Cass. Civ., sez. I, ordinanza n. 372 del 10.01.2018
di Pennetta Valerio Maria
L’ordinanza affronta il tema relativo alla qualificazione giuridica della condotta dell’intermediario bancario che, per errore, scrittura per due volte in conto, nella colonna “a credito” del cliente, la somma derivante dall’effettuazione di una sola operazione. Il punto controverso della causa consiste, come detto, nella qualificazione giuridica del fatto che, secondo il ricorrente, andrebbe ricondotto alla fattispecie di cui l’art. 1832 c. 2 c.c. (errore di scritturazione[1]), e non, come invece ha affermato il Tribunale di Como nella sentenza 101/2006 (poi confermata dalla Corte d’appello di Milano, con la sentenza 1435/2012), alla fattispecie di cui all’art. 2033 c.c. (indebito oggettivo[2]).
Il ricorso consta di tre motivi: 1) Art. 360 n. 3 c.p.c. – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2033 c.c. in relazione all’art. 1832 c. 2 c.c.; 2) e 3) Art. 360 n. 5 c.p.c. – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. per omessa o insufficiente motivazione circa due fatti decisivi della controversia. In questa sede ci soffermeremo sul primo motivo di impugnazione.
La Corte si sofferma innanzitutto sull’ammissibilità del motivo del ricorso, affermandone l’inammissibilità in quanto il ricorrente ha omesso di indicare nell’atto i motivi di diritto posti a fondamento delle proprie asserzioni. Infatti il ricorrente si è limitato ad affermare che «le motivazioni integrali della sentenza del giudice cautelare […] del Tribunale di Como» spiegavano «con dovizia di particolari le ragioni a sostegno della tesi dell’odierno ricorrente», senza però riprodurre, nemmeno in parte, la parte della sentenza richiamata. Inoltre il ricorrente ha richiamato l’autorità della sentenza di Cass. 24 maggio 2006, n. 12372. Sul punto la Suprema Corte ha ritenuto che i principi della sentenza citata non sono applicabili ai fatti dedotti dal ricorrente, in quanto si limitano a ribadire, anzi, che al termine semestrale di cui l’art. 1832 c. 2 c.c. sopravvivono le azioni ordinarie volte a far dichiarare l’invalidità o l’inefficacia del titolo in base al quale è stata effettuata una determinata operazione. Tra le suddette azioni rientra certamente quella di cui l’art. 2033 c.c., ovvero l’azione per l’ottenimento dell’indebito oggettivo[3].
Inoltre la Corte entra nel merito del motivo, ritenendo che le affermazioni del ricorrente trovano fondamento in un’interpretazione delle norme richiamate viziata sin dall’origine: il rapporto tra l’art. 2033 c.c. e il 1832 c. 2 c.c. non si pone a livello delle rispettive fattispecie (come affermato e sostenuto dal ricorrente, secondo il quale le due norme si trovano in un rapporto di reciproca esclusione, in forza del quale all’applicazione dell’una con riferimento ad una determinata fattispecie corrisponde la non applicabilità dell’altra al medesimo fatto), ma al livello degli effetti.
Parafrasando quanto affermato dalla Corte, infatti, il decorrere del termine semestrale previsto dal comma secondo dell’art. 1832 c.c. senza la proposizione di contestazioni o impugnazioni (che, ai sensi dell’art. 1832 c. 1 c.c., equivale ad approvazione dell’estratto conto) comporta esclusivamente la decadenza dal potere di impugnare le mere risultanze contabili dell’estratto che siano successive, e non, come sostenuto dal ricorrente, la decadenza dal potere di proporre azione di ripetizione dell’indebito, salvo ritenere di natura meramente contabile anche i diritti oggetto di impugnazione. Sul punto occorre considerare che il fatto che l’intermediario non debba corrispondere al correntista per due volte una somma corrisponde ad un principio generale, desumibile dall’art. 1325 c.c., in forza del quale non sono ammesse nel nostro ordinamento giuridico attribuzioni patrimoniali astratte, ovvero prive di causa. Da questo ragionamento si deduce che le annotazioni in conto hanno valore meramente contabile, e non anche costitutivo di diritti e, pertanto, nulla osta alla proposizione dell’azione di ripetizione dell’indebito di cui l’art. 2033 c.c., in quanto l’importo corrisposto erroneamente per la seconda volta dall’intermediario finanziario rientra pienamente nell’istituto dell’indebito (oggettivo), dal momento che “il nostro ordinamento giuridico ha accolto il principio della necessaria giustificazione causale dell’attribuzione patrimoniale: l’esecuzione di una prestazione non dovuta è fonte di un’obbligazione di restituire, per l’esecuzione della quale è accordata azione di ripetizione dell’indebito”[4].
In conclusione, gli effetti prodotti dal compimento del termine semestrale di cui l’art. 1832 c. 2 c.c. producono semplicemente una semplificazione probatoria (cfr. Cass. 3574/2011[5], Cass. 6736/1995, Cass. 12169/2000).
Per queste ragioni la Corte ha respinto il ricorso.
[1] L’estratto conto trasmesso da un correntista all’altro s’intende approvato, se non contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze. L’approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazioni (2126: 266 c.p.c.)l L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza (2964), entro sei mesi dalla data i ricezione (1355) dell’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve essere spedito per mezzo di raccomandata.
[2] Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato (1185,1463,1952: 9 l.fall.). Ha inoltre diritto ai frutti (820,1148) e agli interessi (1284) dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede (1147), dal giorno della domanda (1148,2036,2039).
[3]Nella sentenza si legge che «nel contratto di conto corrente, la mancata impugnazione o l’approvazione dell’estratto conto non comportano l’incontestabilità del debito da esso risultante, che sia fondato su negozio nullo, annullabile, inefficace o, comunque, su situazione illecita»
[4]P. PERLINGERI, Manuale di diritto civile, 8a ed., Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2017
[5]In questa occasione la Corte di Cassazione ha affermato che «l’approvazione del conto, non estendendosi alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti, ha la funzione di certificare la verità storica dei dati riportati nel conto»
Qui la sentenza: Cass. Civ., Sez. I, Ordinanza n. 372 del 10.01.2018