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«Lecce non è solo una città. È uno stato d’animo.»

La Bella Stagione” è anche una raccolta di dieci episodi, più pre- e post-fazione, un racconto appassionato e appassionate, come solo la voce narrante di un cronista sa essere, che coinvolge ed emoziona, come solo la voce narrante di un tifoso può fare. Nel mezzo, c’è di tutto. Anche il racconto di una delle più incredibili stagioni calcistiche dell’Unione Sportiva Lecce, con gli occhi, la voce e la penna di chi ha sempre amato e seguito questa squadra. È la narrazione di una scommessa, grande quasi quanto quella di Michael Burry; è l’attualizzazione di uno dei più celebri episodi biblici, la vicenda del pastorello Davide che sconfigge il temibile gigante dei Filistei, Golia; è il racconto di un lieto fine, tra i più romantici, al termine di percorso di scetticismo, gioie, nostalgie, delusioni, esaltazioni, come solo le dinamiche sportive, spesse volte, sanno imbastire.

“Passione” figlia di “patior”, nipote di “πάθος” (pathos), che era il contraltare del “λόγος”, il logos, mistificazione di tutta la razionalità. Passione come irrazionalità; passione come sofferenza. La passione per il Lecce è la perfetta sincrasi di entrambe. Serve dell’irrazionalità, della sana follia, per sostenere una provinciale; forse, la più piccola delle provinciali, con le aspettative già amputate dai soloni dei salotti buoni, ancor prima di affacciarsi sul palcoscenico calcistico più prestigioso di tutti. Serve saper soffrire, perché la contesa, anche al netto dei pregiudizi più sofisticati, sarà probante, ai limiti della sopportazione. Lecce, però, è una città che vive di passione.

È la sua miglior virtù e il suo peggior difetto.

Lecce è una terra abituata a soffrire, a essere relegata, suo malgrado, a provinciale cenerentola; chi resta sa quanto la scelta sia difficile; sa di doversi mettere in discussione, anche più di chi sceglie, per converso, di andare via. Fare qualcosa a Lecce può essere più complicato che altrove; può essere più lungo e più tortuoso. Arrivati in cima, però, il panorama è più bello, perché ha semplicemente un gusto unico. Lo sa perfettamente un Presidente visionario, che condivide e coinvolge, perché le idee hanno, spesso, un valore maggiore del denaro. Bisogna creare valore, dunque, in Società. Si sceglie un fuoriclasse del settore, che fiuta potenzialità; che vede qualità, dove per gli altri c’è soltanto il vuoto: d’altronde, la fortuna non esiste; esiste solo il momento in cui il talento incontra l’opportunità. Ecco, allora, le opportunità per Marco Baroni, che chiude il suo personalissimo cerchio leccese; per il Capitano “Vichingo” Morten Hjulmand, con la metamorfosi da pulcino a leone; per il Campione del Mondo, Samuel Umtiti, che, come ogni forestiero che si rispetti, al Sud ha pianto due volte, quando è arrivato (per l’inaspettata accoglienza all’Aeroporto del Salento) e quando ha salutato il Via del Mare, all’ultima di campionato, contro il Bologna. È l’opportunità per Federico Baschirotto, dalla Vigor Carpaneto a Coverciano, non con l’ascensore sociale, ma percorrendo una scala, ripida, di pioli intagliata nello scetticismo, degli altri, tutt’intorno, ma nella convinzione personale, nei propri mezzi e nelle proprie capacità. È l’opportunità di Alexis Blin, mestierante del dietro le quinte, perché la sceneggiatura è, spesso, anche più importante dell’interpretazione sul palco.

Loro si riuniscono all’ombra del barocco, con un’idea semplice, nella sua complessità. Ribaltare i pronostici. E accadrà. Alla penultima giornata, in un ribaltamento di campo (touché). Monza-Lecce 0-1. Il resto è storia, bagnata dalle lacrime, in panchina, sugli spalti brianzoli, davanti alle televisioni, per le strade.

A Lecce, non piove quasi mai. E la bella stagione inizia anche in anticipo.

“La Bella Stagione” è una favola moderna, per tutti, anche per quelli più sfortunati che non hanno (ancora) conosciuto la voce narrante di Pierpaolo Verri (il nostro Pierpaolo), nei dieci podcast che ne costituiscono la struttura portante. È una favola di creatività, ambizione, realismo, tenacia, passione, competenza; che rispetta il canovaccio più tradizionale del genere. Inizia con il «C’era una volta un Presidente, un Responsabile dell’Area tecnica, un allenatore toscano…» e termina con i più classici degli «E giocarono felici e contenti.». Un altro anno, nella massima serie.

On field review.

“La Bella Stagione”, forse e più di tutto, è la storia che rappresenta una Città, che si identifica con la passione per la propria squadra, che vive al centro di un lembo di terra baciato dal sole, dove la bella stagione è più lunga che altrove.

È, praticamente, ininterrotta. Venire, per credere.

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