Cass. Civ., Sez. VI, Ordinanza n. 16406 del 21.06.2018, rel. Falabella
di Chironi Marco
SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Fatti di causa 3. Questioni di diritto. 4. Conclusioni
- Premessa
La Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla questione dei contratti ‘monofirma’, confermando il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con le sent. del 23 gennaio 2018 n. 1653 e del 16 gennaio 2018 n. 898. In altri termini i giudici di legittimità reputano rispettato il requisito di forma ad substantiam prescritto dagli artt. 117 T.u.b. e 23 T.u.f. per la validità dei contratti bancari e finanziari, pur in difetto della sottoscrizione del contratto dall’istituto bancario, considerando ciò un aspetto superfluo.
Nell’ordinanza in questione, gli ermellini chiariscono come la ratio delle due norme sia analoga e come pertanto tale principio di diritto debba essere applicato anche alle fattispecie dei contratti bancari.
Viene inoltre ribadito come l’art. 1284 c.c. si debba applicare ai rapporti precedenti all’entrata in vigore della L. 145/1992 sulla trasparenza bancaria.
- Fatti di causa
Il processo civile – azionato dalla SRL – riguarda un rapporto di conto corrente intrattenuto dalla società con l’istituto bancario, durante il quale – secondo l’istante – sono stati operati pagamenti indebiti.
A seguito della condanna – in primo grado – della convenuta al pagamento della somma di € 52.941,43, la banca proponeva gravame, all’esito del quale la Corte di Appello di Salerno, riformando la sentenza impugnata, dichiarava l’appellante debitrice nei confronti della società per la somma di € 20.664,71. Contro detta sentenza n. 715/2016, la società proponeva ricorso per cassazione, articolandolo con tre motivi. L’istituto bancario resisteva con controricorso e spiegava l’impugnazione incidentale articolandola con due motivi.
Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 23 T.u.f. (d. lgs. n. 58/1998) e degli artt. 1321ss, 1418 c.c., nonché del combinato disposto degli artt. 1284 e 1987 cc.
Il ricorrente evidenzia come il contratto di apertura di credito in cui erano indicati i tassi di interesse – ai sensi dell’art. 117 comma 4 T.U.B. – non conteneva la sottoscrizione dell’istituto di credito. Di conseguenza, la società chiedeva di dichiararsi nulla la (omessa) pattuizione sull’interesse ultralegale, alla luce del dell’art. 1987 c.c., data la sua natura di impegno unilaterale della società correntista.
Col secondo motivo di impugnazione viene lamentata la violazione dell’art. 345 c.p., in quanto la doglianza sollevata dalla banca in grado di appello, vertente sull’esistenza della pattuizione degli interessi ultralegali, aveva carattere di novità e ciò sarebbe inammissibile per il principio di divieto dei nova in appello.
Il terzo motivo riguarda l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, con violazione dell’art. 116 c.p.c. Per il ricorrente, dalla lettera di apertura di credito non si poteva ricavare la pattuizione delle condizioni economiche del conto e pertanto al rapporto sarebbe dovuto essere applicato l’interesse legale di cui all’art. 1284 c.c. fino all’8 luglio del 1992, e nel periodo successivo il tasso sostitutivo previsto dall’art. 5 l. n. 154/1992. Secondo i ricorrenti, la Corte di merito aveva errato nella parte in cui avrebbe dovuto procedere alla completa espunzione degli interesse anatocistici, laddove di contro, il Tribunale aveva ritenuto di addebitare alla correntista la capitalizzazione annuale.
- Questioni di diritto
La Corte procede con la previa analisi del secondo motivo, rilevando come questo fosse infondato, stante la mancanza del connotato della novità. Infatti la domanda attrice era fondata solo sulla nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi. Rebus sic stantibus in sede di appello la banca si doleva dell’erronea considerazione da parte del Tribunale, del calcolo elaborato, sul presupposto della mancanza di una pattuizione degli interessi, che invece la banca intendeva legittimamente provare, traendo spunto proprio dalla sentenza di prime cure che, in assenza di specifiche doglianze dell’attrice quanto all’applicazione dell’interesse ultralegale, aveva applicato l’interesse di legge.
