in cui il debitore – sovraindebitato sia stato o sia ancora semplicemente dedito al gioco d’azzardo, da quella in cui sia affetto da un vero e proprio disturbo patologico. A tal riguardo, in ossequio alle Linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da gioco d’azzardo patologico (GAP), il gioco d’azzardo è caratterizzato dalla presenza determinante del fattore caso e, contestualmente, dall’assenza del fattore abilità.
Il Tribunale di Torino[3] ha omologato una proposta di piano del consumatore, presentata da soggetto sovraindebitato a causa di un accertato disturbo di gioco d’azzardo patologico, riconoscendo, in capo al consumatore, l’assenza di colpa nella causazione dell’indebitamento e del sovraindebitamento: «pur avendo … dato luogo al proprio sovraindebitamento, tuttavia risulta avere tenuto detto comportamento incolpevolmente per effetto di una vera e propria patologia psichiatrica – la ludopatia – che ha peraltro affrontato sottoponendosi volontariamente alle necessarie cure».
La valutazione del merito creditizio, tra prudenza e diligenza professionale.
Nel caso attenzionato, il giudice rileva una condotta negligente dell’Istituto di credito finanziatore nella valutazione del merito creditizio del debitore – sovraindebitato, con violazione dell’art. 124bis TUB. Difatti, la circostanza che la ricorrente, “probabilmente attanagliata dalla malattia e dalla disperazione”, abbia dichiarato, in sede di sottoscrizione del contratto di finanziamento, apponendo una crocetta, di non essere gravata da altri, pregressi, finanziamenti, non può costituire elemento esimente, per la Banca, dell’effettuazione di autonomi controlli e verifiche patrimoniali. In altri termini, l’Istituto si è limitato a chiedere al consumatore la compilazione di un questionario inerente (tra le altre domande) alla pregressa esposizione debitoria, con una grave carenza istruttoria e documentale.
Affinché la raccolta di informazioni possa ritenersi adeguata, questa deve essere tale da “fornire al professionista un quadro completo sul merito creditizio”, per implementare la “prudenza”, prevista dall’art. 5 TUB, e la diligenza (professionale), ex art. 1176, comma 2, c.c. Per il corretto svolgimento della valutazione del merito creditizio è necessaria l’acquisizione di informazioni che siano effettivamente e concretamente adeguate. In tal guisa, il catalogo dei canali di reperibilità delle informazioni occorrenti deve intendersi aperto e non chiuso; al contempo, sarebbe incongruo ridurre la portata della formula “informazioni fornite dal consumatore” alle sole dichiarazioni rese da questo, trascurando tutte quelle ritraibili dai documenti eventualmente richiestigli. D’altro canto, non potrebbe comprenderebbe la differenza di regime tra la rigorosità della disciplina per il credito immobiliare, ex art. 120undecies TUB, e una più superficiale e approssimativa per il credito al consumo.
In definitiva, il contegno omissivo del consumatore non pregiudica l’omologa del piano presentato, laddove, come nel caso di specie, si sia accertata una condotta negligente e non conformata al canone di diligenza professionale da parte del finanziatore.
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[1] Cfr. Trib. Napoli, 26.03.2021.
[2] Cfr. Trib. Catania, 11.08.2020.
[3] Il riferimento è a Trib. Torino, 08.06.2016.
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento.