Premessa.
Chi ha detto che l’accesso a una procedura di sovraindebitamento dev’essere una caduta verticale nel baratro della sfiducia finanziaria? Al contrario, con una pianificazione attenta, può rappresentare il primo passo verso un nuovo equilibrio. Ma c’è un pericolo subdolo che incombe ancor prima dell’ammissione alla procedura: la revoca del fido bancario.
È una minaccia silenziosa. Invisibile. Ma potenzialmente devastante per chi, pur in difficoltà, si trova ancora formalmente in regola con il sistema bancario.
Il paradosso del cliente “in bonis”.
Accade spesso che il debitore che si rivolge a un professionista per l’accesso a una procedura minore (ristrutturazione dei debiti del consumatore, concordato minore o liquidazione controllata) sia ancora classificato come cliente affidabile. I bonifici sono regolari, il rating interno non segnala anomalie, i rientri dai fidi sono nella norma.
Eppure, basta la sola presentazione della domanda per trasformare quella regolarità in instabilità percepita. La banca può decidere di revocare il fido da un giorno all’altro. E lo può fare legittimamente.
La revoca del fido in caso di procedura
I contratti bancari di apertura di credito prevedono espressamente la facoltà di revoca “ad nutum”, soprattutto in presenza di eventi che alterano il merito creditizio del cliente. E la presentazione di una domanda per l’ammissione a una procedura di sovraindebitamento costituisce, secondo consolidata prassi bancaria, un chiaro “evento di rischio”.
Non è necessaria l’omologazione. È sufficiente l’avvio. Il sistema di allerta interna della banca lo intercetta e spesso reagisce chiudendo le linee di credito. A quel punto, il debitore si trova non solo a dover affrontare la crisi, ma anche a gestire un’improvvisa crisi di liquidità.
La soluzione: consolidare il fido in un prestito.
Ma esiste una contromossa. Un’azione tanto semplice quanto efficace: trasformare il fido in un prestito personale rateale prima della presentazione della domanda.
L’operazione consiste nel chiedere alla banca di “consolidare” il fido, azzerando la disponibilità revocabile e sostituendola con un debito strutturato a rimborso mensile. In questo modo:
il debito viene “cristallizzato” in una forma non più revocabile;
la rata potrà essere sospesa o rimodulata nella proposta al Tribunale o all’OCC;
si evita la frattura dei flussi di cassa e si protegge il minimo equilibrio finanziario preprocedura.
Vantaggi pratici e giuridici della trasformazione.
I vantaggi di questa manovra sono molteplici:
Giuridici: il prestito rateale, una volta erogato, non può essere revocato unilateralmente. Entra a pieno titolo tra i debiti chirografari e come tale può essere trattato in sede di proposta.
Finanziari: evita l’impatto immediato della revoca del fido, che spesso coincide con il blocco dell’operatività bancaria.
Strategici: dimostra una volontà attiva del debitore di gestire il proprio debito con responsabilità, prevenendo reazioni sproporzionate da parte dell’intermediario.
Considerazioni conclusive: visione e proposta.
Nella gestione del sovraindebitamento, la pianificazione preventiva è l’unico vero anticipo possibile. Non si tratta di tattiche elusive, ma di strategie trasparenti e responsabili, che consentono al debitore di accedere alla procedura con una maggiore stabilità finanziaria, e al professionista di predisporre un piano più credibile e fattibile.
Proposte come questa – semplici, legittime, replicabili – rappresentano la vera frontiera dell’advisoring nella crisi. E rimettono il debitore al centro del processo, come soggetto capace di azione e non solo destinatario di soluzioni.
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