In ogni caso, quand’anche si fosse trattato di una novità, sarebbe potuto essere rilevabile d’ufficio ex art. 345 c.p.c.[1]
Il primo motivo è di notevole interesse, ma viene anch’esso disatteso. Il problema inerisce ad un tema che ha suscitato vivaci dibattiti in dottrina e giurisprudenza, attinente la questione dei contratti ‘monofirma’[2] e su cui solo recentemente la Suprema Corte a Sezioni Unite – con due recenti pronunce[3] – si è così pronunciata affermando la non necessaria sottoscrizione dell’istituto bancario per la validità del contratto-quadro ai sensi dell’art. 23 t.u.f.: “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dall’art.23 del d.lgs. 24/2/1998, n. 58, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.
Sebbene tale principio sia stato reso in materia di contratti di intermediazione finanziaria, è incontestabile ed incontrovertibile che operi anche in materia dei contratti bancari soggetti al d.lgs n. 385/1993 (T.u.b)[4]. Si osserva infatti, che l’art. 117 comma 1 prevede una formula del tutto sovrapponibile a quella dell’art. 23 T.u.f.
Si aggiunga che anche la ratio[5] delle norme risulta analoga ed a ciò non può ostare l’introduzione ad opera del d.lgs. n. 141/2010, della previsione del rilievo officioso della nullità, in quanto tale previsione è consentita sempreché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una ragione più liquida in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale[6].
Inoltre la Corte ridimensiona il dato della sottoscrizione del documento contrattuale anche nella prospettiva dell’applicazione dell’art. 1284[7], comma 3, secondo cui gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti sono dovuti nella misura legale.
L’art. 1284 c.c. è qui rilevante ed operante in quanto si applica alla prima parte del rapporto, ovvero fino all’entrata in vigore[8] della l. n. 145/1992 sulla trasparenza bancaria. Se è vero che la norma richieda un accordo contrattuale, non essendo sufficiente la sola dichiarazione unilaterale del debitore, è comunque fatto salvo che questa sia utilizzata ed accettata ex adverso proprio ai fini del perfezionamento dell’accordo[9].
Il terzo motivo è infondato in quando il ricorrente non propose appello incidentale contro la sentenza di primo grado ma prestò acquiescenza, determinando il passaggio in giudicato di quel capo.
I due motivi di ricorso incidentale, secondo la Suprema Corte sono entrambi inammissibili. Infatti il primo, attinente alla prescrizione, risulta assorbito poiché la domanda di ripetizione è stata respinta in appello; l’altro, riguardante l’omessa pronuncia sul motivo di appello circa il ricalcolo delle rimesse bancarie, è anch’esso inammissibile in quanto non è chiaro il motivo di gravame fatto valere in appello, che in ogni caso non è stato riproposto nel controricorso né si comprende perchè sia stato disatteso dalla Corte di merito.
Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità.
- Conclusioni
Il ragionamento della Suprema Corte di estendere il principio di diritto enunciato a proposito dell’art. 23 T.U.F. anche all’art. 117 T.U.B. appare convincente e condivisibile, in quanto un’eventuale difformità di giudizio sarebbe stata difficilmente giustificabile ed argomentabile e avrebbe comportato confusione ed incertezze giuridiche che avrebbero determinato effetti economici negativi.
[1] Le eccezioni in senso stretto, ovvero rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano solo nelle fattispecie tipiche per cui è espresso tale potere o nel caso in cui il fatto corrisponda all’esercizio di un diritto potestativo. Cfr. Cass. 30 giugno 2015, n. 13335, Cass. 5 agosto 2013, n. 18602.
[2] V. Cass. Civ., Sez. I, 27 aprile 2017, n. 10447, con nota di A. Tucci, Una pura formalità. Dalla struttura alla funzione del neo-formalismo contrattuale., in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 5, 2017, 543. V. anche D. MAFFEIS, La forma responsabile verso le Sezioni Unite:nullità come sanzione civile per i contratti bancari e di investimento che non risultano sottoscritti dalla banca, in Contratti,fasc. 4, 2017, p.398.; M. GIROLAMI, Contratti di investimento non sottoscritti dall’intermediario: la parola alle Sezioni Unite., in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 5, 2017, 554; M. GIROLAMI, Doppia firma e doppio esemplare nei contratti finanziari: il dubbio della suprema corte, in www.ilcaso.it .; E. PANZARINI, Un’ordinanza passatista (sulla forma dei contratti del comparto finanziario), in Riv. Dir. Bancario, dirittobancario.it,12, 2017.; Sul punto, M. MORESCO, Forma informativa, sottoscrizione della parte protetta e abuso del diritto, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 35, 2018; A. FODRA, I mutevoli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia bancaria, in Questione Giustizia, 31 maggio 2016.; CATALANO, Contratti solenni, forma scritta, ad substantiam in funzione protettiva ed equipollenti della sottoscrizione: note critiche, in Banca, borsa, tit. credito, 2016, II, 25. In senso contrario v. M. MAGGIOLO, Servizi ed attività di investimento, in Trattato Cicu-Messineo continuato da P. Schlesinger, Milano, 2012, 472.
