Nella recente sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’acquirente di un cane che aveva riportato l’animale al venditore dopo aver scoperto che lo
stesso era affetto da una grave malattia.
I giudici di Piazza Cavour, nel prendere la decisione, hanno ricordato che in tema di vendita di beni di consumo, tra cui rientrano anche gli animali d’affezione, si applica innanzitutto la disciplina del codice del consumo (Decreto legislativo, 6 settembre 2005 n.206) e solo in via sussidiaria quanto previsto dal codice civile (Cassazione, sent. n.13148/2020 e n. 22728/2018).
Nello specifico, la persona fisica che acquista un animale da compagnia per esigenze estranee all’attività imprenditoriale o professionale va qualificato a tutti gli effetti come “consumatore”.
Ne consegue che la denunzia del difetto della cosa venduta è soggetta in primis a quanto previsto dalla disciplina consumeristica e, quindi, ai sensi dell’art.132 del codice del consumo, al termine di decadenza due mesi dalla data di scoperta del difetto. Pertanto, non troverà applicazione il termine di soli otto giorni previsti 1495 c.c. per la denuncia del vizio. Nel caso di specie, il consumatore non risultava, quindi, al momento della riconsegna dell’animale, essere decaduto dalla garanzia per i vizi della cosa venduta.
Sulla base di questo presupposto, la Cassazione ha ritenuto il primo motivo di ricorso fondato e ha considerato gli altri assorbiti; differentemente, il quarto motivo di ricorso, attinente l’analisi del comportamento del veterinario in fase di prima valutazione dello stato di salute dell’animale, è stato ritenuto inammissibile essendo una richiesta di rivalutazione in fatto della controversia, non denunciabile in cassazione.