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Nota a Trib. Livorno, 12 novembre 2024.

Segnalazione a cura dell'Avv. Andrea Vettore.
Massima redazionale

Il contratto di mutuo dedotto in giudizio non costituisce titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., dal momento che contiene previsione contrattuale per cui la società mutuataria era tenuta a restituire la somma ricevuta alla Banca, che l’avrebbe avuta in custodia, fino alla realizzazione di due condotte materiali (segnatamente, consegna alla Banca del certificato di assenza di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli e del contratto di compravendita) e di una condotta negoziale (stipula del contratto di assicurazione dell’immobile ipotecato). In buona sostanza, la somma mutuata è rientrata immediatamente, fin dalla stipulazione del rogito notarile, nella disponibilità materiale e giuridica della parte mutuante. Di talché, il contratto di mutuo non ha generato l’obbligazione della restituzione della somma mutuata e non può, conseguentemente, costituire un titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474, comma 2, c.p.c. Per valere come titolo esecutivo, al contratto deve essere aggiunto un atto pubblico o una scrittura privata con sottoscrizioni autenticate attestanti l’avveramento della condizione sospensiva e, quindi, il ritorno della somma mutuata alla società mutuataria. Sul punto, il giudice livornese richiama la nota pronuncia n. 12007, del 3 maggio 2024, della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione.  

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