[3] Cass. Sez. U. 23 gennaio 2018, n. 1653; Cass. Sez. U. 16 gennaio 2018, n 898, con nota di A. ZURLO, su questo sito.
[4] Sull’applicabilità del principio di diritto anche all’art. 117 T.U.B. v. già prima della sent. Delle S.U. D. MAFFEIS, La forma responsabile verso le Sezioni Unite:nullità come sanzione civile per i contratti bancari e di investimento che non risultano sottoscritti dalla banca, in Contratti,fasc. 4, 2017, p.398, v. anche Cass. Civ. Sez. VI, sent. del 17 maggio 2018 n. 12087, in Giuffré.
[5] L’art. 117 T.u.b e 23 T.u.f. vengono lette in chiave funzionale. La ratio delle norme risiederebbe nella tutela del cliente, cercando di garantire un’estesa e approfondita conoscenza, che dovrebbe permettere una maggiore consapevolezza del contratto che sottoscrive. In quest’ottica lo scopo della norma è raggiunto con la redazione per iscritto del contratto e con la firma dell’investitore, risultando superflua la sottoscrizione dell’intermediario.
In senso critico v. D. MAFFEIS, ult. op. cit.
[6] Sul punto v. Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014 n. 26243; Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, n. 26242.
[7] Sul tema v. A. DI MAJO, La forma del tasso ultralegale di interessi nei rapporti bancari, in Studi in onore di M. GIORGIANNI, a cura di P. PERLINGIERI, Napoli, 1988.; in senso contrario P. TARTAGLIA, La forma nel patto di interessi in misura ultralegale, in Studi in onore di M. GIORGIANNI, a cura di P. PERLINGIERI, Napoli, 1988., p. 786ss.; Cass. 11 gennaio 2006, n. 266, Dir. E giust. 2006, 11, 56
[8] In giurisprudenza è stato dibattuto il regime di applicabilità del tasso sostitutivo in rapporti precedenti all’entrata in vigore del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, lamentando la violazione dell’art. 3 Cost. Sebbene la giurisprudenza non fosse inizialmente univoca, l’opinione che è prevalsa è stata quella di applicare la disciplina esaminata nel precedente paragrafo dell’art. 1284 c.c. comma 3, che prevede che nel caso in cui si applichino interessi superiori alla misura legale e questi non siano determinati per iscritto, sono dovuti nella misura legale, mettendo dunque un punto certo sull’irretroattività dell’art. 117 T.u.b. comma 7. V. Una parte di giurisprudenza optava per l’applicazione dell’art. 117 T.u.b anche per i contratti stipulati precedentemente all’entrata in vigore della L. 154/1992. V. Cass. Civ. n. 204/97, Cass. Civ. n. 6247/98, Cass. Civ. n. 17338/02, Cass. Civ. n. 14684/03, Cass. Civ. n. 13823/03, e in particolare Cass. Civ. n. 14684/03; in senso contrario, poi prevalso, Cass. Civ. Sez. I n. 11466/08, Trib. Torino, n. 450/10, Trib. Lecce, 16/12/09, Corte d’Appello di Napoli Sez. II n.1514/08, in quanto l’art. 161 del D.Lgs. 385/93 prevede, per i contratti in essere, l‟applicazione delle norme anteriori.
[9] Cass. 5 novembre 1991, n. 11757, in Giur.it, 1992, I, 1, 1783.
