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di Monica Mandico

Mandico & Partners

Il D.lgs. del 13.09.2024, approvato dal Consiglio dei Ministri, è in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ed ha ad oggetto il Correttivo Ter  al Codice della Crisi e dell’Insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14,. Nonostante le aspettative, il testo non introduce sostanziali miglioramenti per i debitori in difficoltà, limitandosi a modifiche formali che lasciano irrisolte le principali criticità operative.

Iter legislativo lampo e mancanza di approfondimento

Dopo l’approvazione, il decreto ha seguito un iter accelerato: oltre un mese per la “bollinatura” della Ragioneria dello Stato, ma solo pochi minuti concessi alle Commissioni parlamentari per l’esame. Questa fretta ha impedito un’analisi approfondita delle implicazioni, soprattutto riguardo alla tutela dei debitori. La mancanza di un dibattito significativo solleva dubbi sulla volontà effettiva di affrontare le problematiche esistenti.

Modifiche formali senza impatto concreto

Le correzioni introdotte si concentrano su aspetti terminologici, come la sostituzione di “albo” con “elenco” o l’aggiunta di un trattino in “situazione economico-patrimoniale”. Sebbene migliorino la coerenza linguistica del codice, non apportano benefici tangibili ai debitori. Non vengono affrontate le difficoltà operative né semplificate le procedure di accesso agli strumenti di risoluzione della crisi.

Norme penalizzanti inalterate

Una delle maggiori criticità riguarda l’articolo 19, comma 3, che prevede la cessazione degli effetti delle misure protettive se il giudice non fissa l’udienza entro dieci giorni dal deposito del ricorso. Questa disposizione fa ricadere sul debitore le inefficienze del sistema giudiziario, esponendolo a rischi ingiusti durante il tentativo di risanamento. Il Consiglio di Stato aveva già evidenziato l’incongruenza di tale norma, ma il decreto correttivo non ha apportato le necessarie modifiche.

Questioni fondamentali ignorate

Il decreto non affronta problemi cruciali come il coordinamento tra le domande di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e quelle per la dichiarazione di insolvenza. Inoltre, non vengono risolte le incertezze relative all’accertamento del passivo nelle diverse procedure concorsuali. Questo silenzio legislativo rischia di perpetuare contrasti interpretativi e applicativi, a scapito dei debitori che necessitano di certezze giuridiche.

Mancato recepimento delle direttive europee

La Direttiva UE 2019/1023 sottolinea l’importanza di facilitare la ristrutturazione precoce dei debitori in difficoltà finanziarie, riducendo le differenze tra gli Stati membri. Il decreto correttivo avrebbe potuto essere l’occasione per adeguare la normativa italiana a questi principi, ma le modifiche proposte non vanno in questa direzione. Non vengono introdotte misure che semplifichino le procedure o rafforzino le tutele per i debitori, mantenendo inalterate norme che possono aggravare la loro posizione.

Conclusioni: un’occasione persa per il “favor debitoris”

Il decreto correttivo del Codice della Crisi e dell’Insolvenza rappresenta un’occasione mancata per migliorare la tutela dei debitori. Le modifiche formali non rispondono alle esigenze di chi si trova in difficoltà economica e non risolvono le criticità operative della normativa vigente. È auspicabile che, nel prosieguo dell’iter legislativo, si presti maggiore attenzione alle necessità dei debitori, adottando un approccio realmente orientato al “favor debitoris”. Solo attraverso interventi sostanziali sarà possibile creare un sistema giuridico equo e in linea con le direttive europee, capace di sostenere chi è in difficoltà e contribuire alla ripresa economica del Paese.

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