Nota a ABF, Collegio di Napoli, 28 aprile 2023, n. 4033.
La controversia in ordine alla quale il Collegio partenopeo è chiamato a pronunciarsi riguarda le condizioni di rimborso di tre Buoni Fruttiferi Postali, corredati tutti della clausola di pari facoltà di rimborso e sottoscritti nel 1991, nonché appartenenti (due) alla serie “Q” e (uno) alla serie “Q/P” in cui è stata rettificata la precedente serie “P” per effetto del D.M. 13 giugno 1986.
La ricorrente, cointestataria dei BFP oggetto di decisione, unitamente all’erede dell’altro cointestatario deceduto, lamenta la corresponsione da parte dell’intermediario di interessi nettamente inferiori a quelli attesi nell’ultimo decennio[1], non essendo stato il calcolo corrispondente a quanto indicato sul retro dei buoni. Si richiede, pertanto, la condanna dell’intermediario al reintegro della somma dovuta, a titolo di maggiori rendimenti, per i buoni serie “Q/P” e “Q” in contestazione.
Parte avversa eccepisce due questioni preliminari: 1) l’irricevibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis, sul presupposto che la controversia abbia ad oggetto i rendimenti stabiliti all’atto della sottoscrizione dei BFP, avvenuta anteriormente al limite di competenza temporale dell’ABF; 2) l’inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione materiae, sull’assunto che i Buoni Fruttiferi sono prodotti finanziari collocati per conto dell’Emittente secondo crismi definiti da una normativa speciale e, in quanto tali, non assoggettati alle disposizioni contenute nel Titolo VI, capo I, del TUB.
Venendo al profilo di merito, l’intermediario richiama l’ordinanza n. 4384/2022 della Corte di Cassazione, Sez. I, pubblicata il 10 febbraio 2022[2], che ha negato ai sottoscrittori di buoni fruttiferi postali della serie “Q/P” il diritto di vedersi riconoscere, per il periodo corrente tra il 21° ed il 30° anno dell’investimento, i rendimenti ad importo fisso bimestrale testualmente riportati sul retro dei titoli. A fortiori, l’intermediario, nel supportare la correttezza del proprio comportamento, richiama l’art. 5 D.M. 13 giugno 1986, ai sensi del quale «sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera “Q”(…), i buoni della precedente serie “P”», con l’apposizione per questi ultimi, a cura degli uffici postali, di «due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi», senza la previsione che detto timbro riporti (anche) gli “importi” degli interessi da corrispondere al sottoscrittore.
Riemerge, in altre parole, la questione relativa all’applicazione di tassi peggiorativi rispetto a quelli originariamente indicati e promessi al sottoscrittore dei BFP.
Sulla questione della competenza ratione temporis, il Collegio napoletano dà rilevanza al criterio discretivo della causa petendi, onde distinguere tra controversie aventi ad oggetto la fase di formazione del consenso, dunque i vizi genetici del rapporto giuridico, e quelle afferenti la fase esecutiva oppure l’interpretazione degli effetti del contratto. In questi ultimi casi, per il radicamento della competenza temporale, assumerebbe esclusiva pregnanza la data della contestazione.
Orbene, nella decisione in commento viene dichiarata la competenza dell’Arbitro Bancario Finanziario quando la causa petendi «consiste nell’accertamento dell’esigibilità del diritto ad una delle prestazioni caratterizzanti il contratto di deposito irregolare stipulato con l’intermediario», in particolare «il diritto di credito alla restituzione del valore nominale dei titoli e dei rendimenti maturati in ragione della loro scadenza, per quanto originati da contratti sottoscritti prima del 1° gennaio 2009»[3].
Il Collegio riconosce anche la propria competenza ratione materiae, evidenziando come le controversie inerenti ai buoni fruttiferi possano essere legittimamente decise dall’ABF in quanto questi ultimi riconducibili alle attività di “bancoposta” ai sensi dell’art. 2 D.P.R. 14 marzo 2001, n.144 e non assimilabili a “prodotti finanziari” ex art. 1, co.1, lett. u) TUF[4].
Nel merito il Collegio accoglie parzialmente il ricorso, riconoscendo solo per il Buono Fruttifero della serie “Q/P” il diritto dei titolari alla rideterminazione degli interessi nel decennio dal 21° al 30° anno di durata.
