Nota a Trib. Brindisi, 9 dicembre 2024.
Segnalazione a cura dell'Avv. Maria Fontana Vita Della Corte e dell'Avv. Angelo Prete.
Massima redazionale
L’art. 474 c.p.c. stabilisce che l’atto notarile vale come titolo esecutivo se documenta un diritto di credito certo, liquido ed esigibile. Pertanto, quando il credito consiste nell’obbligo di restituire una somma mutuata, affinché il contratto di mutuo possa essere utilizzato come titolo esecutivo dalla mutuante è necessario che l’erogazione della somma mutuata sia contestuale al contratto di mutuo.
Il principio, assolutamente pacifico[1], discende dal fatto che il mutuo è un contratto reale, il cui perfezionamento presuppone l’effettiva consegna della somma: solo con la consegna si perfeziona la fattispecie negoziale e, di conseguenza, sorge il credito liquido e attuale della mutuante alla sua restituzione. Sicché, un contratto di mutuo non accompagnato dalla contestuale erogazione dell’importo mutuato è un contratto di mutuo ancora in itinere il quale, come tale, documenta un debito meramente futuro ed eventuale della mutuataria e non già un credito certo, liquido ed esigibile, come richiesto dall’art. 474 c.p.c. ai fini della natura esecutiva del titolo.
Il Collegio brindisino evidenzia, per completezza, che, allorquando si verifica la situazione descritta – ossia quando la somma mutuata è destinata a essere erogata alla parte mutuataria in un momento successivo alla stipula dell’atto notarile – secondo la giurisprudenza della Cassazione alla mutuante non è preclusa, in termini assoluti, la possibilità di ottenere un titolo esecutivo valido. Tuttavia, a tal fine, siccome il contratto notarile di mutuo è in sé insufficiente, perché precede il perfezionamento del contratto e non può attestare quindi l’esistenza di un credito attuale della mutuante, è necessario che rivesta la medesima forma notarile anche l’atto integrante il momento terminale della fattispecie negoziale, costituito dalla consegna della somma mutuata, oppure dall’accreditamento della stessa sul conto corrente della parte mutuataria[2]. Pertanto, il contratto di mutuo non si perfeziona al momento della stipula dell’atto notarile, ma solo se e quando l’ordine con esso impartito dalla banca venga eseguito.
Quando la conclusione del contratto di mutuo è posteriore alla stipula dell’atto notarile (come nella fattispecie) l’atto notarile in sé non può essere utilizzato come titolo esecutivo dalla banca mutuante, perché non documenta l’esistenza attuale di un’obbligazione restitutoria, non ancora venuta ad esistenza al momento della sua redazione. In tali casi, la banca, per poter agire in via esecutiva, deve premunirsi di un’attestazione notarile dell’atto di accreditamento, perché essendo il mutuo suddiviso in due momenti – segnatamente, il contratto di mutuo e il successivo atto di erogazione e di quietanza di pagamento – è necessario che entrambi gli atti presentino i requisiti di forma prescritti dalla legge[3].