Qui la pronuncia: Cass. Civ., Sez I, Ordinanza n. 16406 del 21.06.2018
Cass. Civ., Sez. VI, Ordinanza n. 16406 del 21.06.2018, rel. Falabella
di Chironi Marco
La Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla questione dei contratti ‘monofirma’, confermando il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite con le sent. del 23 gennaio 2018 n. 1653 e del 16 gennaio 2018 n. 898. In altri termini i giudici di legittimità reputano rispettato il requisito di forma ad substantiam prescritto dagli artt. 117 T.u.b. e 23 T.u.f. per la validità dei contratti bancari e finanziari, pur in difetto della sottoscrizione del contratto dall’istituto bancario, considerando ciò un aspetto superfluo.
Nell’ordinanza in questione, gli ermellini chiariscono come la ratio delle due norme sia analoga e come pertanto tale principio di diritto debba essere applicato anche alle fattispecie dei contratti bancari.
Viene inoltre ribadito come l’art. 1284 c.c. si debba applicare ai rapporti precedenti all’entrata in vigore della L. 145/1992 sulla trasparenza bancaria.
Il processo civile – azionato dalla SRL – riguarda un rapporto di conto corrente intrattenuto dalla società con l’istituto bancario, durante il quale – secondo l’istante – sono stati operati pagamenti indebiti.
A seguito della condanna – in primo grado – della convenuta al pagamento della somma di € 52.941,43, la banca proponeva gravame, all’esito del quale la Corte di Appello di Salerno, riformando la sentenza impugnata, dichiarava l’appellante debitrice nei confronti della società per la somma di € 20.664,71. Contro detta sentenza n. 715/2016, la società proponeva ricorso per cassazione, articolandolo con tre motivi. L’istituto bancario resisteva con controricorso e spiegava l’impugnazione incidentale articolandola con due motivi.
Il primo motivo del ricorso principale denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 23 T.u.f. (d. lgs. n. 58/1998) e degli artt. 1321ss, 1418 c.c., nonché del combinato disposto degli artt. 1284 e 1987 cc.
Il ricorrente evidenzia come il contratto di apertura di credito in cui erano indicati i tassi di interesse – ai sensi dell’art. 117 comma 4 T.U.B. – non conteneva la sottoscrizione dell’istituto di credito. Di conseguenza, la società chiedeva di dichiararsi nulla la (omessa) pattuizione sull’interesse ultralegale, alla luce del dell’art. 1987 c.c., data la sua natura di impegno unilaterale della società correntista.
Col secondo motivo di impugnazione viene lamentata la violazione dell’art. 345 c.p., in quanto la doglianza sollevata dalla banca in grado di appello, vertente sull’esistenza della pattuizione degli interessi ultralegali, aveva carattere di novità e ciò sarebbe inammissibile per il principio di divieto dei nova in appello.
Il terzo motivo riguarda l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, con violazione dell’art. 116 c.p.c. Per il ricorrente, dalla lettera di apertura di credito non si poteva ricavare la pattuizione delle condizioni economiche del conto e pertanto al rapporto sarebbe dovuto essere applicato l’interesse legale di cui all’art. 1284 c.c. fino all’8 luglio del 1992, e nel periodo successivo il tasso sostitutivo previsto dall’art. 5 l. n. 154/1992. Secondo i ricorrenti, la Corte di merito aveva errato nella parte in cui avrebbe dovuto procedere alla completa espunzione degli interesse anatocistici, laddove di contro, il Tribunale aveva ritenuto di addebitare alla correntista la capitalizzazione annuale.
La Corte procede con la previa analisi del secondo motivo, rilevando come questo fosse infondato, stante la mancanza del connotato della novità. Infatti la domanda attrice era fondata solo sulla nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi. Rebus sic stantibus in sede di appello la banca si doleva dell’erronea considerazione da parte del Tribunale, del calcolo elaborato, sul presupposto della mancanza di una pattuizione degli interessi, che invece la banca intendeva legittimamente provare, traendo spunto proprio dalla sentenza di prime cure che, in assenza di specifiche doglianze dell’attrice quanto all’applicazione dell’interesse ultralegale, aveva applicato l’interesse di legge.
