Nota a Cass. Civ., Sez. I, 21 maggio 2025, n. 13666.
Con la presente nota in commento si vuole rilevare l’intenzione della Suprema Corte di dare continuità al già noto principio in uso al fine di distinguere un contratto autonomo di garanzia da un contratto di fideiussione.
Il primo motivo di ricorso, infatti, era costituito dalla doglianza della qualificazione effettuata dalla Corte di Appello in termini di contratto autonomo di garanzia relativamente alla fideiussione prestata facendo leva, secondo la tesi prospettata dal ricorrente, sulla sola presenza della clausola di pagamento cd. a prima richiesta o senza eccezioni laddove invece avrebbe dovuto esaminare tutto il contratto nel suo significato complessivo e che tale esame asseritamente avrebbe condotto all’emersione di una garanzia accessoria rispetto all’obbligazione principale.
La Corte, invero, ha ritenuto tale motivo inammissibile poiché la tesi del ricorrente non è risultata idonea a contrastare le risultanze della Corte di Appello in quanto non è stata in grado, come invece avrebbe dovuto in termini di ammissibilità dei mezzi di impugnazione, di individuare i motivi per cui esse sarebbero state insostenibili e irrazionali. La Corte ha, quindi, colto l’occasione per rammentare anche come il ricorrente avesse omesso di considerare che “l’interpretazione accolta nella decisione impugnata non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 28319 del 28/11/2017)”.
Relativamente alla fondatezza o meno del motivo, invece, la Corte ha affermato che è proprio ravvisando la non idoneità di una eventuale clausola di pagamento a cd. prima richiesta o senza eccezione per inquadrare un contratto in termini di contratto autonomo di garanzia piuttosto che di fideiussione che il Giudicante, come effettivamente ha fatto, deve altresì accertare la reale e comune volontà delle parti desumibile dall’esame del contratto nel suo complesso e indagare se ed in quali termini vi sia una discrasia tra gli stessi tale da interrompere la relazione causale tra l’obbligazione principale e l’obbligazione di garanzia.
Nel caso di specie, quindi, la Suprema Corte ha avvalorato l’operato del Giudice di secondo cure il quale, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, non ha basato il proprio convincimento solamente sulla presenza della clausola di pagamento a cd. prima richiesta ma, al fine di qualificare correttamente il contratto in contestazione, ha altresì valutato una pluralità di altre clausole presenti nel contratto e quindi ha proceduto a tale qualificazione proprio dall’esame complessivo della volontà delle parti, benché eccepita dal ricorrente.
Peraltro, la presente pronuncia ha riscontrato anche come alcune delle doglianze lamentate dai ricorrenti fossero disancorate dal reale andamento dei fatti processuali e tali da determinare l’inammissibilità dei motivi formulati nonché, a sommesso avviso della scrivente la presente pronuncia costituisce, comunque, ottimo spunto di riflessione relativamente alla ricognizione di debito sottoscritta dal ricorrente che, secondo il ragionamento formulato dalla Corte, avendo natura meramente ricognitiva del debito non è idonea e tantomeno sufficiente a documentare le condizioni contrattuali del rapporto di conto corrente con l’effetto per il correntista di conservare il diritto a contestare la nullità delle clausole negoziali per difetto di forma scritta e per l’istituto di credito di documentare le condizioni effettivamente pattuite.
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