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Nota a Trib. Brescia, Sez. II, 16 febbraio 2023.

Segnalazione a cura dell'Avv. Federico Comba.
Massima redazionale

A seguito dell’entrata in vigore del D.M. 13.06.1986, n. 148, i Buoni Postali Fruttiferi, pur essendo della serie P, potevano essere modificati apponendo la dicitura “serie Q/P”, nonché un timbro sulla parte posteriore, che recava le misure dei nuovi tassi, sensibilmente ridotti. Pur tuttavia, “l’adattamento” compiuto dagli Uffici postali è avvenuto solo in modo parziale, in quanto il timbro apposto sul retro dei titoli “serie Q/P” modificava il tasso, in ossequio a quanto previsto dal surriferito decreto n. 148/86, solo per i primi venti anni, ma non per il periodo successivo; le rappresentazioni documentali apposte dagli Uffici sui buoni de quibus rendono la fattispecie identica a quella esaminata dalle Sezioni Unite Civili, con sentenza n. 13979/2007, che ha chiarito come, in caso di divergenza tra i rendimenti stampigliati sul retro e quelli previsti da provvedimenti ministeriali, prevalgano i rendimenti documentali. Tali principi non sono stati superati dal successivo pronunciamento del massimo consesso, n. 3963/2019; invero, quest’ultima sentenza ha ritenuto applicabile l’operatività del meccanismo previsto dall’art. 1339 c.c. solo per i Buoni già emessi e non già anche per i Buoni di futura emissione, per i quali la modifica dei rendimenti opera solo se riportata sul titolo, sì come prescritto dall’art. 173, comma 3, cod. postale e dall’art. 5, comma 2, D.M. 13.06.1986.

Peraltro, non è condivisibile il rilievo da ultimo formulato dalla Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. 4748/2022 e con le successive ordinanze, secondo cui l’apposizione di un timbro di dimensioni inferiori alla precedente stampigliatura debba essere intesa alla stregua di una “mera imperfezione dell’operazione materiale”. La questione, invero, non pare possa essere scientemente derubricata alla mera circostanza fattuale che il timbro non copra integralmente la precedente stampigliatura, ma è, per converso, che lo stesso timbro rechi una variazione solo parziale del saggio di interesse garantito da quanto stampigliato sul titolo. Ciò posto, il risparmiatore è ragionevolmente indotto a ritenere che, per gli ultimi 10 anni, siano valevoli i rendimenti prestampati sul titolo medesimo, sì come previsto dall’art. 173, comma 3, cod. postale. A tal riguardo, non è condivisibile l’ulteriore assunto della giurisprudenza di legittimità per cui la combinazione della disciplina prevista per i buoni della serie Q e quella prevista per la serie P urti contro il disposto dell’art. 1342, comma 1, c.c.; tale opinione trascura di considerare che le clausole aggiunte sul modulo riguardano esclusivamente i primi venti anni dell’investimento e non anche l’ultimo periodo; la condotta degli Uffici Postali non ha rispettato il disposto dell’art. 5 D.M. 13.06.1986, impositivo dell’apposizione di un timbro recante i nuovi tassi. Non sarebbe, in ogni caso, equo che di tale errato comportamento debba rispondere l’incolpevole risparmiatore. È, per contro, logico supporre il formarsi di un ragionevole affidamento in ordine alla spettanza di interessi sul capitale in misura pari a quelli indicati nel timbro per il primo ventennio e dell’ulteriore spettanza, per il periodo dal ventunesimo al trentesimo anno successivo all’emissione, dell’importo calcolato secondo il regime previgente.  

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