In ogni caso, quand’anche si fosse trattato di una novità, sarebbe potuto essere rilevabile d’ufficio ex art. 345 c.p.c.[1]
Il primo motivo è di notevole interesse, ma viene anch’esso disatteso. Il problema inerisce ad un tema che ha suscitato vivaci dibattiti in dottrina e giurisprudenza, attinente la questione dei contratti ‘monofirma’[2] e su cui solo recentemente la Suprema Corte a Sezioni Unite – con due recenti pronunce[3] – si è così pronunciata affermando la non necessaria sottoscrizione dell’istituto bancario per la validità del contratto-quadro ai sensi dell’art. 23 t.u.f.: “Il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dall’art.23 del d.lgs. 24/2/1998, n. 58, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell’investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell’intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti”.
Sebbene tale principio sia stato reso in materia di contratti di intermediazione finanziaria, è incontestabile ed incontrovertibile che operi anche in materia dei contratti bancari soggetti al d.lgs n. 385/1993 (T.u.b)[4]. Si osserva infatti, che l’art. 117 comma 1 prevede una formula del tutto sovrapponibile a quella dell’art. 23 T.u.f.
Si aggiunga che anche la ratio[5] delle norme risulta analoga ed a ciò non può ostare l’introduzione ad opera del d.lgs. n. 141/2010, della previsione del rilievo officioso della nullità, in quanto tale previsione è consentita sempreché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una ragione più liquida in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale[6].
Inoltre la Corte ridimensiona il dato della sottoscrizione del documento contrattuale anche nella prospettiva dell’applicazione dell’art. 1284[7], comma 3, secondo cui gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto, altrimenti sono dovuti nella misura legale.
L’art. 1284 c.c. è qui rilevante ed operante in quanto si applica alla prima parte del rapporto, ovvero fino all’entrata in vigore[8] della l. n. 145/1992 sulla trasparenza bancaria. Se è vero che la norma richieda un accordo contrattuale, non essendo sufficiente la sola dichiarazione unilaterale del debitore, è comunque fatto salvo che questa sia utilizzata ed accettata ex adverso proprio ai fini del perfezionamento dell’accordo[9].
Il terzo motivo è infondato in quando il ricorrente non propose appello incidentale contro la sentenza di primo grado ma prestò acquiescenza, determinando il passaggio in giudicato di quel capo.
I due motivi di ricorso incidentale, secondo la Suprema Corte sono entrambi inammissibili. Infatti il primo, attinente alla prescrizione, risulta assorbito poiché la domanda di ripetizione è stata respinta in appello; l’altro, riguardante l’omessa pronuncia sul motivo di appello circa il ricalcolo delle rimesse bancarie, è anch’esso inammissibile in quanto non è chiaro il motivo di gravame fatto valere in appello, che in ogni caso non è stato riproposto nel controricorso né si comprende perchè sia stato disatteso dalla Corte di merito.
Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Il ragionamento della Suprema Corte di estendere il principio di diritto enunciato a proposito dell’art. 23 T.U.F. anche all’art. 117 T.U.B. appare convincente e condivisibile, in quanto un’eventuale difformità di giudizio sarebbe stata difficilmente giustificabile ed argomentabile e avrebbe comportato confusione ed incertezze giuridiche che avrebbero determinato effetti economici negativi.
[1] Le eccezioni in senso stretto, ovvero rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano solo nelle fattispecie tipiche per cui è espresso tale potere o nel caso in cui il fatto corrisponda all’esercizio di un diritto potestativo. Cfr. Cass. 30 giugno 2015, n. 13335, Cass. 5 agosto 2013, n. 18602.
[2] V. Cass. Civ., Sez. I, 27 aprile 2017, n. 10447, con nota di A. Tucci, Una pura formalità. Dalla struttura alla funzione del neo-formalismo contrattuale., in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 5, 2017, 543. V. anche D. MAFFEIS, La forma responsabile verso le Sezioni Unite:nullità come sanzione civile per i contratti bancari e di investimento che non risultano sottoscritti dalla banca, in Contratti,fasc. 4, 2017, p.398.; M. GIROLAMI, Contratti di investimento non sottoscritti dall’intermediario: la parola alle Sezioni Unite., in Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 5, 2017, 554; M. GIROLAMI, Doppia firma e doppio esemplare nei contratti finanziari: il dubbio della suprema corte, in www.ilcaso.it .; E. PANZARINI, Un’ordinanza passatista (sulla forma dei contratti del comparto finanziario), in Riv. Dir. Bancario, dirittobancario.it,12, 2017.; Sul punto, M. MORESCO, Forma informativa, sottoscrizione della parte protetta e abuso del diritto, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 35, 2018; A. FODRA, I mutevoli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia bancaria, in Questione Giustizia, 31 maggio 2016.; CATALANO, Contratti solenni, forma scritta, ad substantiam in funzione protettiva ed equipollenti della sottoscrizione: note critiche, in Banca, borsa, tit. credito, 2016, II, 25. In senso contrario v. M. MAGGIOLO, Servizi ed attività di investimento, in Trattato Cicu-Messineo continuato da P. Schlesinger, Milano, 2012, 472.