Invero, di recente, il principio de quo è stato ribadito dalla Corte Suprema di Cassazione, con la nota pronuncia n. 12007, del 3 maggio 2024, per cui «nel caso in cui venga stipulato un complesso accordo negoziale in cui la banca concede una somma a mutuo e la eroghi effettivamente al mutuatario (anche mediante semplice accredito, senza consegna materiale del denaro), ma, al tempo stesso, si convenga altresì che tale somma sia immediatamente ed integralmente restituita dal mutuatario al mutuante (e se ne di atto nel contratto), con l’intesa che essa sarà svincolata in favore del mutuatario stesso solo al verificarsi di determinate condizioni, deve riconoscersi come regolarmente perfezionato un contratto reale di mutuo». Al tempo stesso, deve escludersi, «ai sensi dell’art. 474 cpc, che dal complessivo accordo negoziale stipulato tra le parti risulti una obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della somma stessa (che è già rientrata nel patrimonio della mutuante), in quanto tale obbligazione sorge – per volontà delle 6 parti stesse – solo nel momento in cui la somma in questione sia successivamente svincolata in suo favore ed entri nuovamente nel suo patrimonio; di conseguenza, deve altresì escludersi che un siffatto contratto costituisca, da solo, titolo esecutivo, essendo necessario un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme richieste nell’art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) che attesti l’effettivo svincolo della somma già mutuata (e ritrasferita alla mutuante) in favore della parte mutuataria, solo in seguito a quest’ultimo risorgendo, in capo a questa, l’obbligazione di restituzione della somma». Invero, con l’indicato arresto, la Cassazione ribadisce che il giudice dell’esecuzione non deve limitarsi ad accertare il regolare perfezionamento, l’esistenza e la validità del contratto di mutuo, ma deve verificare se, sulla base del complessivo rapporto negoziale posto in essere dalle parti ed emergente dall’atto pubblico fatto valere come titolo esecutivo, sussista o meno una obbligazione attuale di pagamento di una somma di denaro a carico del debitore come richiesto dall’art. 474 c.p.c., ovvero se l’eventuale obbligazione del mutuatario non fosse attuale, in quanto essa sarebbe sorta solo al verificarsi di determinate condizioni, successive alla stipulazione ed estranee ai documenti in base ai quali il mutuo era stato pure concluso.
A tal fine, non può essere sufficiente verificare se fosse stato stipulato tra le parti un valido contratto di mutuo, ma è necessario tener conto di tutte le pattuizioni negoziali e, comunque, di tutto quanto contenuto nell’atto pubblico fatto valere come titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. In altri termini, il contratto di mutuo condizionato per avere valore di titolo esecutivo deve, poi, essere integrato da una quietanza in forma pubblica o almeno in forma di scrittura privata autenticata ex art. 474 cpc, attestante l’avvenuto svincolo delle somme depositate sul conto infruttifero vincolato. In assenza di tali requisiti, l’istituto di credito non può ritenersi dotato di alcun valido titolo esecutivo con le assorbenti conseguenze sulla invalidità dell’attività precettizia.
Ne consegue l’insussistenza, a una valutazione prima facie, del diritto del precettante di procedere a esecuzione forzata per l’inesistenza/nullità del titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c. perché, quando la fattispecie contrattuale di mutuo è scissa in due momenti – un atto negoziale di mutuo e un successivo atto di erogazione – entrambi i momenti devono essere documentati da atti aventi la medesima forma notarile tassativamente prevista dalla legge.
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[1] Cfr. Cass. n. 17194/2015.
[2] Cfr. Cass. n. 17194/2015: «Al fine di verificare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso l’interpretazione di esso integra- ta con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o quietanza a saldo ove esi- stente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibili- tà giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, ri- spettino i requisiti di forma imposti dalla legge».
[3] Così, Cass., 27 agosto 2015, n. 17194; nello stesso senso si è allineata la giurisprudenza di merito: Trib. Pescara, 12 giugno 2017: «Il principio di diritto al quale deve ispirarsi il giudice di merito al fine di poter valutare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., è la verifica, attraverso l’interpretazione del contratto di mutuo, integrata con quanto previ- sto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso con- tenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge»; Trib. Chieti, 13 luglio 2017: «Al fine di verificare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso l’interpretazione di esso integrata con quanto pre- visto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisi- ti di forma imposti dalla legge»; Trib. Avezzano, 18 luglio 2017: «Il contratto di mutuo, trattandosi di contratto “reale” si perfeziona con la consegna della somma mutuata, in- sorgendo solo da tale momento l’obbligo di rimborso in capo al mutuatario. Ne deriva che in tanto il contratto di mutuo possa ritenersi titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 comma 2 n. 3 c.p.c. in quanto risulti l’effettiva dazione della somma nelle forme previste dalla norma citata»; Trib. Campobasso, 25 luglio 2017: «Per accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, occorre verificare se esso con- tenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata e che entrambi gli atti, di mutuo ed erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge».
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