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Nota a Trib. Lecce, Sez. III, 16 luglio 2024.

Massima redazionale

Nella specie, la Società ricorrente ha evidenziato che:

  • in conseguenza del deposito della domanda prenotativa (ex 44 CCII), fosse intervenuta la decadenza dal beneficio del termine nei confronti dell’Istituto di credito, con riferimento al contratto di finanziamento stipulato e la conseguente cristallizzazione dell’intero credito (già scaduto e a scadere), da soddisfare, quindi, in moneta concordataria;
  • tale circostanza comportasse la sopravvenuta non operatività della collegata cessione di credito pro solvendo e a garanzia, intercorsa tra la stessa Banca finanziatrice-creditrice e la società finanziata cedente;
  • il contratto di cessione pro solvendo e a garanzia, in virtù del diretto collegamento con il contratto di finanziamento (intercorso tra le medesime parti), è comunque soggetto alla disciplina prevista dall’ 97 CCII, poiché il rapporto negoziale intercorso tra le parti rientra nella categoria dei “contratti pendenti”, ai sensi del comma 14, e deve essere oggetto di sospensione (ai sensi del comma 1 e 7), in quanto la riscossione dei crediti da parte della Banca finanziatrice-cessionaria interferirebbe e ostacolerebbe il progetto di risanamento e di superamento della crisi.

Del tutto contrariamente, l’Istituto finanziatore chiedeva il rigetto dell’istanza di sospensione, evidenziando che la cessione del credito in garanzia darebbe luogo alla trasmissione immediata, in favore del cessionario, del credito che ne costituisce l’oggetto; al tempo stesso, il richiamato art. 97 CCII sarebbe applicabile ai contratti “pendenti”, ovverosia ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti alla data del deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, non trovando, per converso, applicazione quando il contraente in bonis abbia già interamente eseguito la propria prestazione e la controparte, in concordato, non abbia ancora adempiuto. Nel caso di specie, premesso che il contratto di mutuo è strettamente ed indissolubilmente collegato al contratto di cessione dei crediti, la Banca avrebbe già interamente esaurito la propria prestazione negoziale (versando la somma finanziata), per cui sarebbe inammissibile la richiesta di sospensione formulata dalla Società ricorrente.

Il Commissario Giudiziale, chiamato a esprimere il proprio parere, ha ritenuto che l’operazione negoziale intercorsa tra le parti possa scientemente farsi rientrare nella nozione di “contratti pendenti” di cui all’art. 97 CCII, visto che – in questo caso – l’erogazione del finanziamento non è l’unica prestazione principale del finanziatore (ai sensi dell’art. 97, comma 1, CCII), dovendo ritenersi prestazione principale anche l’attività di riscossione. Ha evidenziato, altresì, che il contratto intercorso tra la Società concordataria e la Banca abbia natura consensuale e si perfeziona con il solo consenso dei contraenti, ma da ciò non consegue il trasferimento del credito dal cedente al cessionario perché il trasferimento richiede che il credito venga ad esistenza, sicché per i crediti futuri il contratto ha effetti di natura solo obbligatoria.

Ciò premesso, il Collegio ha osservato che:

  • ai sensi dell’ 97, comma 1, CCII, “i contratti ineseguiti o non compiutamente eseguiti nelle prestazioni principali da entrambe le parti alla data del deposito della domanda di accesso al concordato preventivo” proseguono anche durante il concordato, salva la possibilità per il debitore di chiedere, con autonoma istanza, “l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento di uno o più contratti, se la prosecuzione non è coerente con le previsioni del piano né funzionale alla sua esecuzione”;
  • ai sensi dell’ 97, comma 14, CCII, “nel contratto di finanziamento bancario costituisce prestazione principale ai sensi del comma 1 anche la riscossione diretta da parte del finanziatore nei confronti dei terzi debitori della parte finanziata…”; con questa disposizione, il legislatore ha aderito all’orientamento giurisprudenziale sviluppatosi sotto la vigenza dell’art. 169bis legge fall., per cui il contratto bancario “di anticipazione” è un “contratto pendente” e, quindi, sospendibile, nel caso in cui la Banca – pur avendo erogato il credito all’imprenditore – non abbia ancora provveduto all’incasso; difatti, in questi casi, la Banca non ha esaurito le sue obbligazioni mediante la mera anticipazione dell’importo del credito, dovendo completare la prestazione di incasso in virtù del mandato conferito, dare esecuzione alla compensazione e garantire un comportamento diligente nella gestione dei rapporti continuando a garantire un servizio di casa entro il limite dell’importo pattuito[1];
  • nel caso di specie, il compito della Banca di riscuotere dal ceduto le somme dovute rientra evidentemente tra le prestazioni principali di cui all’art. 97, comma 1, CCII, sicché l’operazione negoziale intercorsa tra le parti va qualificata come contratto “pendente”;
  • è, in ogni caso, evidente che la prosecuzione di tale contratto non è funzionale con le previsioni del piano.

Per tali motivi, è stata disposta la sospensione del contratto di cessione.

 

 

 

 

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[1] In questo senso, Trib. Lecce, 27.11.2018.

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