Nota a Cass. Civ., Sez. I, 15 dicembre 2023, n. 35175.
La controversia, giunta alla Corte di Cassazione e oggetto della ordinanza in esame, ha visto come protagonisti un Istituto di credito e un suo correntista, titolare di conto corrente e di altro rapporto correntizio acceso in qualità di socio e legale rappresentante di una società.
La Banca è risultata soccombente in primo e secondo grado e ha, pertanto, depositato ricorso presso la Corte di Cassazione.
Con il primo motivo di ricorso ha lamentato l’erroneo giudizio della Corte d’Appello di Salerno la quale, a suo dire, avrebbe erroneamente confermato la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha accolto la domanda di ripetizione dell’indebito formulata dal correntista.
Secondo la Banca la domanda proposta non era sufficientemente specificata e, pertanto, carente dal punto di vista della individuazione della causa petendi: il cliente avrebbe dovuto, quantomeno, specificare la condizione contrattuale asseritamente illegittima e/o individuare il comportamento illegittimo della Banca.
Inoltre, l’Istituto ha dedotto la violazione dell’art. 2697 c.c. poiché, a suo dire, il giudice di secondo grado avrebbe errato nel ritenere che il difetto dell’onere probatorio incombente sul professionista potesse essere sanato mediante l’acquisizione d’ufficio della documentazione bancaria contabile e contrattuale.
Al contrario, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, il cliente che agisce in giudizio relativamente a un rapporto bancario è tenuto a fornire la prova degli avvenuti pagamenti, della mancanza di una valida causa debendi; ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti gli estratti e il deficit probatorio non è sanabile mediante l’acquisizione della documentazione da parte del consulente tecnico d’ufficio. La Corte d’Appello ha rigettato (tra gli altri motivi di rigetto, anche) tale ultimo assunto, sostenendo che la banca avrebbe dovuto non tanto contestare la violazione dell’onere probatorio da parte del correntista, quanto piuttosto le modalità di acquisizione dei documenti da parte del CTU.
Infine, la Banca ha lamentato che il giudice di secondo grado ha erroneamente confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui l’ha condannata al pagamento di una certa somma a favore del correntista.
I primi due motivi sono stati ritenuti infondati dalla Corte di Cassazione.
Innanzitutto, se l’attore ha assolto all’onere di allegazione il giudice può rilevare d’ufficio le nullità delle clausole contrattuali. Nello specifico, come affermato dalla stessa banca, il correntista ha esercitato l’azione chiedendo la condanna della banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate a vario titolo (interessi ultra legali, anatocistici, commissioni di massimo scoperto e spese non pattuite): pertanto, la causa petendi – come correttamente individuato dal giudice di secondo grado – è stata indicata nell’avere eseguito prestazioni sine causa, non previste dal contratto.
Ne consegue che anche il thema decidendum è stato chiaramente delineato con riferimento alla assenza di valida base negoziale delle condizioni contrattuali applicate.
È vero, continua la Suprema Corte, che l’onere della prova grava sul correntista (il quale avrebbe dovuto produrre in giudizio i contratti dai quali evincere la nullità o l’assenza delle clausole relative a interessi, anatocismo e CMS), ma il giudice d’appello ha evidenziato come tali contratti siano stati comunque acquisiti al processo tramite l’attività del consulente – e quindi siano diventati parte del materiale probatorio – grazie alla consulenza contabile disposta, rispetto alla quale la parte non ne ha tempestivamente contestato la nullità.
Sul punto, le Sezioni Unite (con varie pronunce, alcune delle quali molto recenti) hanno affermato che il consulente tecnico nominato dal giudice, nei limiti delle indagini allo stesso affidate e nell’osservanza del contraddittorio delle parti, può acquisire – anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti (poiché al CTU non si applicano le preclusioni istruttorie che si applicano nei confronti delle parti) – tutti i documenti necessari e utili per rispondere ai quesiti postigli:
- purché non siano diretti a provare i fatti principali posti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare e
- salvo, con riferimento alle parti, che non si tratti di documenti diretti a provare fatti principali rilevabili d’ufficio.
Nello specifico, in materia di esame contabile le Sezioni Unite hanno precisato che il CTU, nei limiti delle indagini allo stesso demandate e previo consenso delle parti, può acquisire – ai sensi dell’art. 198 c.p.c. – tutti i documenti utili al fine di rispondere ai quesiti postigli (anche se diretti a provare i fatti principali posti a fondamento della domanda e delle eccezioni), anche prescindendo dall’attività di allegazione delle parti.
Qualora si dovesse ritenere la sussistenza di vizi sull’operato del consulente, i documenti acquisiti illegittimamente sono fonte di nullità relativa ex art. 157 comma II c.p.c., la quale deve essere formalmente eccepita dalla parte nella prima difesa (o istanza) successiva all’atto viziato, con la conseguenza che, se non viene denunciata nella prima difesa successiva al deposito della relazione del CTU, tale nullità è definitivamente sanata.
Nel caso di specie, non risulta né che la banca abbia tempestivamente eccepito la nullità delle operazioni peritali né che la stessa abbia dedotto specifico motivo d’appello sulle modalità di ingresso dei contratti nel materiale probatorio: non venendo contestata la regolarità di tale acquisizione, il giudice può legittimamente porre a fondamento della sua decisione tali documenti.
Il terzo motivo è stato ritenuto inammissibile dalla Corte di Cassazione: il giudice di secondo grado ha correttamente spiegato il motivo per cui non vi è stata duplicazione della somma che la banca è chiamata a pagare, stante la sussistenza di importi illegittimamente addebitati al correntista.
Di conseguenza, la Banca è stata condannata a restituire l’importo del saldo negativo e corrispondere l’importo del saldo positivo.
La Corte di Cassazione ha integralmente rigettato il ricorso e liquidato le spese, che seguono la soccombenza.
Seguici sui social:
Info sull'autore
Ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense nel 2023, col massimo dei voti. Laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, con indirizzo europeo e transnazionale. Ha svolto la pratica forense anche presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce. Ha conseguito un Master di II Livello presso l’Università del Salento, in diritto amministrativo, con esito ottimo.