Nota a ABF, Collegio di Napoli, 3 gennaio 2022, n. 128.
Massima redazionale
Con la recente decisione in oggetto, il Collegio napoletano ha evidenziato come, nei casi di sproporzione genetica, la condotta della Banca finalizzata a ottenere, all’atto della sottoscrizione del contratto, il rilascio di garanzie ultronee e non necessarie sia destinata a soccombere all’atto dello scrutinio di legittimità, alla stregua dei criteri di correttezza e buona fede, cui deve evidentemente uniformarsi il comportamento delle parti nel corso delle trattative contrattuali, in modo tale da impedire la pattuizione di condizioni contrattuali del tutto irragionevoli ed ingiustificate[1]. Senza soluzione di continuità, la giurisprudenza di legittimità[2] ha stigmatizzato, in termini di abuso del diritto, la condotta del creditore che si traduca nel porre in essere una sproporzione originaria tra garanzie e credito garantito.
Ciò precisato, risulta documentalmente comprovato che il valore del mutuo fosse pari a € 350.000,00 e a garanzia della restituzione di capitale, interessi e accessori fosse stata costituita un’ipoteca per un valore complessivo di € 700.000,00, oltre che pegno per un valore complessivo di € 100.000,00. Il Collegio ritiene, in virtù di quanto precisato, che, nel caso di specie, l’eccesso di garanzia preteso dalla resistente risulti per tabulas dalle dichiarazioni contrattuali sottoscritte dalla Banca stessa. A fronte dell’evidente sovrabbondanza dell’ipoteca rispetto all’ammontare del debito, nessuna funzione concreta può attribuirsi all’ulteriore garanzia pignoratizia, che dunque deve ritenersi nulla per mancanza di causa.
Qui la decisione.
[1] Cfr. ABF, Collegio di Roma, n. 2359/2011.
[2] Cfr. Cass., 05.04.2016, n. 6533.