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Nota a App. Ancona, Sez. II, 2 dicembre 2024, n. 1703.

di Luca De Laurentiis

Praticante avvocato

Con la presente sentenza la Corte di Appello di Ancona ha esteso l’applicazione dei principi delle Sezioni Unite in tema di mutuo a tasso fisso ai finanziamenti a tasso variabile.

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Il fatto.

Un debitore mutuatario e i suoi fideiussori hanno proposto dinnanzi al Tribunale di Ascoli Piceno un’opposizione all’esecuzione immobiliare avviata dalla banca nei loro confronti in forza del titolo costituito dal contratto di mutuo ipotecario stipulato con gli stessi opponenti al fine di estinguere un ulteriore contratto di mutuo stipulato anni addietro.

Questi ultimi avevano eccepito, in particolar modo, sia la nullità delle clausole relative agli interessi per indeterminatezza e indeterminabilità dell’oggetto di entrambi i contratti di finanziamento, ai sensi dell’art. 1346 c.c. [1]; e sia, per il più recente contratto, la nullità per vizio di causa in quanto finalizzato a estinguere un contratto affetto da invalidità contrattuale; dunque, richiedevano, ex art. 2033 c.c.[2] la ripetizione di quanto corrisposto, e la compensazione delle somme; inoltre, hanno contestato, in via subordinata, la usurarietà dei detti contratti.

La banca opposta sollevava eccezione di prescrizione, ai sensi dell’art. 2946 c.c.[3], della domanda di restituzione, nonché l’inammissibilità della stessa nel giudizio, ex art. 615 c.p.c.[4], e ha contestato l’infondatezza dell’opposizione.

Ai sensi e per gli effetti dell’art. 111 c.p.c., è intervenuta in giudizio anche la cessionaria di credito della banca, eccependo la propria non legittimazione passiva in ordine alle istanze risarcitorie e restitutorie.

Con sentenza, il Tribunale di Ascoli Piceno ha rigettato l’opposizione, e ha condannato gli opponenti: infatti, recependo le conclusioni del C.T.U., il primo giudice ha escluso l’usurarietà degli interessi applicati in entrambi i contratto di mutuo, e ha anche ritenuto infondata l’eccezione di nullità del contratto più recente perché il mutuo fondiario non è un mutuo di scopo, pertanto non rilevano né la destinazione né l’utilizzo delle somme mutuate; e non ha ritenuto comprovata la restituzione del finanziamento e degli accessori.

Avverso tale sentenza, gli opponenti proponevano appello di fronte alla Corte d’appello, eccependo l’omessa pronuncia circa la richiesta di declatoria di nullità dei contratti di mutuo, ex artt. 1346[5] e 1419[6] c.c., con riferimento alle clausole che determinavano i tassi di interessi, nonché per violazione dell’art. 117, quarto comma, del Testo Unico Bancario[7].

 

Le ragioni della decisione.

A parere degli appellanti il giudice di primo grado ha omesso di pronunciarsi sulla nullità dei mutui in relazione alle clausole che determinavano gli interessi, ritenendo l’eccezione assorbita a fronte di una declatoria di non usurarietà dei tassi e dal rigetto dell’eccezione di nullità per il vizio di causa. Gli appellanti sottolineavano l’incompatibilità tra la clausola contrattuale che prevedeva un tasso variabile e la previsione secondo cui, invece, vi sarebbe stata una rata costante, e che comunque ed in ogni caso la previsione circa i tassi violerebbe quanto è previsto dall’art. 117, quarto comma, del TUB.

 

La Corte di Appello adita ha rigettato quanto sollevato dagli appellanti, richiamandosi a due principi cardini in tema di tassi di interesse.

Infatti, in tema di nullità parziale del contratto di mutuo per l’indeterminatezza dell’oggetto, o anche per violazione delle norme relative alla trasparenza di cui all’art. 117 del TUB, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che interessi ultra legali devono pattuirsi su una base di criteri oggettivi, i quali sono insuscettibili di poter dare luogo ad incertezza, e non sulla base di elementi indefiniti o rimessi alla discrezionalità di uno degli stipulanti[8].

Anche in ipotesi di mutuo a tasso fisso con rimborso rateale del prestito regolato dal piano di ammortamento c.d. «alla francese» non può essere causa di nullità parziale “la mancata indicazione delle modalità di ammortamento e de regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra istituti di credito e clienti”, sempre che il piano di ammortamento contenga, in modo dettagliato, la chiara indicazione dell’importo erogato, la durata del prestito, il tasso di interesse nominale (c.d. TAN), il tasso di interesse effettivo (c.d. TAEG), la periodicità delle rate di rimborso con la ripartizione delle quote di capitale e interessi, consentendo al mutuatario di ricavarne agevolmente l’importo totale di quanto dovrà rimborsare con una semplice sommatoria; se il piano di rimborso riporti quanto sopra elencato, non può sussistere una indeterminatezza o una violazione delle regole di trasparenza; né, tantomeno, ravvisarsi una invalidità contrattuale neppure per ciò che concerne l’indicazione delle modalità  di capitalizzazione utilizzate.

