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Nota a Cass. Civ., Sez. III, 13 febbraio 2024, n. 4001.

Massima redazionale

Nella specie, è errata l’affermazione della Corte d’Appello milanese, per cui non aveva sbagliato il Tribunale, “che aveva esaminato d’ufficio l’eventuale nullità delle clausole di determinazione degli interessi anche in relazione a profili non dedotti dalle parti”, laddove ha ritenuto che la legislazione antimonopolistica ha come destinatari solo gli imprenditori commerciali di riferimento e non anche i singoli utenti. Invero, tale asserzione contrasta con l’orientamento[1], pressoché granitico, per cui la Legge Antitrust 10 ottobre 1990, n. 287, detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un’intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall’altro, che il cosiddetto contratto “a valle” costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti.

 

 

 

 

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[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 04.02.2005, n. 2207.

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