Nota a Cass. Civ., Sez. I, 10 ottobre 2024, nn. 26380 e 26383.
Con due ordinanze gemelle, la n. 26380 e la n. 26383 del 10.10.2024 emesse dalla prima sezione civile della Corte di Cassazione, il Supremo Collegio è tornato ad esprimersi sul noto problema dei contratti di fideiussione conformi allo schema redatto dall’ABI nell’ottobre del 2002, questione sulla quale si erano pronunciate le SS.UU. con sentenza n. 41994/2021.
Facciamo un passo indietro. A seguito di un’istruttoria avviata a novembre del 2003, la Banca d’Italia emise il provvedimento n.55 del 2 maggio 2005 chiarendo, preliminarmente, che << le condizioni generali di contratto comunicate dall’ABI relativamente alla “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie”, in quanto deliberazioni di un’associazione di imprese, rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, comma 1, della legge numero 287/ 90, laddove recita: “sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordati tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statuarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari” >>. Con il citato provvedimento, la Banca d’Italia stabilì che << gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n.287/90 >>, mentre le ulteriori disposizioni non risultano lesive della concorrenza. I citati articoli concernono la cosiddetta “clausola di riviviscenza” (art.2), secondo la quale il fideiussore è tenuto << a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca di pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo >>, la “clausola di rinuncia ai termini ex art.1957 c.c.” (art.6) e la “clausola di sopravvivenza”, secondo la quale << qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate >>.
Su all’argomento la giurisprudenza, anche di legittimità, si era divisa, sostenendo talvolta la tesi della nullità parziale delle sole tre citate clausole, talaltra quella della “nullità derivata” – in quanto conseguente al rapporto strumentale esistente tra l’intesa a monte e il contratto fideiussorio a valle – dell’intero contratto fideiussorio. Le SS.UU., mediante la già citata sentenza n.41994/2021, propesero per la nullità parziale delle sole tre clausole in questione.
Mediante le due pronunce (gemelle) del 10.10.2024, il Supremo Collegio da un lato ha escluso l’applicabilità del detto principio ai contratti autonomi di garanzia, dall’altro lato ha inteso precisare che l’indagine della Banca d’Italia fu limitata alle fideiussioni sottoscritte tra il 2002 e il 2005; precisazione invero superflua, trattandosi di provvedimento – quello della BdI – del maggio 2005.
Tale ultima precisazione, relativa agli anni di sottoscrizione delle fideiussioni oggetto del provvedimento della Banca d’Italia, se da un lato può essere letta quale volontà di limitare il rimedio sanzionatorio ai soli contratti di fideiussione risalenti a quel torno di tempo (probabilmente questa era la volontà del Supremo Collegio), più correttamente andrebbe interpretata nel senso che non può escludersi che il vizio affligga anche le fideiussioni sottoscritte in periodi successivi, fideiussioni non esaminabili dalla BdI quando, a maggio del 2002, emise il provvedimento.
Di seguito le parole utilizzate dagli ermellini: “va qui solo aggiunto, da un lato, che del tutto correttamente quest’ultima ha considerato irrilevanti, nella specie, i principi desumibili da Cass., SU, n. 41944 del 2021 (il numero di sentenza corretto è 41994, n.d.r.): essi, infatti, si riferiscono a fideiussioni contenenti determinate clausole, che qui neppure risulta fossero effettivamente state pattuite, contenute in fideiussioni stipulate nell’arco temporale, scrutinato dalla Banca d’Italia, 2002-2005, non ai contratti autonomi di garanzia (tra i quali la corte distrettuale ha motivatamente inteso ricomprendere la garanzia prestata dagli appellanti)”.
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