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«Unica destinazione: Macondo.»

Il colonnello che attende settimanalmente, da decenni, l’arrivo della pensione è caparbio, ostinato ma anche frustrato.
L’attesa che non dà più speranza ma che nasconde la rassegnazione e l’ostinazione di chi non vuole mettere tutto in discussione, adagiandosi sul nulla che si ha pur di non esplodere per ottenere il maltolto.

Il colonnello vive di elemosina nell’attesa che arrivi la pensione, ma la pensione non arriva mai.
Vive con la moglie, la cui frustrazione è esasperata a tal punto da uscire dalle pagine e aggrapparsi al lettore, soffocandolo fino alla nevrosi.

Fai qualcosa!

Il gallo è l’unico bene rimasto in casa ancora vendibile; un gallo da combattimento che verrà esibito al momento opportuno.
Sarebbe meglio venderlo.
La miseria cui si è abbandonato il colonnello e la disperazione della moglie, vittima di una cieca convinzione che le regole verranno sempre rispettate e che prima o dopo ogni tassello tornerà al proprio posto, amareggiano e sconfortano.

Un brevissimo testo, intriso di sensazioni contrastanti, che rapisce e coinvolge.

Qualcosa che lega indissolubilmente il lettore a Gabriel García Márquez e, di conseguenza, al capolavoro Cent’anni di solitudine.

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