[3] Cass. Sez. U. 23 gennaio 2018, n. 1653; Cass. Sez. U. 16 gennaio 2018, n 898, con nota di A. ZURLO, su questo sito.
[4] Sull’applicabilità del principio di diritto anche all’art. 117 T.U.B. v. già prima della sent. Delle S.U. D. MAFFEIS, La forma responsabile verso le Sezioni Unite:nullità come sanzione civile per i contratti bancari e di investimento che non risultano sottoscritti dalla banca, in Contratti,fasc. 4, 2017, p.398, v. anche Cass. Civ. Sez. VI, sent. del 17 maggio 2018 n. 12087, in Giuffré.
[5] L’art. 117 T.u.b e 23 T.u.f. vengono lette in chiave funzionale. La ratio delle norme risiederebbe nella tutela del cliente, cercando di garantire un’estesa e approfondita conoscenza, che dovrebbe permettere una maggiore consapevolezza del contratto che sottoscrive. In quest’ottica lo scopo della norma è raggiunto con la redazione per iscritto del contratto e con la firma dell’investitore, risultando superflua la sottoscrizione dell’intermediario.
In senso critico v. D. MAFFEIS, ult. op. cit.
[6] Sul punto v. Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014 n. 26243; Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, n. 26242.
[7] Sul tema v. A. DI MAJO, La forma del tasso ultralegale di interessi nei rapporti bancari, in Studi in onore di M. GIORGIANNI, a cura di P. PERLINGIERI, Napoli, 1988.; in senso contrario P. TARTAGLIA, La forma nel patto di interessi in misura ultralegale, in Studi in onore di M. GIORGIANNI, a cura di P. PERLINGIERI, Napoli, 1988., p. 786ss.; Cass. 11 gennaio 2006, n. 266, Dir. E giust. 2006, 11, 56
[8] In giurisprudenza è stato dibattuto il regime di applicabilità del tasso sostitutivo in rapporti precedenti all’entrata in vigore del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, lamentando la violazione dell’art. 3 Cost. Sebbene la giurisprudenza non fosse inizialmente univoca, l’opinione che è prevalsa è stata quella di applicare la disciplina esaminata nel precedente paragrafo dell’art. 1284 c.c. comma 3, che prevede che nel caso in cui si applichino interessi superiori alla misura legale e questi non siano determinati per iscritto, sono dovuti nella misura legale, mettendo dunque un punto certo sull’irretroattività dell’art. 117 T.u.b. comma 7. V. Una parte di giurisprudenza optava per l’applicazione dell’art. 117 T.u.b anche per i contratti stipulati precedentemente all’entrata in vigore della L. 154/1992. V. Cass. Civ. n. 204/97, Cass. Civ. n. 6247/98, Cass. Civ. n. 17338/02, Cass. Civ. n. 14684/03, Cass. Civ. n. 13823/03, e in particolare Cass. Civ. n. 14684/03; in senso contrario, poi prevalso, Cass. Civ. Sez. I n. 11466/08, Trib. Torino, n. 450/10, Trib. Lecce, 16/12/09, Corte d’Appello di Napoli Sez. II n.1514/08, in quanto l’art. 161 del D.Lgs. 385/93 prevede, per i contratti in essere, l‟applicazione delle norme anteriori.
[9] Cass. 5 novembre 1991, n. 11757, in Giur.it, 1992, I, 1, 1783.
Qui la pronuncia: Cass. Civ., Sez I, Ordinanza n. 16406 del 21.06.2018
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Info sull'autore
Associato dello Studio Legale "Greco Gigante & Partners" (https://studiolegalegrecogigante.it/). Dottorando di ricerca presso l'Università di Bergamo. Assegnista di ricerca e Cultore della materia di Diritto Privato e di Diritto del Risparmio, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università del Salento.