Nota a App. Roma, Sez. Impr., 14 marzo 2022, n. 1692.
Massima redazionale
Con la recente sentenza in oggetto, la Sezione Specializzata in materia di impresa della Corte d’Appello di Roma ha evidenziato come la presenza costante di saldi negativi non sia, di per sé, sufficiente a configurare un affidamento di fatto, dovendosi, per contro, ritenersi sussistente unicamente una mera tolleranza del perdurante sconfinamento a debito del correntista.
In altri termini, la Corte territoriale si pone senza soluzione di continuità con il principio per cui «A far data dall’entrata in vigore della legge 17.2.1992, n. 154 il contratto di apertura di credito (come tutti i contratti bancari) deve essere redatto (e dunque provato) per iscritto e comunque, e pur con riferimento al periodo precedente, la tolleranza di fatto all’uso dell’affidamento e dunque all’utilizzo di credito appare fatto di per sé inidoneo a comprovare l’assunzione da parte della banca delle obbligazioni derivanti dal contratto di apertura di credito, soprattutto quando tali circostanze di fatto non consentano neppure di determinare l’ammontare del fido asseritamente accordato.».
Invero, il principio della forma scritta a pena di nullità deve ritenersi valevole nei confronti di ambedue i contraenti e, consequenzialmente, risulterebbe contra legem configurare a carico dell’Istituto bancario un rapporto di fatto, in assenza di apposti contratto scritto, che indichi il massimo fido accordato e le condizioni contrattuali praticate.