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Nota a Cass. Civ., Sez. II, 23 marzo 2022, n. 9475.

Massima redazionale

 

In tema di collegamento negoziale c.d. funzionale, l’accertamento del giudice di merito, ai fini della qualificazione giuridica di tale situazione negoziale, deve investire l’esistenza, l’entità, la natura, le modalità e le conseguenze del collegamento realizzato dalle parti mediante l’interpretazione della loro volontà contrattuale e, se condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità[1].

Peraltro, affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico non è sufficiente un nesso occasionale tra i negozi, ma è, per contro, necessario che il collegamento dipenda dalla genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trovi la propria causa (e non il semplice motivo) nell’altro, nonché dall’intento specifico e particolare delle parti di coordinare i due negozi, instaurando tra di essi una connessione teleologica, soltanto se la volontà di collegamento si sia obiettivata nel contenuto dei diversi negozi potendosi ritenere che entrambi o uno di essi, secondo la reale intenzione dei contraenti, siano destinati a subire le ripercussioni delle vicende dell’altro[2].

Nel caso di specie, non risulta comprovato un collegamento tra il rapporto di conto corrente e il contratto di mutuo, al fine di una loro considerazione unitaria, non ricorrendo sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione degli interessi di una o più parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere, non solo l’effetto tipico del singolo contratto posto in essere, ma anche il coordinamento con l’altro per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale.

 

 

Qui l’ordinanza.

[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. VI, n. 20634/2018.

[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. I, n. 12567/2004.

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