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Nota a ACF, 9 settembre 2022, n. 5818.

di Sara Rescigno

Tirocinante ACF

 

Nella vicenda in esame, parte Ricorrente – in seguito alla sottoscrizione di n. 249 azioni – ha contestato all’Intermediario la violazione degli obblighi informativi, sia in fase genetica che in quella successiva, e l’inosservanza della Comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo 2009 in materia di distribuzione di prodotti illiquidi, nonché la violazione delle regole in tema di profilatura e di adeguatezza.

Alla luce delle suindicate contestazioni, il Ricorrente ha chiesto la condanna dell’Intermediario alla restituzione delle somme investite sulla base dell’accertamento della nullità, annullabilità ovvero risoluzione del contratto d’investimento e al risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.

Il Collegio, preliminarmente, ha ritenuto priva di pregio l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di competenza dell’ACF a pronunciarsi sulle domande di annullamento ovvero di risoluzione dei contratti. In tale occasione, il Collegio ha infatti ribadito che, esclusa la possibilità di adottare decisioni di natura costitutiva, l’Arbitro può – incidenter tantum – conoscere delle domande di annullamento o risoluzione del contratto senza la necessità di un’apposita statuizione sull’annullamento o la risoluzione[1].

Nel merito, il Collegio non ha accolto le domande restitutorie avanzate dal Ricorrente. In relazione alla domanda di nullità del contratto d’investimento, il Collegio in più occasioni ha affermato che – concordemente a quanto sostenuto dalla giurisprudenza di legittimità[2] – la violazione delle regole di condotta da parte dell’intermediario nella prestazione dei servizi di investimento può dare luogo solo al risarcimento del danno. Per quanto riguarda, invece, la domanda di annullamento del contratto d’investimento per errore o dolo, il Ricorrente non ha assolto all’onere probatorio di dimostrare il momento preciso della scoperta dell’errore o del dolo perpetrati in suo danno. Infine, infondata è anche la domanda di risoluzione del contratto d’investimento, dal momento che, secondo il Collegio, gli inadempimenti dell’Intermediario agli obblighi di informazione, collocandosi in un momento antecedente alle singole operazioni di acquisto, non ineriscono direttamente al rapporto contrattuale che si vorrebbe risolvere[3].

Alla luce di quanto sopra osservato, ritenuto accertato l’inadempimento a carico dell’Intermediario resistente della normativa in materia di obblighi informativi e di adeguatezza su di esso gravante nella prestazione dei servizi di investimento, il Collegio ha accolto la richiesta risarcitoria avanzata dal Ricorrente.

Venendo all’analisi più dettagliata delle specifiche contestazioni che hanno portato alla condanna dell’Intermediario, si osserva che, in merito alla violazione degli obblighi informativi nella fase genetica degli investimenti, quest’ultimo si è limitato, in occasione della stipula del contratto quadro, alla consegna del prospetto informativo e del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari. In proposto, il Collegio ha precisato che la consegna, in occasione della stipula del contratto quadro, del documento sui rischi generali dell’investimento non basta al fine di ritenere correttamente adempiuti gli obblighi informativi da parte dell’Intermediario, essendo quest’ultimo tenuto a dimostrare ‘‘in concreto’’ di aver assolto ai relativi obblighi e non in modo meramente formalistico[4].

Per quanto riguarda gli obblighi informativi successivi alla stipula del contratto d’investimento, il Collegio non ha dato seguito alle doglianze del Ricorrente in quanto l’Intermediario ha versato in atti gli estratti del conto titoli periodicamente inviati al medesimo e recanti l’indicazione dell’illiquidità dei titoli, del fair value e del valore di smobilizzo. Allo stesso modo, in merito alla mancanza di informazioni, nel corso del rapporto, del progressivo deterioramento della situazione patrimoniale dell’emittente con connesse difficoltà di negoziazione delle azioni, il Collegio ha osservato che una simile obbligo d’informazione continua si può configurare solo nel caso di gestione patrimoniale o, al più, di prestazione del servizio di consulenza, e non (come nel caso de quo) quando sono prestati altri servizi di investimento, soprattutto in assenza di una specifica previsione in tal senso contenuta nel contratto quadro.

Infine, in relazione alla profilatura del cliente, il Collegio ha rilevato che il questionario versato in atti è stato sottoscritto dal Ricorrente congiuntamente ad un altro cointestatario del medesimo contratto quadro, e tale circostanza non ha permesso la raccolta di specifiche caratteristiche riguardanti ogni singolo investitore. In proposito, il Collegio ha ricordato che quando l’intermediario effettua l’attività di somministrazione dei questionari è tenuto al rispetto delle ‘‘Guidelines on certain aspects of the MiFID suitability requirements’’, pubblicate dall’ESMA il 6 luglio 2012, in base alle quali quest’ultimo può concordare con le persone interessate chi dovrebbe essere il soggetto di profilatura mediante la predisposizione, a monte, di procedure che garantiscano che la scelta di uno dei contraenti sia compiuta su basi oggettive e razionalmente giustificabili; in assenza di tali accorgimenti – com’è avvenuto nel caso di specie – vi è l’obbligo dell’intermediario di profilare entrambi i ricorrenti e di svolgere la relativa valutazione di adeguatezza tenendo conto del profilo più conservativo[5].

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[1] Ex multis, ACF, 9 dicembre 2021, n. 4730.

[2] Cfr. Cass., SS.UU, n. 26724/2007.

[3] Cfr. tra le molte, ACF, 25 febbraio 2021, n. 3486.

[4] Cfr. tra le molte, ACF, 24 giugno 2022, n. 5573.

[5] Ex multis, ACF, 31 luglio 2019, n. 1770.

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