A parere della Corte di Appello, i seguenti principi possono essere -e. debbono essere – ribaditi anche per ciò che riguarda i mutui a tasso variabile, laddove il contratto di mutuo e il piano di ammortamento consentano di ricostruire le somme dovute alla scadenza successive, attraverso l’indicazione delle rate da corrispondere, della loro frequenza e della composizione per interessi e capitale rimborsato, nonché, da ultimo, delle spese: in tale modo, infatti, il mutuatario avrà piena cognizione di tutti gli elementi contrattuali giuridici ed economici che consentiranno a lui di ricostruire quale sarà l’esborso finale e compararlo con altre soluzioni.

Nel caso di specie, dalla documentazione versata nel fascicolo e dalla Consulenza tecnica d’ufficio contabile, si è evinto come entrambi i finanziamenti contenessero, gli elementi, in modo dettagliato, per la determinazione delle obbligazioni assunte dal mutuatario: venivano individuati, in effetti, sia l’importo capitale erogato, la durata del prestito, la tipologia di rata, il numero e la composizione di ogni singola rata per la quota interessi e quota capitale, oltre anche ad indicare il tasso d’interesse nominale annuo fisso e/o variabile secondo quei criteri convenuti dalle parti, nonché il debito residuo risultante del pagamento della rata.

Nel primo contratto stipulato di mutuo, ha statuito la corte d’appello, che vi era chiara indicazione del tasso di interesse nominale fisso applicato per i primi due anni di ammortamenti successivi alla stipulazione; perciò, si deve escludere qualsiasi profilo di indeterminatezza anche per il periodo successivo, dove vi è stata applicazione di un tasso variabile in relazione all’indice Euribor, legato a parametri di determinazione del tasso di interesse prestabilito, individuabile e verificabile, calcolato sulla basse dei comportamenti adottati dalle principali banche europee ed internazionali in relazione alla variazione del tasso ufficiale della BCE, diffuso giornalmente dalla federazione delle banche europee su dati oggettivi.

Si deve giungere ad altrettante conclusioni anche per il contratto di mutuo più recente dove è stato concordato un tasso variabile legato a variazioni che potevano desumersi dall’indice Euribor.

La corte adita ha segnalato inoltre che entrambi i contratti specificavano il divisore con riferimento all’anno commerciale, escludendo, anche in questo caso, qualsiasi discrezionalità in capo all’istituto di credito mutuante[9].

Infine, il giudice di seconde cure non ha ritenuto sussistente nessun contrasto tra la previsione del tasso variabile e un piano di ammortamento in cui si è indicato un numero determinato di rate aventi uno specifico importo, essendo indicato nel contratto che l’importo è quello “iniziale”, ovvero quello determinabile al momento della stipulazione, prima che possano manifestarsi variazioni eventuali dell’indice Euribor.

 

 

 

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[1] L’art. 1346 c.c., che disciplina i requisiti dell’oggetto del contratto, stabilisce: “L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile”.

[2] L’art. 2033 c.c., rubricato “Indebito oggettivo”, recita: “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto [1189] ha diritto di ripetere ciò che ha pagato [1185 comma 2, 1463, 1952 comma 3]. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda [1148, 2036; 39 l.f.]”.

[3] L’art. 2946 c.c. è rubricato “Prescrizione ordinaria” e recita: “Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni”.

[4] L’art. 615 c.p.c. statuisce che: “1. Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. Se il diritto della parte istante è contestato solo parzialmente, il giudice procede alla sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo esclusivamente in relazione alla parte contestata. 2. Quando è iniziata l’esecuzione, l’opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell’esecuzione stessa [disp. att. 184]. Questi fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto [disp. att. 184, 185, 186]. 3. Nell’esecuzione per espropriazione l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile”.

[5] Cfr. nota n.1.

[6] L’art. 1419 c.c. si riferisce alla nullità parziale e recita: “1. La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. 2. La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.”

[7] L’art. 117 del Testo Unico Bancario, rubricato “Contratti”, al quarto comma dispone quanto segue: “I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora”.

[8] Cfr. Cass. S.U., 29 maggio 2024, n. 15130.

[9] Cfr. Cass., Sez. II, 25 luglio 2024, ord. n. 20801.

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