Si tratta, in effetti, di un BFP appartenente alla serie “P”, sottoscritto utilizzando il modulo della serie precedente, con successiva apposizione del timbro correttivo della “serie Q/P”. In queste ipotesi il consolidato orientamento dell’ABF ritiene meritevole di tutela il legittimo affidamento del sottoscrittore sulle condizioni riportate ab origine dal titolo, qualora l’ufficio emittenti non abbia assolto l’obbligo di indicare sul documento il differente regime.
Nel caso all’esame del Collegio partenopeo la disposizione ex art. 5, D.M. 13/06/1986 è stata rispettata solo in parte dall’intermediario: la stampigliatura contenente le modifiche dei tassi indicava il nuovo regime contrattuale esclusivamente per il periodo dal 1° al 20° anno di durata, lasciando inalterata la previsione dei tassi di interesse per il successivo decennio, ossia dal 21° al 30° anno di durata dei buoni. Di qui, a parere del Collegio “l’avere apposto un timbro aggiuntivo sul retro riferito unicamente ai primi venti anni, per buoni di durata trentennale, costituisce non soltanto un comportamento contrario a diligenza ex art .1176 c.c., ma anche un grave errore, idoneo a ingenerare un incolpevole affidamento su chi quei buoni acquistava e sottoscriveva per un trentennio”. Siffatto errore non può risolversi imponendo al risparmiatore di attenersi alla normativa di legge, in una logica di prevalenza tra fonti, dal momento che la corretta apposizione del timbro sui Buoni Fruttiferi Postali è stata imposta dal legislatore proprio al fine di rendere chiara ed evidente l’avvenuta variazione del saggio d’interesse.
Si delinea una sorta di titolo “ibrido” con l’alternanza di due distinti criteri, fra loro eterogenei, di determinazione degli interessi: quello della serie “Q” per i primi venti anni e quello in regime di capitalizzazione semplice della serie “P” per l’ultimo decennio.
Per gli altri due BFP oggetto di decisione, quelli emessi su moduli della serie “Q”, il Collegio esclude la richiesta di maggiorazione degli interessi prodotti. Sul retro di questi ultimi è, infatti, riportata la tabella dei rendimenti lordi relativi a tale serie, insieme alla seguente dicitura: «L’ammontare degli interessi è soggetto alle trattenute fiscali previste alla data dell’emissione».
Secondo il consolidato orientamento dei Collegi ABF, «nel caso di buoni della Serie “Q” emessi utilizzando i moduli della serie di appartenenza, non è meritevole di tutela la pretesa di pagamento degli importi fissi indicati sui buoni, atteso che in tale fattispecie (…) non è stato necessario modificare i rendimenti originariamente riportati sui moduli stessi, che attribuiscono espresso rilievo al regime fiscale».
Il Collegio partenopeo osserva che l’intermediario ha liquidato un importo diverso da quello risultante dai rendimenti indicati in termini assoluti sul retro dei BFP della serie “Q” in forza del regime fiscale applicabile, ossia della ritenuta valevole anche per il periodo compreso tra il 21° e il 30° anno (la capitalizzazione degli interessi è al netto della ritenuta).
Il regime fiscale, precedente o successivo all’emissione dei BFP, assume rilievo negoziale, valutabile al fine del quantum debeatur circa la prestazione dedotta in contratto, registrandosi un’integrazione del testo dei BFP sottoscritti.
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[1] Trattasi del periodo fruttifero intercorrente tra il ventunesimo anno ed il 31 dicembre del trentesimo anno successivo a quello di emissione dei titoli.
[2] Sono allineati all’ordinanza in parola altri tre provvedimenti della Corte di Cassazione: Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748; Cass. 14 febbraio 2022, n. 475; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763. Argomentazione comune a queste statuizioni è che nella «modifica dei tassi assume rilievo centrale il meccanismo sostitutivo contemplato dall’art. 173, comma 3, D.P.R. n. 156 del 1973; poco conta che tale congegno operi per effetto di un provvedimento ministeriale, giacché esso ripete la sua autorità da una fonte normativa».
[3] Tale conclusione può ritenersi valida – precisa il Collegio – anche in relazione alle nuove disposizioni sulla competenza temporale dell’Arbitro, applicabili ai ricorsi presentati a partire dal 01/10/2022, in base alle quali “non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al sesto anno precedente alla data di proposizione del ricorso”. Tale modifica è stata prevista dalla Revisione della disciplina dell’Arbitro Bancario Finanziario di Banca d’Italia del 12 agosto 2020, che realizza l’allineamento con le previsioni della direttiva ADR (2013/11/UE) e del d.lgs. n. 130/2015 di recepimento.
[4] L’art. 1, co.1, lett. u) TUF definisce i prodotti finanziari come «gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari».
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