1 min read

Nota a Cass. Civ., Sez. III, 20 maggio 2024, n. 13897.

di Luca De Laurentiis

Praticante avvocato

Con l’ordinanza oggetto della nota di commento la Terza Sezione della Suprema Corte si è pronunciata in tema di obbligo dell’assicuratore all’indennizzo.

In breve, la società assicuratrice ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della corte di Appello territorialmente competente perché non ha accolto la relativa eccezione di non indennizzabilità del sinistro professionale denunciato dall’intimato, per difetto dei presupposti, quale il pagamento del risarcimento al terzo danneggiato da parte dell’assicurato.  Nel motivo, secondo parte ricorrente si è rappresentato che, al momento della proposizione della domanda giudiziaria dell’intimato-assicurato, quest’ultimo non avesse ancora risarcito i danneggiati del danno cagionato quale responsabile civile per il riferito errore commesso nel corso di svolgimento della sua professione; inoltre, il pagamento dell’indennizzo potessero generare un ingiustificato arricchimento, ove i terzi danneggiati avessero omesso di attivarsi.  

Dunque, nel caso di specie, la Corte di merito ha ritenuto inadempiente l’assicuratore, dopo la denuncia del sinistro dell’assicurato, nonché ha anche accertato la debenza di oneri e spese maturati a carico dei clienti dello stesso, poiché queste somme erano riconducibili alla responsabilità del professionista e al mancato inadempimento del corrispondente obbligo della società assicuratrice di attivarsi per l’indennizzo.

Secondo la corte territoriale, ai sensi dell’art. 1917 c.c.[1], al fine della sussistenza dell’obbligo dell’indennizzo che spetta all’assicuratore verso l’assicurato ha deciso che il pagamento del risarcimento ai terzi danneggiati da parte dell’assicurato fosse irrilevante, sul rilievo che la responsabilità del sinistro fosse pacifica, né fosse possibile contestarla; al contrario, l’assicuratore è stato inadempiente all’obbligo di attivarsi a fronte della immediata e tempestiva denuncia del sinistro del professionista-assicurato.

Nel rigettare il ricorso dell’assicurazione ricorrente, la Terza sezione della Corte di Cassazione ha richiamato il principio, al quale ha voluto conformarsi, secondo il quale l’obbligo dell’assicuratore di tenere indenne l’assicurato dalla responsabilità civile, ex art. 1917 c.c., sorge nel momento in cui l’assicurato ha causato un danno a terzi, costituendo tale evento proprio l’oggetto del rischio assicurato, come anche indicato da recenti pronunce della giurisprudenza di legittimità[2]. Per tale motivo, l’assicuratore deve considerarsi in mora rispetto a quest’obbligo solo nel momento in cui sarà decorso il tempo che, presumibilmente, occorre ad un assicuratore diligente al fine di accertare la sussistenza della responsabilità dell’assicurato, e anche per liquidare il danno, sempre che vi sia stata un’efficace costituzione in mora da parte dello stesso assicurato.

In base a tale espresso principio, la liquidazione del debito da risarcire al terzo danneggiato non è di per sé condizione necessaria alla costituzione in mora dell’assicuratore, perché basta ricordare che nel nostro ordinamento vige il principio del «in illiquidis non fit mora»[3].

Tuttavia, giova segnalare che l’assicuratore della responsabilità civile non deve ritenersi inadempiente all’obbligo di pagare l’indennizzo all’assicurato, solo perché, ricevuta la relativa richiesta, abbia omesso di provvedervi. Infatti, per ravvisarsi un inadempimento l’assicuratore dovrà rifiutare il pagamento, senza attivarsi per accertare, alla stregua del principio dell’ordinaria diligenza professionale, ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, c.c., la sussistenza di un fatto colposo che sia addebitale allo stesso assicurato, ovvero anche qualora gli elementi che sono in suo possesso “evidenzino l’esistenza di una responsabilità del medesimo assicurato non seriamente contestabile”. Tale accertamento dovrà essere compiuto dal giudice di merito, con il criterio della c.d. prognosi postuma, cioè riferendosi al momento in cui l’assicuratore ha ricevuto la relativa domanda di indennizzo, valutando tutte le circostanze del caso concreto, ivi compresa la condotta tenuta dall’assicurato[4].

Di conseguenza, la mora dell’assicuratore sussisterà quando “la mancata o ritardata liquidazione del danno al proprio assicurato derivi dalla condotta ingiustificatamente dilatoria dell’assicuratore o, anche, dal suo fatto doloso o colposo, quale l’illegittimo comportamento processuale per aver egli, a torto, contestato in radice la propria obbligazione”. Dunque, in questo caso, gli interessi moratori decoreranno dalla data della c.d. «interpellatio»[5].

Tale principio sopra esposto circa l’insorgere dell’obbligo dell’assicuratore di pagare l’indennizzo in modo apparente potrebbe collidere con l’orientamento, sancito in una recente pronuncia della Corte di Cassazione[6], secondo il quale il diritto dell’assicurato di rivalersi nei confronti dell’assicuratore, ai sensi dell’art. 1917 c.c., postala che il pagamento al terzo sia stato eseguito dall’assicurato in base ad un titolo che, seppur non ancora definitivo e non contenente un accertamento (né negoziale, né giudiziale) della responsabilità dello stesso assicurato e dell’ammontare complessivo del risarcimento, sia comunque tuttavia idoneo ad attribuire al pagamento il carattere doveroso ex art. 1917 c.c.[7] .

