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«"Pulp" è il condensato di tutta la filosofia bukowskiana.»

E’ il condensato di tutta la filosofia bukowskiana; l’opera ultima, postuma, che sublima quell’indifferenza disincantata, cui l’Autore ha abituato i suoi lettori, nell’osservazione delle dinamiche sociali ed esistenziali.

Nick Belane, “il più dritto detective di Los Angeles”, è, in buona sostanza, l’alter ego di Bukowski: un personaggio complesso, che tradisce la sua trasandatezza fisica con divagazioni profonde e ricercate sul senso della vita e sull’incombere, ineludibile, della morte.

E proprio nella trama venata di surrealismo, che esula da qualsiasi realtà fattuale, è proprio la Signora Morte la prima cliente a bussare alla porta (sempre aperta) dell’ufficio dell’investigatore, depresso, appesantito nel fisico, con alle spalle tre divorzi, con il conto in rosso e ricercato dai suoi creditori, che si rifugia nell’amicizia incondizionata con il suo vecchio amico scotch (cui ci si affeziona subito, per il calore speciale che ha).

Si inscena, quindi, una danza di sgangherati personaggi, a commissionare a Belane indagini altrettanto irreali e che determinano eventi e situazioni sempre giocati sul filo del rasoio, tra un esistenzialismo da taverna, il fallimento personale e professionale, il cinismo, le estemporanee considerazioni sul destino e, dall’altro lato, il sapiente gioco sullo stereotipo classico del detective, del quale il protagonista ricorda poco, quasi nulla.

Perché Nick Belane è un personaggio complesso, in perenne conflitto con se stesso e con il mondo, tormentato e speranzoso, al tempo stesso, cinico e solidale, nostalgico e disilluso; insomma, un’antinomia vivente, anzi, tante antinomie, che altro non sono, in fin dei conti, la rappresentazione migliore di quel XX secolo che questo breve romanzo si propone di raccontare.

Pulp è l’ultima riflessione di Charles Bukowski, il suo testamento spirituale, scritto nella consapevolezza dell’approssimarsi della morte, per lui Signora misteriosa, affascinante e bellissima, e che lo induce a una lucida rassegnazione, con cui può prendersi il lusso di prendere in giro la vita, la morte stessa, tutti gli affanni umani, sempre senza prendersi troppo sul serio.

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