Misure protettive nella composizione negoziata di beni in possesso di terzi
Sommario: 1. Misure protettive nella composizione negoziata. Ratio. – 2. Presupposti, fattispecie e finalità. – 3. Modalità di richiesta.
1. Misure protettive nella composizione negoziata. Ratio.
Il Codice della Crisi d’Impresa (D.lgs. n. 14/2019; d’ora in poi CCII) prevede la possibilità che alla domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi dell’art. 44 CCCI si accompagni congiuntamente una richiesta di misure protettive[1], ai sensi dell’art. 54 comma 2 CCCI.
Quest’ultimo prevede che “se il debitore ne ha fatto richiesta nella domanda di cui all’art. 40, dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel Registro delle Imprese, i creditori per titolo o causa anteriore, non possono – sotto pena di nullità – iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio. Dalla stessa data, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano”.
La possibilità di ottenere una protezione speciale nella delicata fase delle trattative che precede l’accordo, rappresenta una caratteristica peculiare del procedimento di composizione e dei suoi esiti negoziali che lo differenzia rispetto alle altre forme di regolazione stragiudiziale della crisi, che debbono essere attuate senza alcuna rete protettiva ed ovviamente senza l’apporto di alcuno strumento imparziale.
2. Presupposti, fattispecie e finalità.
L’imprenditore (commerciale o agricolo) in condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario ai sensi dell’art. 18 CCII, può manifestare la volontà che siano applicate le misure protettive con l’istanza per la nomina dell’esperto o con atto successivo. In tale caso, dette misure si applicano previa pubblicazione nell’apposito Registro delle Imprese, come confermato anche dall’ordinanza n. 17142/2021[2] secondo cui è necessario che l’istanza di applicazione delle misure, unitamente all’accettazione dell’esperto, sia pubblicata nel registro delle imprese.
Tali misure – a favore del debitore – sono tipizzate dall’art.18 suindicato e comprendono: a) divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari, ma con un’innovativa estensione dell’ombrello protettivo anche ai beni ed ai diritti con i quali è esercitata l’attività di impresa se appartenenti a terzi; b) divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione (es. ipoteche giudiziali e legali), con esclusione di quelli concordati con l’imprenditore; c) limitazione delle facoltà di autotutela negoziale per i contraenti che abbiano in essere rapporti pendenti a fronte di inadempimenti anteriori dell’imprenditore, con conseguente divieto, per la durata delle misure, di rifiutare l’esecuzione delle prestazioni, di risolvere il contratto, di modificarlo o anticiparne la scadenza (inibitoria delle clausole ipso facto), purché il debitore esegua regolarmente le prestazioni successive all’apertura del procedimento; d) il divieto di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza, salva la facoltà per i creditori, il pubblico ministero e gli organi di controllo di avviare e proseguire il procedimento unitario (anche formulando istanze cautelari ai sensi dell’art. 54 comma 1 CCII).
Dunque, le misure protettive rappresentano uno strumento fondamentale che il legislatore mette a disposizione dell’imprenditore per tutelare il suo patrimonio e per poter fronteggiare la propria crisi evitando che questa si trasformi in insolvenza irreversibile[3]. Si tratta di un vero e proprio “ombrello protettivo” che mira ad un duplice obiettivo:
– cristallizzare il patrimonio del debitore in modo che possa essere destinato in via diretta (tramite la sua liquidazione) o indiretta (tramite la conservazione della capacità di produrre ricchezza) alla soddisfazione di ciascun creditore in misura almeno pari (“non inferiore”) alla soluzione liquidatoria, obiettivo che sarebbe ovviamente vanificato laddove si consentisse al singolo avente diritto di realizzare individualmente la garanzia patrimoniale;
– attuare anticipatamente la collettivizzazione dell’interesse ad una soluzione della crisi alternativa alla procedura di insolvenza, rispetto all’omologa giudiziale ed all’esecuzione del piano la par condicio creditorum, così da favorire, già nella fase delle trattative, la collettivizzazione dell’interesse ad una soluzione della crisi alternativa alla procedura di insolvenza.
3. Modalità di richiesta.
Nella prassi, l’imprenditore deve chiedere le misure protettive al Tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa, dimostrando di aver attivato la Composizione Negoziata della Crisi[4].
L’imprenditore è tenuto anche a depositare tutta una serie di documenti aziendali previsti dall’art. 19 del CCII, ovvero: i bilanci degli ultimi tre esercizi; una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata; l’elenco dei creditori; un progetto di piano di risanamento; una dichiarazione attestante che l’impresa può essere risanata; l’accettazione dell’esperto nominato.
Da quel momento, i creditori non possono iniziare o proseguire pignoramenti o altre azioni individuali, né possono risolvere contratti o rifiutarsi di adempierli.
Il Tribunale, entro dieci giorni dal deposito del ricorso, fissa velocemente un’udienza, e tutti i creditori vengono avvisati. A questa udienza il Tribunale conferma le misure protettive e stabilisce la loro durata. Questa non può essere inferiore ad un mese, ma neanche superiore a quattro mesi. In casi eccezionali, la durata può essere estesa ad otto mesi, ma solo dimostrando al Tribunale che è necessaria per portare a buon fine le trattative con i creditori.
Sul punto, è rilevante annoverare l’ordinanza del 2 febbraio 2022, con cui il Tribunale di Roma ha confermato, in controtendenza, che la possibilità di impedire azioni esecutive e cautelari può avere ad oggetto non solo i beni con i quali viene esercitata l’attività di impresa, ma anche beni di proprietà di terzi, di cui il ricorrente ha la mera disponibilità.
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[1] Ai sensi dell’art.2 comma 1 lett. p) CCII le misure protettive sono quelle “misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, (…)”.
[2] V. Trib. Ord. Brescia, IV Sez. Civ. 2/12/2021, Est. Pernigotto.
[3] Si tratta all’evidenza di uno strumento eccezionale, atteso che comporta la negazione, ancorché temporanea, del diritto del creditore a procedere ad esecuzione forzata. La limitazione si giustifica in quanto la tutela del credito si realizza sempre con mezzi giudiziari, anche se integrantisi con attività negoziali, in modo più conveniente e spedito che non attraverso la procedura fallimentare, ragion per cui deve ritenersi manifestamente infondate la questione di legittimità costituzionale dell’art. 168 L. Fall. in relazione all’art. 24 Cost. (così Cass., 24 gennaio 1981, n. 567).
[4] Si tratta di una procedura stragiudiziale volontaria, riservata e trasparente a cui è possibile accedere tramite una piattaforma telematica – unica e nazionale – accessibile attraverso il sito internet istituzionale della Camera di Commercio ove l’impresa ha la propria sede legale.
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