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Nota a ABF, Collegio di Bologna, 3 marzo 2022, n. 3912.

di Donato Giovenzana

 

La ricorrente chiede la liquidazione del 50% del saldo giacente su di un conto corrente bancario del quale risulta intestataria insieme ad altra persona deceduta.

L’intermediario sostiene di non poter procedere alla liquidazione del saldo creditore – costituito quasi interamente da un rateo di pensione non dovuto – se non a fronte della presentazione della dichiarazione di successione ovvero della dichiarazione di esonero dalla successione.

Orbene, è pacifico tra le parti che il conto corrente oggetto della controversia prevede la facoltà per i cointestatari di operare disgiuntamente. Secondo l’orientamento dei Collegi dell’ABF, in caso di decesso di uno dei cointestatari di un conto corrente a firma a disgiunta, fatto salvo il patto contrario, il contitolare superstite mantiene il diritto di compiere operazioni separatamente; il regime di solidarietà, sia dal lato attivo che passivo, previsto dall’art. 1854 c.c., sopravvive, infatti, anche dopo il decesso di uno dei cointestatari sicché il contitolare superstite ha diritto di chiedere l’adempimento dell’intero saldo del conto corrente.

Peraltro, i Collegi ABF, in linea con la posizione espressa dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 5305/2013, ritengono che “la possibilità di disporre dell’intero saldo presente sul conto da parte del contitolare superstite trova tuttavia un “vincolo di indisponibilità della somma” nella normativa tributaria – segnatamente nell’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 346/1990 (Testo Unico in materia di imposta di successioni e donazioni) – che impone la presentazione preventiva della denuncia di successione da parte degli eredi, ovvero della c.d. “dichiarazione negativa” di cui all’art. 28 del medesimo T.U.; ne deriva che, sino al momento in cui non risulti soddisfatta la condizione relativa alla presentazione della documentazione successoria, permane in capo all’intermediario un divieto di esecuzione della prestazione, in ragione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore (ABF, Coll. Coord., Dec. n. 5305/2013, cit.)». (cfr. ex multis Collegio di Napoli, decisione n. 120/2016). Si è infatti osservato che “ragionando a contrario, l’insussistenza di tale vincolo consentirebbe facili pratiche elusive della normativa fiscale, consentendo agli eredi di evitare il pagamento dell’imposta sulla successione, semplicemente cointestando un deposito in conto corrente. La disposizione di cui all’art. 48, comma 4, invece, impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di un’impossibilità giuridica sopravvenuta), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la condizione rappresentata dalla presentazione della denuncia di successione; non a caso, la normativa speciale prevede l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 53 t.u., nell’ipotesi in cui la banca provveda comunque alla liquidazione della quota ereditaria. Proprio per questa ragione, deve ritenersi che il vincolo di indisponibilità, che grava sulla quota caduta nell’asse ereditario, possa essere fatto valere anche nei confronti degli altri cointestatari, pur legittimati, fin tanto che gli eredi non provvedano al completamento della presentazione della documentazione successoria…” (cfr. Collegio di Milano, decisione n. 1615/2019).

Orbene, venendo al caso di specie, per l’Abf bolognese, è determinante rilevare che la ricorrente agisce iure proprio al fine di ottenere la liquidazione della quota di propria spettanza che ritiene essere pari al 50 % del saldo del conto corrente. La restante quota caduta in successione per effetto del decesso dell’altro contitolare e su cui graverebbe il vincolo di indisponibilità ex art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 346/1990 non risulta essere, pertanto, oggetto del presente ricorso.

Con riguardo alla quota di spettanza della parte ricorrente, il conto corrente cointestato a firma disgiunta configura un rapporto solidale anche dal lato attivo (cfr. artt. 1854 e 1298 c.c.).

Secondo il Collegio felsineo, la ricorrente ha dunque diritto di esigere la liquidazione del 50% del saldo.

 

Qui la decisione. 

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