5 min read

Nota a ABF, Collegio di Torino, 14 marzo 2022, n. 4251.

di Donato Giovenzana

 

Parte ricorrente – un consorzio di condomini – contesta alla banca resistente di aver pagato n. 35 assegni tratti dall’ex amministratore sul conto corrente intestato all’ente, nonostante i titoli in questione presentassero un’irregolarità nella firma di traenza, contenendo soltanto una firma scarsamente leggibile, riferibile all’ex amministratore infedele, e non anche la denominazione e il timbro del condominio per conto del quale lo stesso operava.

Nel reclamo sono indicati gli estremi (n. assegno, data, importo e nome beneficiario) dei titoli controversi e, in sede di repliche, è prodotta copia fronte/retro dei titoli stessi. Gli assegni risultano essere stati utilizzati tra il 2011 e il 2017. Tra i beneficiari vi sono sia persone fisiche, tra cui sia professionisti, sia persone giuridiche (Società agricola, altri condomini, ecc.) e tutti gli assegni recano la medesima firma di traenza e non riportano la denominazione o il timbro o qualsiasi altro riferimento del condominio istante. Inoltre, in alcuni dei titoli, assegni bancari non trasferibili, la medesima firma appare apposta sia sul fronte, ove dovrebbe comparire la firma di traenza, che sul retro, ove dovrebbe apparire la firma dell’unico soggetto che può incassare un assegno non trasferibile, ossia il beneficiario.

Ciò posto, il Collegio richiama l’art. 11 del Regio decreto del 21/12/1933 – N. 1736 (L. assegni) a norma del quale “Ogni sottoscrizione deve contenere il nome e il cognome o la ditta di colui che si obbliga. È valida tuttavia la sottoscrizione nella quale il nome sia abbreviato o indicato con la sola iniziale.” In diverse occasioni la giurisprudenza di legittimità ha affrontato il tema della responsabilità della banca per il pagamento di assegni con firma del rappresentante di persone giuridiche senza indicazione del soggetto rappresentato. In particolare, il Collegio richiama, fra le altre, la decisione con cui la Suprema Corte (Cassazione civile, sez. I, decisione n. 13463 del 09/06/2006) ha confermato il principio in base al quale l’art. 11 L. assegni “è .. applicabile anche agli enti in generale” e, pertanto, anche al caso in esame. Precisa inoltre la Corte che “essendo la ratio di tale norma quella di consentire la chiara, certa ed univoca identificazione del soggetto che sottoscrive (sul punto Corte di Cassazione, decisioni n. 1469/77 e n. 7761/2004), così obbligandosi in via cartolare, per gli enti ciò può avvenire solo se, accanto alla firma o sigla del rappresentante, risulti la menzione della denominazione sociale (con riferimento appunto a qualsiasi tipo di ente), e ciò proprio al fine di stabilire il collegamento “funzionale” tra chi sottoscrive e l’ente in nome e per conto del quale avviene la sottoscrizione”.

Ne consegue che gli assegni oggetto di contestazione, emessi sul conto di un ente senza alcuna indicazione cartolare relativa allo stesso, si devono considerare emessi senza autorizzazione (in tal senso già Collegio di Bari, decisione n. 23346/2019; Collegio di Roma, decisione n. 16045/2021), con conseguente responsabilità per colpa grave in capo alla banca trattaria ed obbligo di rimborso delle somme pagate.

L’intermediario resistente non nega di aver pagato gli assegni per quanto privi dell’indicazione dell’ente emittente ma svolge le sue difese negando la propria responsabilità in relazione ad irregolarità rinvenibili dalla materialità dei titoli in quanto trattasi di assegni negoziati con procedura di check truncation, che comporta, per gli assegni di importo contenuto, la trasmissione al trattario dei soli dati relativi all’assegno e non anche dell’immagine dello stesso. Sul punto, in base al consolidato orientamento dei Collegi territoriali ABF, “[…] l’utilizzo della procedura di check truncation non vale ad escludere la responsabilità della banca emittente per il mancato espletamento della verifica della regolarità formale del titolo. Ciò in quanto tale procedura è adottata dagli intermediari su base squisitamente volontaria ed è finalizzata a soddisfare esigenze di economicità degli intermediari stessi, pertanto ogni rischio connesso al minor livello di controllo che essa comporta, posto che con tale procedure la banca omette la verifica materiale della regolarità del titolo, non può che ricadere in capo all’intermediario stesso (cfr. in tal senso Collegio di Milano, decisione n. 2989/2015; Collegio di Napoli, decisione n. 16436/2020).

Né può ritenersi dirimente la circostanza, invocata dalla resistente, di una avvenuta ratifica dell’operato dell’ex amministratore ad opera del Consorzio, richiamando, pur non espressamente, la disciplina dell’art. 1399 c.c., collocato nel capo del codice civile relativo alla rappresentanza.

Il Collegio sul punto richiama la pronuncia della Suprema Corte (Corte di Cassazione, decisione n. 17269/2013) con la quale, valorizzando i caratteri peculiari dei titoli di credito (autonomia e letteralità) e delle obbligazioni cambiarie, la Corte ha chiarito che nel caso di mancato rispetto dei requisiti imposti dall’art. 11 L. assegni non sono applicabili le norme generali sulla rappresentanza. Da ciò consegue inoltre che non può valutarsi come rilevante neppure la circostanza che il consorzio istante fosse eventualmente al corrente della prassi operativa dell’ex amministratore nella sottoscrizione degli assegni, circostanza in ogni caso non provata, né che contesti selettivamente, e correttamente, solo il pagamento di alcuni di questi, cioè quelli ad esso non riconducibili.

Di conseguenza, considerato che gli assegni oggetto di contestazione recano tutti una sigla di traenza senza indicazione di alcun tipo relativamente all’ente emittente, la banca, avendo indebitamente proceduto al loro pagamento, è tenuta a rimborsarne il relativo complessivo ammontare all’entità titolare del conto, sempre tenuto conto, come sopra visto e come eccepito dalla parte resistente, della prescrizione in relazione all’assegno n. ****5566, datato 19/04/2011, dell’importo di € 1.500,00.

 

Qui la decisione.

Seguici sui social: