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«Uno straniero in casa propria.»

Ulisse torna ad Itaca ma sotto le mentite spoglie di un mendicante; si rivela solo al mandriano ed al figlio Telemaco (invero troppo giovane per ricordarsi del padre).

L’obiettivo è uno solo: liberare la reggia dai Proci usurpatori e far riesplodere di gioia il cuore dell’amata Penelope.

Il racconto si snoda nel parallelismo dei punti di vista di Penelope e Ulisse: le sensazioni, le percezioni, i dubbi, le certezze e le speranze dei due sposi sembrano troppo spesso non collimare e l’inganno inscenato originariamente da Ulisse ferisce la sua sposa, che tenta di ricambiarlo con la stessa strategia.

Un gioco di ruoli che porta i buoni frutti solo quando ognuno esce allo scoperto, accettando di cedere al sentimento puro e autentico, privo di armi e stratagemmi, nudo innanzi a sé stesso.

La storia è nota, non si cambia, ma l’autore cerca di umanizzarla, riconducendo sul piano strettamente coniugale il ritorno di Ulisse ad Itaca.

L’amore per Penelope; la volontà di farsi carico della sua protezione troppo a lungo lasciata al fato; la menzogna protettiva che nuoce al cuore ormai inaridito della sposa lungamente abbandonata.

Penelope moglie offesa, che cova rancore verso Ulisse pur amandolo ancora, che riconosce lo sposo travestito da mendicante ma non gli dona pace, risoluta a punirlo per la lunga assenza.

Un racconto gradevole, un punto di vista meno eroico e più quotidiano, una narrazione scorrevole, un Ulisse uomo, sposo, padre e figlio ancor prima che Re!

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