In tale senso, la Corte di legittimità si era già pronunciata con una sentenza[8] la quale affermò che l’obbligazione dell’assicuratore ha ad oggetto, ai sensi dell’art. 1917, primo comma, c.c., il rimborso delle spese che debbono essere pagate dall’assicurato al terzo. Inoltre, dall’art. 1917 c.c. si evince che il “pagamento” dell’indennità assicurativa al terzo possa avvenire in tre modi diversi: a) quello con il quale  l’assicurato prende l’iniziativa del pagamento e, in questo caso, la prestazione consiste nel rimborso all’assicurato della somma pagata; b) quello con il quale è l’assicuratore ad assumere l’iniziativa del pagamento, previa comunicazione all’assicurato; c) quello che comporta ugualmente il pagamento diretto dell’assicuratore al danneggiato, previa richiesta in tal senso dell’assicurato[9].

Ciononostante, in tali pronunce non si fa riferimento al fatto che il credito risarcitorio al terzo, oggetto dell’assicurazione per la responsabilità civile, debba necessariamente essere liquido al tempo del pagamento dell’assicuratore nelle mani dell’assicurato o del terzo danneggiato.

Cosicché, il principio di diritto riguardo le modalità di adempimento dell’obbligazione di pagamento dell’assicuratore, previsto dall’art. 1917 c.c., opera in modo da rafforzare il diritto dell’assicurato di ricevere l’indennizzo; ancora di più, come nel caso oggetto della presente nota, qualora, nel momento in cui abbia ricevuto la denuncia del sinistro, l’assicuratore, in base al parametro dell’ordinaria diligenza professionale da valutarsi ai sensi dell’art. 1176, secondo comma, c.c., sia rimasto inerte rispetto all’obbligo di tenere indenne l’assicurato.

Dunque, l’art. 1917, primo comma, c.c., deve interpretarsi in modo che tenga conto, a seconda delle circostanze, dell’esigenza di mantenere un equilibrio sinallagmatico tra i diversi interessi delle parti nelle possibili dinamiche nell’esecuzione del contratto assicurativo della responsabilità civile. Nel seguire tale interpretazione, l’obbligo può sussistere solo quando si riferisce al tempo in cui diviene liquido ed esigibile il credito del terzo danneggiato, laddove il fatto dannoso del responsabile civile non possa essere seriamente contestabile e l’assicuratore non si sia attivato dopo la comunicazione del sinistro dell’assicurato, poiché esso sorge, in dipendenza della responsabilità civile dedotta nel contratto di assicurazione, già al tempo dell’avveramento del rischio di indennizzare.

Al fine del verificare i possibili risvolti di questa interpretazione, non è un utile argomento quello per il quale il timore del pagamento dell’indennizzo dall’assicuratore direttamente all’assicurato possa costituire un indebito per l’assicuratore, laddove i danneggiati omettano “di coltivare le proprie pretese di risarcimento, e dunque venga meno il titolo di pagamento”. Attraverso il secondo comma dell’art. 1917 c.c., l’assicuratore ha la facoltà di scongiurare un tale rischio attivandosi per pagare l’indennità dovuta direttamente nelle mani del danneggiato, previa comunicazione all’assicurato, dovendosi prevedere che tale obbligo di pagamento nelle mani del terzo sorga laddove lo richieda lo stesso assicurato.

Per ciò che concerne il merito delle valutazioni probatorie operate in termini di inadempimenti colpevole e di danno conseguente da liquidarsi ai sensi dell’art. 1223 c.c., queste si dimostrano incensurabili in sede di legittimità, secondo la Corte, poiché “effettuate attraverso una motivazione rispettosa del minimo costituzionale e con argomentazioni in fatto intrinsecamente coerenti sotto il profilo logico[10].

  

 

___________________________________________________________________________________

[1] L’art. 1917 c.c., rubricato “Assicurazione della responsabilità civile”, recita ai primi due commi: “Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi.

L’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all’assicurato, di pagare direttamente al terzo danneggiato l’indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l’assicurato lo richiede”. 

[2] Cfr. Cass. civ., sez. VI-3, 9 luglio 2020, ord. n. 14481; Cass., civ., sez. III, 8 novembre 2019, n. 28811; Cass. civ., Sez. III, 22 settembre 2017, n. 22054; Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2014, n. 9510.  

[3] Cfr. Cass., civ., sez. III, 8 novembre 2019, n. 28811 cit.; Cass. civ., Sez. II, 14 maggio 1994, n. 4712

[4] Cfr. Cass. civ., sez. VI-3, 9 luglio 2020, ord. n. 14481, cit.

[5] Cfr. Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2014, n. 9510, cit.; Cass. civ., sez. I, 15 aprile 1959, n. 1105.

[6] Cfr. Cass. civ., sez. III, 10 luglio 2018, ord. n. 18065.

[7] Cfr. Cass., 30 dicembre 2011, n. 30795; Cass., 1 aprile 1996, n. 3008.

[8] Cfr. Cass., 1 luglio 1995, n. 7330.

[9] Cfr. Cass., 9 gennaio 1999, n. 103.

[10] Cfr. Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053.

Seguici sui social: