Nota a Trib. Milano, 17 gennaio 2023, n. 298.
Nel caso di specie il Tribunale di Milano è stato chiamato a pronunciarsi in materia di clausole abusive nei contratti con i consumatori e superamento del giudicato implicito.
In particolare il Tribunale è stato adito da uno dei garanti del debitore principale, il quale afferma principalmente che la garanzia è stata prestata in quanto parente e quindi quale soggetto totalmente estraneo alla compagine sociale, in quanto, inoltre, non ha mai rivestito alcuna carica o ruolo all’interno della società stessa, così qualificandosi quale consumatore e di conseguenza ritenendo applicabili le disposizioni di cui al Codice del consumo, chiedendo la dichiarazione di nullità della clausola di deroga del foro del consumatore – nella specie prevedendosi che “in caso di controversia è competente il Foro di Milano” – ai sensi dell’art. 33, co. 2, lett. u) Cod. cons. presente all’intero del contratto redatto sotto forma di “lettera di impegno” e dichiarando la competenza del Tribunale di Trapani, quale foro del consumatore, con l’effetto di dichiarare privo di ogni effetto giuridico anche il decreto ingiuntivo per incompetenza del Tribunale che lo ha pronunciato.
Il giudice nella trattazione constata innanzitutto che dalle scritture private si ricava che si trattasse di moduli predisposti da professionisti per regolare in maniera uniforme in contratti con i clienti, e che la garanzia si fondasse in base alla sottoscrizione di lettera di impegno in data 2016.
E da ultimo che l’opposizione al decreto ingiuntivo fosse avvenuta oltre il termine di 40 giorni dalla notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo, senza allegazione o prova ad opera della parte attrice di non aver avuto conoscenza del decreto per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore.
Il Tribunale ha evidenziato che con quattro sentenze gemelle del 2022 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione, ha affrontato la questione della compatibilità o meno con i principi posti dagli artt. 6 par. 1 e 7 par. 1 Dir. 93/13/CEE e 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, delle norme processuali del diritto degli Stati Membri (spagnolo, rumeno e italiano) che, in caso di intervenuta formazione del giudicato, impediscono al giudice dell’esecuzione (ovvero dell’appello) di esaminare d’ufficio la natura abusiva delle clausole contenute nei contratti posti a fondamento del provvedimento passato in giudicato.
Quindi, il Tribunale evidenziando che i detti principi siano in continuità con quanto più volte sancito dalla CGUE sul tema del rispetto del principio di effettività della tutela del consumatore sancito dalla Direttiva di cui sopra, si richiama al dettato di una sentenza di tale Corte (CGUE C-495/19, Kancelaria Medius) ove si afferma che “per giurisprudenza costante, il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio, non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, il carattere abusivo di una clausola contrattuale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista”.
Il Tribunale, nonostante la proposizione dell’opposizione oltre i termini di legge e la preclusione al giudice ex artt. 2909 c.c. e 647 c.p.c di una disamina nel merito dell’eccezione in ordine alla vessatorietà della clausola contenuta nella scrittura posta a fondamento dell’ingiunzione, ritiene che proprio sulla base di tali principi di diritto rinvenibili nelle suddette sentenze della CGUE e degli elementi di fatto emergenti, sia chiamato a verificare, emergendo ex actis l’esistenza di una clausola che appare abusiva in contratto concluso con consumatore, anche a fronte della sollecitazione pervenuta dal consumatore, se il provvedimento giurisdizionale in tesi passato in giudicato contenga una motivazione – anche sommaria – da cui si ricavi che il Giudice del monitorio abbia considerato: 1) se era un consumatore; 2) se nel contratto (lettera di impegno del 2016) posto a fondamento dell’ingiunzione erano presenti clausole potenzialmente vessatorie ai sensi degli artt. 33 e ss Codice del consumo; e 3) in caso positivo, se ne abbia escluso la vessatorietà con motivazione, anche sommaria, avvisando il consumatore ingiunto che tali clausole erano state valutate come non abusive e che il consumatore sarebbe decaduto definitivamente dal poterne far valere l’abusività se non si fosse opposto nel termine di 40 giorni.
Il giudice ha constatato l’assenza nel decreto in oggetto di ogni motivazione sulla validità della clausola di deroga della competenza posta all’interno della lettera di impegno e a fondamento del decreto, nonostante in assoluta violazione dell’art. 33, co. 2, lett. u) Cod. Cons., e inoltre l’assenza di motivazioni sulla natura di consumatore e della sussistenza della competenza per territorio del Tribunale di Milano in relazione al consumatore ingiunto.
L’eccezione della parte attrice è risultata fondata per due motivi: 1) il garante – qualificato consumatore – è estraneo alla compagine sociale del debitore principale; 2) la garanzia è stata prestata in virtù di parentela con i due soci della società debitrice garantita.
Il Giudice, applicando i principi posti dalle sentenze CGUE al decreto ingiuntivo tardivamente opposto, ha dichiarato la nullità ex art. 33, co. 2, lett. u) Cod. Cons. della clausola contenuta nella lettera di impegno, inoltre ha dichiarato l’incompetenza del Tribunale di Milano a conoscere nel merito della domanda di condanna svolta in via monitora, per essere competente in via esclusiva il Tribunale di Trapani quale foro del consumatore, con la conseguente nullità del decreto ingiuntivo.
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Info sull'autore
Praticante Avvocato presso Giovannelli e Associati,